"L’Elisir d’amore" è un’opera estremamente dettagliata ed una vicenda bidimensionale nella quale sentimenti ed umanità procedono molto oltre l’ingannevole apparenza di una trama dalla struttura esile. Dopo il successo di "Anna Bolena", in prima assoluta alla Scala il 28 dicembre 1830, la collocazione di Donizetti tra i principali compositori d'opera italiani al fianco di Rossini e Bellini era assicurata. Il successo dell’esordio, tuttavia, non gli avrebbe garantito altrettanta gloria nei cinque lavori successivi. Frustrato dalla censura napoletana, che domandava costantemente il lieto fine, il compositore accettò di scrivere un'opera per il teatro Canobbiana di Milano e, supportato dal librettista Romani, compose la musica dell’Elisir in poco più di due settimane con un successo eclatante. Ci troviamo in presenza di un’opera buffa, più che comica, incentrata sul "triangolo amoroso" della volubile Adina, del suo ammiratore malato d'amore, Nemorino, e di un soldato donnaiolo, Belcore. Nemorino e Adina sono due giovani tormentati dall’attrazione reciproca, ma - alla maniera di una tipica commedia romantica - incapaci di dichiararsi l’amore l'uno per l'altro. È un racconto operistico senza tempo sulla credulità nel quale lo stile musicale trasmette superbamente le emozioni contrastanti dei partecipanti. Nemorino è in netto contrasto con l'altro corteggiatore di Adina, Belcore, un soldato vanaglorioso e aggressivo. Dove Belcore appare mondano e sfrontato, Nemorino risulta semplice e terrestre. Perché Nemorino è innamorato; Belcore è lussurioso. L’ambientazione, nella regia di Victor Garcia Sierra è singolarmente collocata nel quadro di uno scorcio di vita circense. L'allestimento è tuttavia alquanto povero, costituito da una tenda girevole e da un minuto carro di legno e completato dallo snocciolamento, senza troppa filologia, di quadri raffiguranti opere di Botero. Apprezzabili invece i costumi che tratteggiano con una certa aderenza e buon gusto l’immaginario dell'artista colombiano. Karen Gardeazabal è apparsa totalmente credibile nei panni di una Adina in costante evoluzione, dapprima egocentrica, volubile, conturbante e manipolatrice ed in seguito generosa ed innamorata denotando tecnica e musicalità ed una facilità di canto senza sforzo nella emissione del registro medio-alto. Ha interpretato il ruolo in perfetto stile belcantistico, con un fraseggio leggero ed elegante, una voce dal timbro chiaro e acuti squillanti; in "Chiedi all'aura lusinghiera” è brava nelle insidiose biscrome e in alcune corone sulle note alte, come sul “sir” dell'ultimo “è l'elisir” nel secondo atto, e nei la ribattuti. Brava anche nella sua aria finale, “Prendi per me sei libero”, con una frase più parlata e staccata e alcune ottime e commoventi linee di mezzopiano. Il baritono Vincenzo Taormina, come Dulcamara, ha offerto una divertente e sorvegliata interpretazione del mercante di finti filtri d'amore, mantenendosi distante da certi capitomboli caricaturali, con il suo ritratto rapido e con una buona serie di schemi. Ha buon gioco nell’interpretare un ruolo da basso, ma con un impegno giocato stabilmente nella zona medio-alta della tessitura più che nelle vincolanti profondità del basso medesimo. Vivace l’aria introduttiva, "Udite, udite, o rustici" declinata con fedeltà al ritmo veloce dei sillabati e ben resa nelle sue due note tenute e divertente anche nella barcarola a due voci con un “senator Tredenti” dalla esse sibilante. Apprezzabile anche il Belcore messo in scena da Jan Antem, il baritono ha mostrato una solida presenza scenica e vocale ed una abile e ragionata caratterizzazione del personaggio senza scadere nel doppio rischio della eccessiva sfrontatezza o connotazione macchiettistica. In "Qua la mano, giovinotto", ha cantato con un suono forte che enfatizzava la baldanzosa sicurezza del suo personaggio e manifestato disinvoltura virtuosistica ne "Ho ingaggiato il mio rivale: anche questa è da contar" con un ottimo contrappunto che faceva da contraltare al fraseggio più legato e ardente di Gatell. Juan Francisco Gatell, dicevamo, nei panni di Nemorino, ha proposto un ritratto interessante del giovane credulone ed innamorato, sempre in precario equilibrio tra una scoperta ingenuità e una malinconica determinazione, proponendo un fraseggio pulito ed elegante e apprezzabile tempismo comico nonché una ammirevole serietà di intenzioni e sentimenti. Subito efficace nella cavatina d’esordio “Quanto è bella, quanto è cara”, con appoggi leggeri, filati e canto sul fiato ed una gestione efficace delle terzine. Nella sua aria monstre, "Una furtiva lagrima", riesce a collocare ottimamente sul fa acuto la voce e, dopo la cadenza, concludere felicemente sul si bemolle. Ha inoltre palesato un buon controllo dinamico esplorando l'intera gamma dell'aria prima di svanire dopo il solo incantato del fagotto in un pianissimo nebbioso. Degna e sicura la prova di Elena Borin come Giannetta, con voce vivace ed aspra energia riversate durante l’atto II nel guidare le donne della città nel corteggiamento di massa di Nemorino e nell'aria del “Saria possibile” con frasi staccate e alcune molto buone legate. Il giovane direttore Diego Ceretta ha evidenziato una solida comprensione della partitura di Donizetti, sia con riguardo al rapporto tra voci e orchestra, mostrandosi molto attento alle esigenze dei cantanti, sia per la cura dei tratti espressivi risultando puntuale e concreto nella direzione dal gesto delicato. L’articolazione è apparsa nel complesso nitida e supportata dall'orchestra che suonava complessivamente precisa staccando talora alcuni tempi più veloci rispetto alla tradizione. Peccato infine per la scelta di accorciamento di una cadenza, di un finale e di qualche solo strumentale: la tromba di Dulcamara è ridotta a poche battute ed è cassato anche il dialogo finale tra “ve le darà questo elisir d’amore” e “Ei corregge ogni difetto”. Puntuale come sempre la direzione del coro di Gea Garatti Ansini che ha offerto una prova di grande pregio, sia sotto il profilo vocale sia sotto quello dell’azione e della verve scenica.
Foto: Andrea Ranzi
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L’ELISIR D’AMORE Melodramma giocoso in due atti Libretto Felice Romani da Le Philtre di Eugène Scribe Musica di Gaetano Donizetti
Adina: Karen Gardeazabal Nemorino: Juan Francisco Gatell Belcore: Ian Antem Dulcamara: Vincenzo Taormina Giannetta: Elena Borin
Orchestra del Teatro Comunale di Bologna
Direttore Diego Ceretta Coro del Teatro Comunale di Bologna preparato da Gea Garatti Ansini Regia e scene Victor García Serra Costumi Marco Guion Luci Stefano Gorreri
Allestimento Nausica Opera International
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