Nella Forza del destino, famiglia e religione rappresentano il medesimo strumento di oppressione e distruzione sullo sfondo di una tragica storia d’amore; gli individui prendono decisioni e fanno scelte che hanno ineluttabilmente delle ripercussioni conformemente ad un severo ordine morale che ha permeato gran parte dell'arte e della letteratura dell'Ottocento.
Le ossessioni devastano l'amore, le amicizie, le famiglie e le strutture sociali e intere comunità, anche religiose, diventano consolatorie, ma anche complici. L'intera opera, infatti, trae la sua forza propulsiva dalla polarità di mondi emotivi agli estremi opposti che dominano in maniera quasi ossessiva i personaggi principali mentre la guerra è uno sfondo sempre presente: è l’esito finale. Nel quadro del libretto di Francesco Maria Piave, non sempre irreprensibile per organicità, Yannis Kokkos, autore di scene, costumi e regia, fa ricorso a soluzioni minimaliste con una elaborazione architettonica scarna e quasi solo tratteggiata - la sagoma di una chiesa, una enorme croce - sulla quale si dispiegano luci suggestive, ma sempre inclini alle tinte grevi e alla penombra, minacciate da nubi sinistre. Pur non offrendo una produzione rivoluzionaria, il regista ha saputo fotografare sufficientemente ogni scena fornendo discreta compiutezza ai tableau ed evitando altresì di determinare vuoti all’interno della rappresentazione. L’esperto tenore Roberto Aronica, nel ruolo di Don Alvaro, si destreggia con successo nella presentazione di un personaggio di difficile interpretazione per via della scrittura dalla tessitura complessivamente alta. Abile nel duetto “Ah per sempre, o mio bell'angio” nel quale gestisce sapientemente la transizione tra voce e petto dei passaggi e impiega con parsimonia ed efficacia le mezze voci. Sicuro anche nel lungo recitativo del terzo atto “Oh, tu che in seno agli angeli” e nella esposta aria “La vita è inferno all’infelice” generando la giusta tensione nella linea supportato dal clarinetto e dai pizzicati e durante il supplichevole “Pietà di me” nell’ultimo arpeggio di La bemolle acuto ben tenuto. Erika Grimaldi, come Leonora, impressiona nei passaggi profondi per il fascino del timbro e per i pianissimo morenti tenuti ottimamente: delicatissima a tal proposito nel "Pièta di me, Signore, Deh non m'abbandonar!" della “Madre pietosa Vergine” del secondo atto e non trascura mai gli ornamenti per procedere spedita alle note di testa. In “Pace, pace mio dio” canta con calore e disperazione l’attacco scoperto del Fa sospeso e sorprende anche con l'angelico Si bemolle acuto soave in pianissimo di “Invan la pace” e durante la drammatica "maledizione" conclusiva. Il Don Carlo del baritono Gabriele Viviani, al battesimo nel ruolo, incappa in qualche forzatura, soprattutto nel “Son Pereda” e mostra un po' di fatica nei passaggi dal forte al mezzo forte della linea verdiana a tratti offuscato dalla potenza di Aronica. La sua aria, "Urna fatale del mio destino", è eseguita discretamente nonostante i pericoli della forte esposizione dettati dalla orchestrazione parsimoniosa. Nino Surguladze nei panni di Preziosilla ha denotato una grande energia e presenza scenica, civettuola quanto basta e con un pizzico di artificiosa baldanza, ma non è sembrata particolarmente a suo agio nel registro acuto incontrando alcune difficoltà specialmente sul Do. Rafal Siwek come Padre Guardiano è una figura solenne e austera; complessivamente appare un po’ grigio e con poca potenza e proiezione nel registro grave. In contrasto con Guardiano, Sergio Vitale, che ha sostituito Roberto De Candia come Fra’ Melitone, ha cantato il ruolo con grinta e sarcasmo. Con buona dizione, accentuava molte battute per fornire la migliore caratterizzazione spiritosa al personaggio precursore di Falstaff. Nel suo grande momento solistico del quarto atto, “Il resto, a voi prendetevi”, ha mantenuto un tono chiaro durante le strofe del pezzo veloce marcando lo staccato comico anche nel duetto con Siwek. La ricchezza timbrica e gestuale della partitura verdiana si è dispiegata efficacemente sotto la guida del direttore d'orchestra Asher Fisch che ha tenuto insieme le parti più eterogenee senza appianare gli estremi e ha guidato l’orchestra in una lettura che ha prestato la massima attenzione al fraseggio e agli accenti verdiani. L'orchestra ha risposto con un'esecuzione di assoluto valore. Rispettoso e sensibile dei tempi, il direttore è risultato preciso negli attacchi e anche nel controllo dinamico e dell'equilibrio. Di buon valore l’esecuzione dell’ouverture che ha evitato il ricorrente pericolo di scatenare gli ottoni sull'intera orchestra, specialmente nel climax, generando squilibrio e riuscendo invece a preservarne l’effetto drammatico. Di assoluto pregio anche il solo di violoncello in "Me, pellegrina ed orfana" pieno di splendidi portamenti che hanno fornito all'aria l’idea di duetto mentre il clarinetto sofferente schiudeva "La vita è inferno all’infelice". Il coro, preparato da Gea Garatti Ansini, è apparso in ottima forma, vocalmente e drammaticamente presente, intenso nelle grandi scene collettive; tutte le parti fuori campo sono state rimarchevoli con un colore sempre diverso e quando l'intero organico era sulla scena, cantava bene e con opportuna differenziazione anche nel preciso e coinvolgente “Rataplan”. Completano degnamente il cast Cristian Saitta come Marchese di Calatrava, Orlando Polidoro/Trabuco, Federica Giansanti/Curra, Fabrizio Brancaccio/un Alcalde e Tong Liu come Medico.
Foto: Andrea Ranzi |
LA FORZA DEL DESTINO Melodramma in quattro atti su libretto di Francesco Maria Piave dal dramma Don Álvaro o la fuerza del sino di Ángel Perez de Saavedra Musica: Giuseppe Verdi Donna Leonora: Erika Grimaldi Don Carlo di Vargas: Gabriele Viviani Don Alvaro: Roberto Aronica Padre Guardiano: Rafal Siwek Fra’ Melitone: Sergio Vitale Preziosilla: Nino Surguladze Mastro Trabuco: Orlando Polidoro Il Marchese di Calatrava: Cristian Saitta Curra: Federica Giansanti Un Alcade: Fabrizio Brancaccio Un chirurgo: Tong Liu Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna Direttore Asher Fisch Maestro del coro: Gea Garatti Ansini Regia, scene e costumi: Yannis Kokkos Luci: Giuseppe Di Iorio Coreografia: Marta Bevilacqua Projection Designer: Sergio Metalli Drammaturgia: Anne Blancard Produzione del Teatro Comunale di Bologna con Teatro Regio di Parma, Teatro Massimo di Palermo e Opéra Orchestre National Montpellier Occitaine
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