Un angelo pieno di ricci scompigliati che non si fa vedere mai in giro, preferisce farsi rappresentare dalla sua poesia e dalle pulsioni intime che non finiscono mai il loro girovagare dentro l’anima, e per questo preziosissimo ogni volta che torna sugli scaffali con un nuovo disco, un nuovo volo.
Niccolò Fabi è cambiato, e Ecco – settimo disco della carriera - mette in chiaro tutta la sua maturazione e l’elaborazione di un lutto, la disillusione per l’effimero, concentrandosi sulla famiglia e l’impegno verso i bambini, rinasce contro la leggerezza della vita e ricerca i valori dell’esistenza, ed è un disco stupendo, un cantautorato pop inneggiante al nuovo e alla freschezza rinnovata. Appunto, rinascita dal dolore, dalle visioni terribili di un viaggio in Africa e dell’abbraccio intenso della solidarietà non come compassione, ma come vero sguardo concreto e tangibile; ed il suo canto è una intimità soffusa e tenera, cerca le coordinate dell’uomo inteso come abitante dell’anima, come mezzo per aiutare l’altro uomo senza nessun colore da annotare, e Fabi, tra echi, riverberi folk e calori tenui anni 70, sgrana una tracklist appassionata e in equilibrio con la sua avvenuta completezza di raccontare e sperare desideri per tutti e amore verso tutti. Registrato in analogico nello studio di Roy Paci in Puglia, il disco – in cui tra tanti partecipano anche le chitarre di Roberto Angelini e Pier Cortese - non è un velato senso di tristezza come si potrebbe fraintendere, ma una espressione all’insegna della condivisione, della pacificazione interiore e del guardare oltre le apparenze mute, tracce piene di quella bella soggettiva che gonfia il cuore fino a fartelo scoppiare. Lo yo-yo reggaeggiante “Io”, il funky leggiadro sui ricordi di una infanzia che torna sempre a galla “I cerchi di gesso”, la voglia di cambiare il mondo dal basso, dalle piccole e infinitesimali cose di tutti i giorni, “Elementare”, il No alla televisione del dolore “Verosimile” o la coscienza ambientale da riprendere in mano “Sedici modi di dire verde”, fanno parte di questa bella storia personale che l’artista romano ha voluto incidere per trasmettere ottimismo e quel “rialzare la testa” che ci compete ogni qualvolta che la medesima torna a piegarsi per volontà o forza maggiore, e le sue letture di Azar Nafisi “Le cose che non ti ho detto” e Jonathan Safran Foer “Lontano da tutto”, ci fanno sentire piccoli, granelli, pixel inconsistenti davanti a un mondo che macina – nel suo giro pesante – ogni sorriso di fratellanza.
80/100
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Niccolò Fabi: chitarra e voce Anno: 2012 Tracklist: |