L’inaspettata nuova ascetica ascesa dei suoni Americani – e non solo - di confine, che so, di territori ai margini tra il folk ed il rock, tra l’easy listening di Terra d’Albione e le radicalità roots, ha creato una stupenda e sorprendente prospettiva uditiva; che questo mix di stili sia la musica di ritorno per i prossimi periodi se ne ha la certezza massima, e ha ricordarcelo arriva come supporto di grazia, il bel Love, Come On!, il nuovo lavoro dei veronesi Dead Man Watching, un disco che oltre i Novanta dichiarati che fanno breccia nella tracklist, ha anche l’ambizione di rivederli dalle loro basi primarie, intervenendo con una illuminata raffinatezza spogliata dal patinato per ridargli l’autenticità mediatica della bellezza. Non un prodotto monocorde, ma un manifesto di musica vera, differenziata, suonata senza trucco e coniugata ad un verbo di base folk che si fa moderno e sincero, undici brani brandly che passano sullo stereo come una ventata sana di pulizia, avventura e amore, shakers come un viaggio controvento; elettrico ed acustico si destreggiano nel colpire il segno lontano dai voti di povertà che spesso, se ci si intrufola in questi sterrati sonori, inseguono il filone come un qualcosa da sottolineare sotto la lettera B, ed il bersaglio è fuori discussione, centrato immediatamente senza definizioni aggiunte. I DMW non rincorrono la verginità dell’intensità tipo, l’affiancano e la strattonano in un upgrade “nuovo di zecca”, old and neo si affratellano come nella lezione Dylaniana “Jesu Christ Wannabe” o nelle nebbie psich di un Taylor Swift “August Burns”, “Bad Teen Movie”, abbracciandosi a sensazioni brividose vocali Fleet Foxes “Give It Around” o volando al tocco etereo picking alla First Aid Kit “The Dead Song”. Questo disco è un’ area musicale che apre i polmoni, che fa sognare senza chiudere le saracinesche degli occhi, lo ascolti e ti sciogli in un disarmante e quasi umile ascolto, ancora bellezza che risponde elegantemente alle confezioni seriali della non musica in triste circolazione, il segno dei tempi di un lavoro discografico che in pochi turns va ad identificarsi in un chill-out immaginifico e lenitivo per chi lo spirito lo ha sempre rivolto verso i grandi spazi della poetica da lacrima “Love, Come On!” 85/100
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John Mario: Chitarra/Voce Anno: 2012 |