Home Recensioni Live Patrick Wolf - Zurigo, 9 Aprile 2011

Patrick Wolf
Zurigo, 9 Aprile 2011

Zurigo, 9 Aprile 2011 - Plaza Club
Servizio fotografico a cura di Carolina Casale-Rossi

Non riesco più a mantenere nella mia testa un’idea fissa e coerente a proposito di Patrick Wolf. Cantautore eclettico fin dagli esordi, ha sempre giocato tra classicismo ed elettronica, delicate confessioni (”Blackdown”) e danze lussuriose (“Vulture”), forgiando la sua immagine nella mescolanza tra sofferto intimismo ed esplosioni di festante pulsione vitale, icasticamente espressi nel secondo e terzo disco e poi riuniti nel caleidoscopio devastante che risponde al nome di The Bachelor. Se però l’alternanza diventa tra cantautorato di qualità e cedimenti di semplice ammiccamento pop commerciale, come i nuovi singoli lasciano presagire, allora inizio a pormi qualche domanda. Al di là del fatto che il concerto di Sabato sia stato modesto per quantità e scelta dei brani e quantomeno opinabile per quanto riguarda gli arrangiamenti e l’equilibrio tra le varie componenti strumentali, la preoccupazione più forte è proprio questa: il nostro buon Patrick si sta forse lasciando sedurre dal mondo della musica di consumo? Vuole sfondare nelle classifiche? Si sta trasformando da istrione che gioca con costumi e forme musicali a figura sfacciatamente pop, nel senso più deteriore del termine, sulle orme di Lady Gaga? Le ultime interviste sono quanto meno preoccupanti.

La performance di Zurigo non fa che irrobustire questi presagi di lento ma inesorabile (e in fin dei conti anche prevedibile) slittamento verso la musica di massa e al contempo rinnova qualche speranza nei confronti del nuovo album tanto atteso. Al di là del fatto che questo sia il tour di presentazione del nuovo disco, la scelta dei brani è sconcertante. Mancano molti capolavori, “The Libertine”, “Wind in the Wires”, “The Bachelor” e “Blackdown” per citare solo i più clamorosi, ma in generale ha deluso lo stile con cui Patrick ha proposto le sue canzoni. Si può discutere sul fatto che sia stata lasciata fuori una canzone invece di un’altra, ci sarà sempre qualcuno pronto a lamentarsi per la scaletta, ma in questo caso si va oltre. Sono parse evidenti le linee guida della selezione, volte a mettere in risalto la componente più leggera, danzereccia, commercialmente accattivante, alla moda e di facile ascolto del suo repertorio. I battiti discotecari di “Bloodbeat”, il ritornello facile di “To the Lighthouse”, il groove poderoso di “Tristan”, la melodia perfetta di “The Magic Position”. Sembra che qualcuno alla Mercury Records si sia accorto del potenziale stratosferico di Patrick e abbia effettuato una scrematura tra le canzoni, per riplasmare la figura del cantuatore londinese secondo i dettami imposti dal mercato. L’episodio più clamoroso è “Who Will?”, completamente riarrangiata con suoni sintetici e beat elettronici, derubata della sua anima sacra e profondamente meditativa.

Oltre a ciò, i brani del passato vengono accorciati o ne vengono appiattite le parti strumentali, ed in generale perdono tutto il loro magico equilibrio a causa del mancato dosaggio degli elementi, che tendono a sovrapporsi senza organicità, creando un confuso marasma di suoni che nella pessima acustica del locale diventano quasi indistinguibili. La batteria, che ha sempre svolto ruoli funzionali allo snodarsi delle melodie, ha acquistato ora un ruolo centrale: tutte le canzoni sono riplasmate secondo ritmi ben più netti e potenti, volti a semplificare le strutture e renderle più accessibili. Patrick, da parte sua, appare ben calato nella parte di icona glam – pop, non si ferma un attimo, interagisce col pubblico e coi musicisti sul palco, ammicca, sculetta, insomma recita bene la parte. Non che prima non lo facesse, ma ricordo il concerto di Firenze nel 2009 in cui, tra un cambio d’abito e l’altro, il caro Patrick parlava di rivoluzione, tolleranza, accettazione del “diverso”. Parlava col pubblico ed era commosso dell’attenzione che gli era rivolta, era sincero, era umile. In questo concerto di Zurigo è parso invece fin troppo sicuro di sé, a tratti arrogante, ormai dedito all’autocelebrazione.

Se questi aspetti lasciano presagire un cambio di rotta verso lidi musicali più radio-frendly e scelte estetiche volte a privilegiare gli aspetti più smaccatamente pop della sua musica, declinati però in contesti più poveri e banali dal punto di vista artistico, ci sono altri elementi che fanno sperare in qualcosa di positivo, almeno per quanto riguarda la proposta strettamente musicale che ci verrà offerta con Lupercalia, in uscita a Giugno. Dei molti nuovi brani presentati infatti, a fianco delle già tristemente note “Time of my Life” e “The City”, diversi sembrano proporre motivi malinconici, accompagnati da scarne note di arpa, sofferti slanci emotivi, melodie vaporose e sospese, ben lontane dalla sconsolante ripetitività dei primi due singoli estratti. C’è ancora la speranza che Patrick si sia svenduto solo in parte, che abbia acconsentito a strizzare l’occhio alle classifiche senza però compromettere del tutto la sua proposta artistica. C’è anche da dire che molti brani sono stati concepiti nel periodo in cui nacque The Bachelor, ed anzi in origine avrebbero dovuto formare The Conqueror, disco 2 del doppio Battle, ma si dice che col passare dei mesi siano stati profondamente alterati sia musicalmente sia nelle tematiche. Può darsi che essi godano ancora della fertilità creativa di quella fase, ma siano quindi dei fossili di un Patrick Wolf che ormai non esiste più.

Certo bisogna mettere in chiaro che egli rimane un cantautore ben al di sopra della media, la stessa “The City”, che a parer di chi scrive è il punto più basso toccato dall’artista fin’ora, non è nemmeno lontanamente paragonabile a quanto passa per radio. Se si fa però un discorso interno appare ormai chiaro che si stia puntando forte sul potenziale commerciale del londinese per farlo entrare in classifica e sembr’anch’egli convinto del nuovo ruolo ritagliatogli. Poi non si può mai sapere; la mia speranza è che Lupercalia sia un disco di qualità con giusto un paio di mele marce per far contenta l’etichetta. Tra parentesi: 1 ora e 20 minuti di concerto, per chi s’è fatto 300 km per andare da Milano a Zurigo, non sono affatto divertenti! Solo dopo ho capito il perché: c’era un aereo che lo aspettava per andare a Los Angeles a registrare un nuovo (il terzo) videoclip.
Come si dice in francese? “Grazie al cazzo!”


Data: 09/04/2011
Luogo: Zurigo - Plaza Club
Genere: Pop

 

 

 

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