Fa bene allo spirito riscoprire in ciò che si ascolta la natura di ciò che si è, come individui geneticamente contraddistinti dal popolo a cui apparteniamo.
Con i Pennelli di Vermeer questo avviene. Non tanto perché siano la cosa migliore uscita in Italia negli ultimi anni, questo (per ora) ancora no. Semplicemente per il fatto che sfruttano nel migliore dei modi l’estro che solo gli italiani possiedono, quello vivace, attivo, spensierato ma terribilmente acuto e sottile. Estro che fa terrorismo all’interno di quest’opera, “La primavera dei sordi”, che sfugge (meglio ancora, non si sottopone) a nessuna tipologia di etichettatura e di standardizzazione. Il sapore che si respira è quello di un grande revival giullaresco. I testi surreali, a tratti fortemente sarcastici, dipingono personaggi allegorici e caricaturali, un po’ come nelle storie che i giullari appunto cantavano nelle corti del XIII secolo. Poi (altrimenti non si sarebbe parlato di estro) le atmosfere spaziano, variano, mutano, cangiano in un costante alternarsi di situazioni. Si tocca il progressive sinfonico, la canzone d’autore (siamo dalle parti di De Andrè, ma con molta meno Francia e più spensieratezza) e una certa attitudine “Jethrotullesca” per condimenti medievali. Dalla loro tavolozza i Pennelli tirano fuori in “Manifesto cm 70x100” un punk-folk che tanto ricorda i Modena City Ramblers, e prima di loro chissà chi. Forse i CCCP, ma tirare in ballo Ferretti&Co. risulterebbe fuorviante. Anche se ... anche se ... Certo, i Pennelli di Vermeer sono lungi dal possedere una qualche connotazione politica, e Dio li benedica per questo. Le loro liriche parlano un po’ di noi senza prenderci troppo a pugni con accuse e dogmi vari. Preferiscono la burla e lo sfottò e la metafora e a noi poco importa che spesso si affondi nel non-sense e non si riesca a capire (anche perché forse il senso proprio non c’è). D’altronde in un apparato scenico come il loro la parola conta poco. Conta l’insieme, l’impatto, conta come ciò che ascolti si faccia ascoltare. E basta, davvero nient’altro. E se qui un gruppo ce la fa, potrebbe non servire nient’altro. E dunque ... Un po’ per questo, un po’ per altre doti che capirete ascoltandolo, questa Primavera dei Sordi piace proprio. Oh no, niente di particolarmente innovativo. Lì siamo e lì rimaniamo. Ma, per Dio, questa è roba fatta veramente come si deve. Complimenti. 80/100
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Pasquale Sorrentino: Voce e chitarra acustica Anno: 2008 |