Genio. Sul significato di questa parola si è dibattuto a lungo senza nessun risultato se non quello di produrne un abuso esagerato. La tendenza (sbagliata) è quella di associare tale vocabolo a ciò che si situa al di fuori della capacità di comprensione del proprio cervello. Per recensire dischi come quelli di John Zorn, bisogna partire con la premessa che la genialità non si manifesta necessariamente attraverso la ricerca e la conseguente produzione, delle forme d'arte più distanti dal comune senso del piacevole e se vogliamo, del normale. Queste sei litanie per Eliogabalo sono, infatti, quanto di più terribile e devastante si possa trovare in circolazione. Sì, ho usato il presente, ma anche qualsiasi tempo passato sarebbe più che adatto: non credo di avere mai udito qualcosa di simile, neanche i dischi dei Magma (forse gli ideali genitori della musica di Zorn) riescono a stimolare in maniera così insana e deviata il nostro udito. Ora entra in gioco la vostra immaginazione: immaginate un delirante sottofondo sonoro free-jazz, arricchito da improbabili contaminazioni che spaziano dallo Zehul (dei Magma, appunto) ad una forma distorta di hardcore, che fa da pilastro al urla laceranti e a lente cantilene intonate da un coro femminile di tre elementi. Una musica snaturata quella di Zorn, una musica in grado di infrangere ogni limite dettato dal buon gusto a tal punto da rendere impossibile un eventuale giudizio, dal momento che fa risultare effimero qualsiasi criterio di valutazione eventualmente applicabile. Qui ecco tornare il discorso sulla genialità. Non so dire se Zorn sia un genio o se sia solo un ennesimo visionario, nè intendo cercare di dare una risposta a questo quesito (mi si conceda questo comportamento poco ortodosso per un recensore). "Tempus edax rerum" dicevano gli antichi Romani. Vedremo se il Tempo risparmierà le opere di questo insano saxofonista e allora, magari, ne riparleremo. Per ora non ci resta che ascoltare. |
John Zorn: Sax contralto, composizione Anno: 2007 |