Che la musica francese sia stata bistrattata, in questi ultimi tempi, è cosa nota.
Ciò che si era salvato dagli zuccherosi inni di Alizèe o dai melodrammi baudeleriani dei Noir Destre è stato definitivamente annientato, paradossalmente, da chi francese non è, vedi Carla Bruni e in veste tragicomica, il nostrano Cavaliere, con le sue mielose trasposizioni. Facciamo ora un passo indietro. Siamo a metà degli anni ’70: il progressive, percependo il tramonto in madre patria, è fuggito al di là della Manica, trapiantandosi in Germania, in Italia e, soprattutto, in Francia. Sono i tempi del “ragno malefico” degli Atoll, dei territori “oltre il delirio” descritti dagli Ange e delle apocalittiche metafore kobaiane dei Magma. Andiamo ancora più a ritroso. Nel XII secolo, nelle corti dei signori di Provenza, i Trovatori daranno inizio ad una tradizione cortese e romantica che, attraverso una maturazione di otto secoli di storia, arriverà ad essere esemplificata dagli chansonniers di metà ‘900, andando a costituire un repertorio tra i più ricchi al mondo. Da qui partono i Lazuli, dal presupposto che in Francia vi sia ancora la possibilità di richiamarsi alle radici, senza però far sì che esse rappresentino un limite. Idealmente la loro musica può così essere interpretata come un ponte di collegamento tra Parigi e Londra, sul quale si incontra il meglio delle rispettive culture musicali. Così la schizofrenia dei King Crimson si tinge di romantico decadentismo e devia verso una contestualizzazione nuova, assumendo un’interessante funzione chiaroscurale, rispetto al pathos, tipicamente francese, che perdura all’interno dell’opera. Tutto sembra quasi sospinto da un’idea di fondo, secondo la quale è la sensibilità che noi possediamo far sì che possiamo sentire nostro anche qualcosa che proviene da così lontano. Un cosmopolitismo apparente, giustificato da un affettuoso senso di appartenenza. Per questo “En Avant Doute” rappresenta tutto ciò di cui la “chanson” francese ha bisogno: lirismo, pathos, ma anche nuove vie che conducano lontano da una fossilizzazione assolutamente da scongiurare. 85/100
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Claude Leonetti: Léode Anno: 2006 |