Il nome di questa band è preso in prestito da una canzone di Daniel Johnston come omaggio alla sua musica.
Quest’album, fin dall’iniziale brano strumentale, ha la capacità di evocare quelle vaste e assolate aree desertiche americane. Da lontano si ode un suono prendere forma; la band seduta attorno al fuoco, chitarre acustiche e percussioni. Poi, man mano che scorre, si vedono i quattro trasferirsi nel grigiore delle città imbracciando chitarre elettriche, synth, una soffice batteria spazzolata; accenni di elettronica qua e là. Ma il tutto rimane intimo però; banjo, organetti, ora con la voce onirica e stranita di Paolo, col suo inglese incerto, che instabile barcolla sulle note estasiate dei tre musici, alternandosi ad altri quadretti strumentali. Non tutto è a fuoco però, ma “Red Soul Box” e “Rock’n’Roll” ci sono piaciuti particolarmente. Ora rimettete il disco e provate a chiudere gli occhi: vi catapulterete in quei luoghi che la band fiorentina riesce bene a celebrare. E’ questo il senso del disco: trasportarci lontano dai luoghi dove ci troviamo. Magari ritrovandoci in quelle lande, con una mucca al pascolo. 70/100
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Paolo Moretti: Voce, chitarra, tastiere, samples Anno: 2007 |