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Arcade Fire
Funeral

Qualche tempo fa mi è capitato di leggere un libro di Simon Reynolds intitolato Retromania; la tesi di fondo del critico britannico ruota attorno all'idea che gli anni Zero siano la decade che più di tutte si è dedicata, nell'ambito della musica ma anche della cultura pop, a celebrare il passato. Niente da obbiettare; è innegabile che il rock di questi ultimi anni viva in gran parte sulle spalle dei giganti delle cinque decadi precedenti. A dar ragione alla tesi di Reynolds, poche settimane fa (1 agosto 2012) negli USA è stato comunicato che il mercato dei dischi in catalogo ha superato a livello quantitativo quello delle novità (in Italia la proporzione è ancora più sbilanciata).

In questo contesto di retromania, le testate giornalistiche più importanti del mondo musicale non si sono certo tirate indietro e hanno consolidato la tendenza con il loro supporto critico. Prendiamo Pitchfork: nei top album del decennio inserisce Turn on the Bright Lights al numero 20, White Blood Cells al 12, Is This It al 7, Yankee Hotel Foxtrot al 4 e appunto Funeral al numero 2. Cosa ci dice questo dato? Che secondo la testata più autorevole del settore, buona parte dei migliori dischi del 2000-2009 si rifanno a generi e stili già completamente esautorati nei decenni precedenti. Che il meglio dell'oggi è la ripresa di quanto detto ieri.

Ora, per quanto sia un estimatore di tutti i dischi sopracitati, non posso essere d'accordo con questa tesi. Le valutazioni di Reynolds sono sociologiche, quantitative; l'errore della critica attuale è di trasformare queste tendenze sociali in parametri di valutazione critica. I critici musicali (ovviamente me compreso) non sono più in grado di giudicare la musica in modo complessivo! Questa carenza non è però dovuta alla loro incapacità, ma è insita nel carattere del panorama musicale attuale. Innanzitutto, è assurdo in partenza cercare di fare una classifica dei migliori dischi; la musica d’oggi è frazionata in migliaia di correnti, stili, ambienti e modalità di fruizione. Non si può fare una classifica perché le correnti non sono paragonabili tra loro, non sono omogenee. Ogni genere ha i suoi parametri.

Quindi, la musica di oggi continua ad andare avanti, si espande e crea nuovi stili; è il rock che è diventato autoreferenziale, ma semplicemente perché ha esaurito le sue possibilità espressive, ha detto tutto (o quasi) quello che si poteva dire con quel tipo di strumentazione e quei paletti stilistici. Le classifiche sono quindi un tentativo ridicolo di trovare il meglio in un calderone che per definizione non ha nulla di nuovo e quindi nulla che possa discriminare un disco da un altro. O meglio; qualcosa c'è.

E' il gusto estetico che ormai domina i metodi di giudizio dei fruitori di musica rock. Non si guarda più o non tanto al nuovo, ma al bello! La musica rock non punta più a innovarsi perché ha trovato la sua forma definitiva, ora non resta che perfezionare lo stile, levigare la tecnica e la raffinatezza. Ma non mi sembra giusto definire questo fenomeno "retromania"; piuttosto si può parlare di consolidamento di un canone estetico.

Errore ancora più grave è mescolare i dischi di musica rock con quelli di altri generi come elettronica, eccetera; i due filoni portano avanti i loro discorsi partendo da presupposti diversi. Il rock appunto ha un suo canone, che non contempla più l'innovazione perché non è più possibile innovare, altri generi hanno al contrario un discorso ancora da completare e quindi esiste la possibilità di innovare. Ma non ha senso fare un confronto tra i due scenari, sono incompatibili. (Infatti non è un caso che critici più radicali come Scaruffi, che si basa in modo netto sull'innovazione dei dischi, non abbia inserito nessuno dei dischi citati nei piani alti della sua top 2000's)

Funeral è quindi il trionfo dei valori sopracitati; è un disco che perfeziona stilemi già ampiamente utilizzati in passato, non porta alcun elemento innovatore, ma sublima uno stile che ormai è consolidato. L'indie rock più elegante, il gusto per una strumentazione orchestrale, gli anthem, le melodie più delicate, le ballate dolenti, il concedersi qualche passaggio ruvido di chitarra, una forte pregnanza emotiva, il valore sentimentale e personale delle canzoni. Sono tutti elementi della migliore tradizione rock, di un certo tipo di rock che è appetito da molti palati. Merito di Win Butler, Régine Chassagne e compagnia bella è stato quello di fonderli in composizioni perfettamente calibrate, esteticamente imperfettibili, ma allo stesso tempo non manieristiche. E' la carica emotiva che dà vita alle canzoni, altrimenti troppo misurate per essere coinvolgenti. Senz'anima non esiste arte.

"Neighborhood #1 (Tunnels)" è in questo senso già definitiva: la perfetta espressione di un rock pienamente maturo, misurato, già classico, nel senso più positivo del termine. Quello che forse non ci si aspetta è che l'album si mantenga su livelli qualitativi non dissimili per tutta la sua durata. "Crown of Love" è ancora più perfetta, pienamente compiuta, svincolata da qualsiasi moda momentanea. Un gioiello senza tempo. Altrettanto validi gli episodi più briosi come "Neighborhood #3 (Power Out)" e "Rebellion (Lies)", così come i passaggi più delicati e intimi: "In the Backseat" domina questa sezione, ma anche "Une Année Sans Lumière" e "Neighborhood #4 (7 Kettles)" non sfigurano.

Il quadro si completa con l'anthem rock di "Wake Up", che riesce a risultare non stantio pur basandosi su uno schema strutturale molto semplice, e il piccolo esperimento esotic-pop "Haiti". "Neighborhood #2 (Laïka)" punta forte su una ritmica instancabile e su meravigliose fioriture orchestrali, calibrate in modo certosino per non sovrastare lo spirito più rockeggiante della band.

Nessun disco così poco innovativo nella storia del rock è stato eletto a masterpiece, a opera simbolo di un decennio. Il fatto che invece Funeral abbia subito il processo di beatificazione non significa che viviamo in un periodo musicale privo di novità. Le novità ci sono sempre, ma non riguardano più la musica strettamente rock. E questo non significa che sei vigente la retromania, in cui si scopiazza e basta, bensì che il rock si è ormai affermato come genere standard, classico, ormai definitivamente inquadrato entro certi canoni. E questo non significa che sia morto! Si possono sempre creare opere meravigliose; partendo dai soliti elementi, è possibile dar vita a dischi sempre più belli, sempre più deliziosi. La scala dei valori estetici ha già conosciuto numerosi picchi elevatissimi, ma di certo non si stanca di accogliere nuove produzioni di alto, altissimi livello. C'è sempre spazio nella cultura per qualcosa di bello, e Funeral sta proprio lì a dimostrarcelo.


Win Butler: Voce, chitarra elettrica, chitarra acustica, piano, synth, basso
Régine Chassagne
: Voce, batteria, synth, piano, fisarmonica, xilofono, flauto dolce, percussioni
Richard Reed Parry
: Basso, synth, organo, piano, fisarmonica, xilofono, percussioni, contrabbasso
Tim Kingsbury
: Basso, chitarra elettrica, chitarra acustica
Howard Bilerman
: Batteria, chitarra
William Butler
: basso, xilofono, synth, percussioni
Sarah Neufeld
: Violino
Owen Pallett
: Violino
Michael Olsen
: Cello
Pietro Amato
: Corno
Anita Fust
: Arpa
Sophie Trudeau
: Violino in "Wake Up"
Jessica Moss
: Violino in "Wake Up"
Gen Heistek
: Viola in "Wake Up"
Arlen Thompson
: Batteria in "Wake Up"

Anno: 2004
Label: Merge Records
Genere: Indie rock

Tracklist:
01. Neighborhood#1 (Tunnels)
02. Neighborhood#2 (Laika)
03. Une Année Sans Lumière
04. Neighborhood#3 (Power Out)
05. Neighborhood#4 (7 Kettles)
06. Crown of Love
07. Wake Up
08. Haiti
09. Rebellion (Lies)
10. In the Backseat

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