Con Macbeth, Verdi iniziò a tracciare un nuovo corso, superando le vecchie tradizioni di genere per creare opere che avvicinassero più strettamente la musica al dramma e fossero funzionali alla sua idea di produzioni più fluide e composte in grado altresì di riflettere sulla politica e la filosofia contemporanee.
Così, i disordini dovuti alla sostituzione dei Tudor con Giacomo VI di Scozia ai tempi del Bardo, forniscono uno stimolo per un’analisi della situazione italiana. Ma Macbeth portò all'opera anche un nuovo grado di profondità emotiva e complessità psicologica, qualità che avrebbero raggiunto la piena realizzazione solo in opere successive quali Rigoletto ed Otello. Troviamo anche un fuoco sociale diverso: se in Shakespeare l'usurpazione della corona da parte del protagonista è un oltraggio ai nobili, in Verdi è una prevaricazione ai danni del popolo. Apparentemente un’opera senza contenzioso amoroso al centro dello svolgimento, è fortemente incentrata su un'ambizione spietata. Jacopo Gassman, all’esordio nella regia operistica, propone uno spettacolo elegante nella sua sobrietà; la narrazione è innestata in una cornice senza tempo privilegiando costumi – elaborati da Gianluca Sbicca - dalle tonalità prevalentemente scure e contrastati soltanto dalla vividezza del rosso sangue di stole e mantelli durante il banchetto del secondo atto. Per guadagnare profondità, si affida a diversi livelli di sipari neri e, mutuando vistosamente da alcune soluzioni di Ronconi, inserisce vari carri che entrano in scena portando visioni e proiezioni grazie al ricorso ad enormi led wall che operano da fondali. Il taglio del regista sembra poco interessato al versante politico e molto centrato su quello analitico: un percorso verso le origini del male che alberga in ognuno di noi nel quale Macbeth è soprattutto la storia di un uomo che non riesce ad essere genitore e colma questa sua impotenza annientando e sostituendo tutti i padri. Un’eclissi che è anche dei sensi con il protagonista che ci osserva in tralice durante l’ouverture e continua a farlo anche nell’epilogo, scampato, forse, alla morte per mano del "non nato di donna" Macduff. La serata è stata dominata dalla Lady Macbeth di Ekaterina Semenchuck che ha regalato a questa produzione alcuni dei frangenti vocali più suggestivi, fornendo una caratterizzazione assolutamente avvincente, tracciando la caduta del personaggio, da imperiosa pretendente al trono a co-cospiratrice omicida e, infine, a figura tormentata nella follia del sonnambulismo che la conduce all’annientamento. A causa della natura del ruolo, che richiede una voce forte e potente su tutto il registro, con note basse sonore, centro espansivo e note alte e squillanti, per i mezzosoprani è fondamentale riuscire anche a gestire la folle coloratura scritta da Verdi. Aggressiva nella sua cavatina di apertura, "Vieni!" T'affretta!' con coraggiose e costanti ascensioni al si bemolle acuto e al do acuto, così come nella rapida discesa al re basso e persino al si naturale nella voce di petto durante la cabaletta. Ne “La Luce Langue” ha ostentato linee di legato impeccabili che risaltavano la sua robusta voce media culminata in un si acuto naturale cristallino; nelle frasi finali dell'aria che sale al re bemolle acuto molto esposto è stata brava nell’affrontare la linea impegnativa tenendo le note molto corte. Bello anche il duetto “Fatal mia donna!” nel quale ha ben reso le perfide venature con misurate risonanze di petto e ha cantato le note di coloratura con frasi staccate che enfatizzavano la malvagia sfida al consorte. Il ruolo di Macbeth non richiede una soglia più elevata del fa diesis e quindi non presenta acuti troppo impegnativi per i baritoni, ma la tessitura è mediamente molto alta e richiede un canto legato, dolce, cosa non semplice per le voci gravi. Roman Burdenko offre un personaggio stoico, ma calcolatore, un Macbeth sanguinario e al contempo fragile, insicuro e manovrato dalla consorte. Canta bene e la sua rappresentazione energica e potente di Macbeth come un despota ossessionato e autodistruttivo nelle scene finali risulta avvincente. Ne “Che nel cielo ti chiama o nell'inferno” ha rivelato il registro acuto più fulgido con solidi fa naturale e re bemolle. Nel “Solco sanguigno la tua lama irriga!” ha mostrato buona mezzavoce e portamento. Il suo "Perfidi! All'anglo contro me v'unite!" è sicuro per gli accenti netti marcati sul recitativo iniziale e per il corposo gioco di dinamiche così come il fraseggio nell’aria cardinale "Pietà, rispetto, onore". Il tenore Antonio Poli, come Macduff, ha ben cantato, distinguendosi per un nitido mi bemolle-fa naturale sui “figli” di apertura seguito da un bellissimo fraseggio “mi fuggiasco, occulto” con un potente crescendo su “Possa a colui le braccia” che sale fino a un la superiore da brivido. Sicuro nel “Di destarlo per tempo il Re m'impose” nel quale evidenzia un grande controllo, squillo vocale e sostegno del fiato pregevole. Il Banco di Riccardo Fassi si è segnalato per il bel timbro scuro da autentico basso verdiano, voce piena e ricca e caratterizzazione vivida del personaggio, padronanza del proprio strumento grande attenzione alle dinamiche, offrendo un canto fortemente espressivo ed elegante e confermandosi un ottimo interprete nel lacerante arioso “Oh, qual orrenda notte!” e, soprattutto, nell’adagio del secondo atto “Come dal ciel precipita”. I personaggi secondari sono stati eseguiti in modo convincente:. Marco Miglietta è un Malcom più che convincente, Kwangsik Park è apparso un buon dottore, Gabriele Ribis, Sandro Pucci, Chiara Salentino e Benedetta Zanetti Oliva condividono propriamente una serie di ruoli minori. E, con un grande effetto drammatico e inquietante, i bambini del coro delle voci bianche, ben preparati da Alhambra Superchi, hanno felicemente rappresentato la loro parte come fantasmi impegnati nelle epifanie del terzo atto. Daniel Oren dirige l'orchestra con mano sicura. La sua interpretazione di questo lavoro è piena di tensione e drammaticità, con tempi ben scelti e attenzione ai dettagli significativi. Sugli scudi l'orchestra bolognese che ha sfoggiato suoni nitidi, compatti e dalle timbriche cupe, completamente adeguate alle atmosfere del dramma shakespeariano. I tempi erano tenaci e pungenti senza essere affrettati e c'era molto colore orchestrale nei legni e negli ottoni e una certa attenzione ai frequenti marcati e sforzandi. Peccato per il taglio degli ottimi ballabili del terzo atto a causa della impossibilità di dispiegare un adeguato corpo di ballo negli spazi contenuti del Nouveau. Il coro, diretto da Gea Garatti Ansini, si è distinto per alcune sezioni cantate e concertanti molto solide come nel “La patria tradita” e “Salve , oh re!” entusiasmanti e rifulgenti. Particolarmente impressionanti sono stati i netti cambi da fff a ppp nello “Schiudi, inferno, la bocca ed inghiotti” e le forcelle dei crescendo e decrescendo interni nel lancinante lamento del “Patria Oppressa” del quarto atto. Di assoluto valore, infine, il finale d’opera dispiegatosi tra la orgogliosa enfasi dei militi e il melodioso dolce cantabile delle figure femminili. Foto: Andrea Ranzi |
Macbeth Opera in quattro atti da Macbeth di William Shakespeare Libretto di Francesco Maria Piave Musica di Giuseppe Verdi Direttore: Daniel Oren Regia: Jacopo Gassman Maestro del Coro: Gea Garatti Ansini Scene: Gregorio Zurla Costumi: Gianluca Sbicca Luci: Gianni Staropoli Video: Marco Grassivaro Movimenti scenici: Marco Angelilli Assistente alla regia: Roberto Recchia Assistente ai costumi: Rossana Gea Cavallo Assistente videomaker: Matteo Speciale Preparatrice Voci Bianche: Alhambra Superchi Personaggi e interpreti Macbeth: Roman Burdenko Banco: Riccardo Fassi Lady Macbet:h: Ekaterina Semenchuk Dama Lady Macbeth: Anna Cimmarrusti Macduff: Antonio Poli Malcolm: Marco Miglietta Il Medico: Kwangsik Park Un domestico di Macbeth/Il sicario/L’araldo: Gabriele Ribis Prima apparizione: Sandro Pucci Seconda apparizione: ChiaraSalentino Terza apparizione: Benedetta Zanetti Oliva (CVB) In collaborazione con la Scuola di Teatro di Bologna Alessandra Galante Garrone Nuova produzione del Teatro Comunale di Bologna Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Comunale di Bologna
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