Per presentarsi al pubblico con un album per sola batteria e basso bisogna avere coraggio e perizia musicale.
I Frenzenfiuks hanno deciso di dimostrare di averne con questo lavoro intitolato “La fine del paese delle meraviglie”, composto da 14 tracce nelle quali il duo torinese si diletta, si scontra, si accompagna, si confronta e duella a suon di ritmi e di riff sincopati. Franz De Nichilo alias "Frenzen" al basso ed Emanuele Aldini alias "Fiuks" alla batteria, compagni musicali di vecchia data, con alle spalle una lunga militanza nell’ambiente delle sette note, hanno da alcuni anni deciso di indirizzare i propri sforzi a questo ambizioso progetto dedicato solo ed esclusivamente al “Drum ’n’ Bass”, definizione che però da sola non basta ad individuarne lo stile. Sicuramente nelle loro esecuzioni si possono trovare elementi di Funk, eppure non si tratta di un disco Funk. Altresì le sonorità molto aspre e grezze, seppur volute ed a tratti ricercate, presentano marcate assonanze con il Punk, con il Grunge e con l’Alternative Rock, ma l’album non può certamente essere inquadrato come appartenente ad uno dei tre generi. Qualcuno potrà anche notare chiari elementi di Jazz/Fusion, che ricordano vagamente quelle dei VitalTechTones degli stratosferici Steve Smith, Scott Henderson e Victor Wooten, nonostante il lavoro svolto non possa essere classificato tale. Forse ciò che si avvicina maggiormente al loro stile può essere genericamente definito Groove, o almeno questo è il paravento stilistico che hanno deciso di sfruttare per esprimere quanta carica musicale hanno dentro. Non è certo cosa facile affidarsi alle sonorità della sola sezione ritmica per produrre un’ora di musica capace di intrattenere l’ascoltatore di turno eppure, grazie al feeling instauratosi, i due musicisti riescono nell’impresa: grazie ad una attenta sperimentazione e ad una accurata ricerca delle sonorità, l’ascolto risulta inaspettatamente interessante. Essendo assolutamente assenti voci o qualsiasi altro tipo di strumento, l’aspetto melodico, se così può essere definito in questo caso, è chiaramente affidato al basso che viene stravolto e campionato in svariati modi, fino ad arrivare alla distorsione più estrema. Le percussioni vengono adoperate con maestria, senza comunque perdersi in virtuosismi superflui. L’obiettivo finale viene centrato e l’ascoltatore si trova a più riprese spiazzato dai cambi di ritmo attentamente calibrati all’interno di ogni brano. Sia chiaro: non è un disco per tutti, ma neanche per pochissimi; è un disco apprezzabile soprattutto da chi è avvezzo a spaziare tra vari generi musicali, in particolare Fusion e Groove, ma soprattutto che non disdegna sconfinamenti stilistici anche Punk e Rock-prog. A qualcuno dicono qualcosa i Primus? Per questi tipi di ascoltatori l’album è sicuramente di interesse, e per la maggior parte di essi sarà probabilmente ancor più di gradimento. Non un disco da valutare dopo un ascolto a spizzichi e bocconi, ma da lasciare scorrere traccia dopo traccia, fino a non riuscire a mollarlo sino alla conclusione. Qual è la fine del (nostro) paese delle meraviglie? Probabilmente non hanno sbagliato di molto rappresentando la risposta “nei” tre indumenti intimi appesi al filo. Lavoro già ascoltabile sui classici canali di diffusione on-line (soundcloud etc) ma a brevissimo anche su supporto fisico. |
Anno: 2016 |