La pubblicazione del secondo album rappresenta spesso un momento cruciale nella storia di una band: in esso il gruppo deve dar prova sia di avere una personalità spiccata che di aver appreso dagli errori del passato.
L’ansia da secondo album ha da sempre mietuto molte vittime, ma non è il caso degli svedesi Black Bonzo che, grazie al loro Sound Of The Apocalypse, si riconfermano una tra le più capaci band nello scenario del presente progressive hard-rock: ancora una volta, infatti, i nostri ci propongono canzoni ben costruite basate su un perfetto equilibrio tra i vari elementi che vanno a determinare un sound articolato ma sempre molto interessante. Permane l’influenza del rock anni ’70 di Deep Purple, Uriah Heep e soprattutto dei Queen, con Lindgren che sfoggia una gamma vocale a tratti assai vicina al quella del grande Freddy Mercury. Linee melodiche accattivanti, estro, talento, tecnica e sentimento sono i principali ingredienti di questo disco che non pecca mai di banalità, ma forse di scarsa poliedricità. Tra i pezzi più evocativi spiccano “Giant Games”, al cui ascolto ci si abbandona come ad una favola con tanto di colpi di scena dettati da vivaci esplosioni ritmiche, “Intermission - Revelation Song”, piacevole nella sua semplicità e nell’atmosfera calda e la convincente titletrack, dal bridge assai intenso ed affascinante che sfuma pian piano per riprendere la delicata melodia iniziale. Ritornello dalla forte carica nostalgica per “Yesterdays Friends”, in cui i cori, le note dell’organo e poi i tamburi decisi nella parte finale conferiscono al brano un gradevole tocco di solennità mista ad una vaga tristezza. Particolarmente solare e speranzosa, invece, l’armonia di “Ageless Door”. I fiori all’occhiello di questo platter sono però senz’altro “Thorns Upon A Crown”, con un riff robusto e assai accattivante ed un chorus radioso in pieno stile Queen, “The Well”, dall’intro energico, attraenti strofe in falsetto ed un drumming martellante e la briosa “Iscariot”, ritmicamente molto varia, vigorosa e colorata. Nonostante la brevità, tuttavia, sarebbe da citare anche “Ten Feet Away” caratterizzata da sonorità incalzanti ed una voce satura di emozioni, insomma canzone davvero niente male. L’album si chiude con la blueseggiante “Losing Faith” sulla quale ad un certo punto il pianoforte fa calare pian piano un’atmosfera cupa pregna di presagi che dona al brano un azzeccato pizzico di inquietudine. Come avrete ben capito, con questo validissimo secondo lavoro (valido anche per quanto riguarda sia il songwriting accurato ed interessante che la produzione veramente buona, con suoni sempre puliti e chiari) i Black Bonzo hanno dimostrato di essere una band che il proprio mestiere lo fa bene e con convinzione, quindi soprattutto se siete amanti di queste sonorità non potete lasciarvelo sfuggire. 85/100
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Anthon Johansson: Basso Anno: 2007 Sul web: |