Fuzz è il monicker (o l’alterego telematico) sotto il quale si nasconde Filippo Previati, 28enne emiliano emigrato a Roma, dove è conosciuto per la sua attività di singer con le Scimmie Rosse.
Questo progetto che porta il nome di One Hot Fuzz, non è altro che del buonissimo synth pop miscelato ad un rock elettronico, che, con l’aiuto delle tecnologie moderne miste ad una strumentazione vintage (come sintetizzatore è stato usato un Krog Trident originale del 1978), rende queste 10 tracce delle piccole gemme piene di spunti interessanti, nella maggior parte concretizzate alla grandissima. L’attitudine rock di Fuzz emerge prepotentemente nelle schitarrate piene di feedback dell’opener “The Black Tiger’s Return”, dove l’ultimo Trent Reznor si amalgama con le intuizioni synth dei Depeche Mode. Il lato più pop invece viene dettato e ben delineato nella successiva “Sing For A Day”, dove i rintocchi di pianoforte scandiscono il tempo della melodia vocale. Altro punto degno di nota è proprio la voce del rosso crinito, che aiutato da vocoder ed effetti dei più vari dona una sensazione di splendida “roboticità” alla sua ugola suadente e carica di pathos, anche se alla fine, la prestazione può risultare solo un po’ monocorde. “Flame” è un pezzo più spigoloso e cupo, dall’incedere quasi industrial, che si esaurisce in meno di 3 minuti; “The Last Goodbye” invece è una ballata sintetica pregna di romanticismo lirico dove il nostro si supera a livello vocale. Mentre “Black Mamba” niente aggiunge alla raccolta, la cover di “Space Oddity”, primo grande classico di fine anni ’60 di David Bowie, perfettamente si amalgama con il resto della raccolta, mutandosi da epico pezzo pop schizzato in elettronica lisergica e strutturalmente spoglia. Grande atmosfera. “Crazy” si apre con un riff metal molto in stile Black Label Society con la ritmica molto sostenuta per tutto il pezzo; “Tree Minutes Acid” invece ammicca alla dance moderna, con un groove ballabile e sinuoso. Chiudono il simpatico diversivo crossover di “Tryne”, dove questa volta Fuzz alla melodia preferisce sciorinare un rap innocuo ma efficace e ben strutturato con la tessitura strumentale e “One Hot Fuzz”, che riallaccia il discorso con le prima tracce del disco: pianoforte che apre e spicca, archi sintetici in sottofondo per una strumentale che pone la parola fine a questo breve (34 minuti totali) ma piacevolissimo viaggio sonoro nel mondo musicale pieno di sfaccettature e generi che vanno in collisione di Fuzz. Ottima anche la produzione, seppur casalinga delle canzoni: i bilanciamenti dei volumi sono ottimi ed il mixaggio fatto con una resa professionale degna di attenzione: gli strumenti non sovrastano la voce e viceversa, rendendo il prodotto ancora più ricco di fascino. Alla fine, la voglia di riascoltarlo è tanta. Un inizio assai promettente per un soggetto che sa bene come sfruttare al massimo le sue capacità. 80/100
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Fuzz: Voce, sintetizzatore, basso e campionamenti Anno: 2007 |