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Depeche Mode
Playing The Angel

Le aspettative dopo 4 anni dalla involuzione di Exciter, erano enormi. In buona parte sono state ripagate; un aggregato di densa elettronica, voce suadente e suoni ricercati; era l'imprimatur che contrassegnava i DM da sempre, liriche ossessive e angoscianti, che scorgevano però tracce di un labile sole tra accumuli di nubi grigie recitando rime che parlavano di speranza, fede. Con Playing The Angel siamo ritornati ai contenuti pieni, Exciter ci aveva in parte amareggiato con costruzioni e testi insipidi, ma sembra di risalire la china scoltando da subito le prime note di questo lavoro.

Il synth di A Pain that I’m Used to carico e corrosivo, ritrova la solidità delle battute di bassi e una leggera melodia che rimanda ai tempi che furono. Gahan cerca intimamente l’enfasi degna delle sue migliori interpretazioni, ha una voce meno prigioniera che segue lo spirito e la brillantezza dell’istante. Sensazioni vagamente blues per John the Revelator riecheggiano i successi di Song of Faith and Devotion, il timbro soul che viene costruito appare ricreare una situazione inusuale per lo stile dei DM, pur permanendo accerchiati da ritmi metallici.

Soffio caldo quasi tangibile sprigionato dalla chitarra con cui sprigiona Suffer Well; in parte perpetrato in The Sinner in Me viaggio in grado di scaraventarci in un angosciante universo di strepiti, echi e distorsioni, pezzo che sfocia in uno “spannung musicale” greve e ombroso. Precious solca a metà questo nuovo album, destinata al lancio promozionale ma riempita da melodie leggere e fluide.

Vecchi giri di synth e le battute semplici, che fanno tanto "Black Celebration. Gore apre Macro, spiazzante attraverso un'abile alternanza di strofa e ritornello quasi misurata, essenziale.I Want it All è proiezione/prodromo delicato, quasi il piacere che costringe all'espiazione di Nothing’s Impossibile che stravolge le emozioni, precipitandoci nella malinconia del futuro.  Introspectre è un piccolo cadeau strumentale che fa da spartiacque degli ultimi tre brani. Damaged People propone un volutamente incerto Gahan, attraversa ignoti percorsi sonori pervenendo ad una morbida armonia nella contemporaneità dei synth del ritornello.

Lilian, è forse il punto più debole, ballata electro pop tradizionale senza guizzi significativi.
Sette minuti di instabilità sonora caratterizzano The Darkest Star, suoni combinati in melodici insiemi che formano una epifania di emozioni concludendo l'itinerario.

Una carriera di 25 anni può resistere al tempo è il messaggio dei DM.



Dave Gahan: Voce
Martin Gore:
Voce, synths, chitarre
Andrew Fletcher:
Synths

Anno: 2005
Label: Mute
Genere: Pop/Elettronica

Tracklist:
01. A Pain That I'm Used To
02. John the Revelator
03. Suffer Well
04. The Sinner In Me
05. Precious
06. Macrovision
07. I Want It All
08. Nothing's Impossible
09. Introspectre
10. Damaged People
11. Lilian
12. The Darkest Star

Sul web:
Depeche Mode

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