L’opera barocca ad alta intensità drammaturgica Dido and Aeneas di Henry Purcell e il balletto con canto novecentesco dalla corrosiva satira Die sieben Todsünden di Kurt Weill su testo di Bertold Brecht, costituiscono l’inedito dittico proposto nella Stagione d’Opera 2024 del Teatro Comunale di Bologna.
Nelle intenzioni del regista Daniele Abbado, l’obiettivo è giustapporre due opere sul tema della città: quella mitologica in Purcell, la visione sul futuro delle città per Brecht-Weill in fuga dal regime nazista. Con enormi diversità, il fuoco dell’attenzione è concentrato sulla analisi dei rapporti tra individuo e società. In Dido and Aeneas, il regista identifica collegamenti con la stringente attualità e le streghe - come moderni haters - annientano il buon nome e il rispetto per Didone. Nei Die Sieben, rispetto alla Cartagine di Purcell siamo proiettati in diverse metropoli americane. Con un continuo capovolgimento dei sette vizi capitali che si trasfigurano in ostacoli all’arricchimento individuale, Brecht delinea provocatoriamente una società nella quale l’uomo può guadagnare il successo solo mettendo sul mercato corpo, reputazione e onorabilità. Per comprendere l’opera e la cornice nella quale si sviluppa il Dido and Aeneas, bisogna ricordare che il Barocco giunse relativamente tardi in Inghilterra. Diciotto anni di angosciante governo puritano, segnati da una feroce guerra civile e dalla drammatica esecuzione di un re, avevano lasciato una nazione nervosa e incerta del proprio destino. Nel 1660, un Parlamento disincantato restaurò la monarchia in seguito alla morte di Oliver Cromwell e il paese fu catapultato in un enorme fermento dell’arte musicale i cui protagonisti si riversarono nella capitale londinese beneficiando del gusto di Carlo II per le arti assaporate in esilio. In questo quadro il giovane Henry Purcell, attraverso odi ed elegie, inni sacri, marce, danze, musica teatrale, per due brevi e radiosi decenni prima della sua morte prematura a trentasei anni, rappresentò l’emblema dello stile musicale e dell'intrattenimento della fine del XVII secolo sia per i cortigiani che per i cittadini comuni. Dido and Aeneas, opera basata sul quarto libro dell'Eneide di Virgilio, su libretto di Nahum Tate, noto per le sue controverse rivisitazioni della letteratura classica e shakespeariana, rappresenta la sua unica composizione drammatica interamente cantata e tratteggia un percorso psicologico ricco di sfumature teso a valorizzare la figura e la personalità dell’infelice regina di Cartagine. Se il fulcro della vicenda è la profondità del suo sentimento amoroso, la scarna drammaturgia del testo coinvolge, in chiave simbolica, situazioni mitologiche e arcadiche tipiche del “masque” allora in voga e la partitura che non necessita di un ricco organico orchestrale risponde chiaramente alle necessità economiche del teatro londinese dei tempi. La regia di Daniele Abbado opta per una scena fissa in entrambe le opere, scabra e geometrica in Purcell con una pedana e sullo sfondo la silhouette di alti edifici, valorizzata da colori grigi e tendenti allo scuro in opposizione ad alcune tinte scarlatte e contorni nitidi, mentre in Weill fa ricorso a luci, costumi e movimenti opulenti e abbaglianti funzionali alla articolata narrazione da parte di Anna delle complesse traversie della sorella, ben interpretata da Irene Ferrara. La famiglia è presentata come spettatrice cinica, debosciata e giudicante spiaggiata su un enorme divano da salotto. Danielle De Niese come Dido canta correttamente, rimanendo tuttavia un po’ in superficie nella delineazione complessiva del personaggio. Nella celebre "When i am laid in earth" - dove la linea melodica si sviluppa liberamente su un basso ostinato costruito su un sofferto tema di passacaglia cromatica - l’intenzione dolorosa contenuta nel diminuendo sul “Remember me” è percepita, ma non risulta lacerante come nelle interpretazioni memorabili di Janet Baker o di Lynne Dawson diretta da Jacobs. Forse una voce più profonda e potente con un vibrato a tratti meno ampio avrebbe garantito maggiore pathos per il ruolo. Più a suo agio è apparsa nell’opera di Weill - facendo un uso misurato dello sprechstimme - nel quadro di una scrittura meno incline ad esaltare la perfezione sonora, ma piuttosto a valorizzare il fraseggio e la magnificazione della parola e dei suoi tranelli e rendere nitida la drammaticità della condizione umana e le sue contraddizioni. Il baritono Francesco Salvadori canta Aeneas, volgendo abilmente, nel corso di un numero estremamente limitato di recitativi secchi e disadorni, dalla sfrontatezza alla confusione e infine al pathos. Nel "Jove's commands shall be obey'd" espone una capitolazione forte ed espressiva modellando accuratamente il fraseggio al fine di delineare il tormentato stato emotivo dell’eroe. Mariam Battistelli è altrettanto all'altezza del ruolo di Belinda, cantando con un tono puro e cristallino e voce ricca di armonici e rubando a tratti la scena alla regina cartaginese. Tratteggia efficacemente con il suo vocalismo il granitico ottimismo e l’ingenuità di un personaggio inconsapevole della inevitabile rotta di collisione dei due amanti vittima dell’amaro destino. Il soprano Paola Valentina Molinari, nel suo incedere ferale, canta il ruolo della Strega con tono voluttuoso e voce decisa e ricca di sfumature, Patricia Daniela Fodor interpreta con adeguata levità la seconda donna, mentre Marco Miglietta e Andrea Giovannini - esuberante anche nel secondo ruolo di marinaio - sono efficaci come Prima e Seconda Strega. Completa il quadro delle forze del male Bruno Taddia, adeguatamente inquietante e abile per voce e personalità nella delineazione della Maga. Gli strumentisti, al netto delle tradizionali difficoltà riservate dalla acustica del Nouveau al ridotto organico, hanno suonato con la giusta leggerezza e tensione in Purcell; gli archi, con sonorità vigorose, hanno fatto sì che ogni scena si disegnasse con scattante urgenza. Violoncello e clavicembalo hanno fornito un robusto supporto al continuo e, in generale, l’intera formazione ha denotato nitidezza e chiarezza di linea ed attacco, ma anche un suono pieno e multicolore che ha aggiunto lucentezza alla scrittura: ogni singola frase era ben modelllata, attentamente articolata e vividamente proiettata. Il coro diretto da Gea Garatti Ansini, sensibile alle sottigliezze drammatiche dell'opera, chiaro e con una buona pronuncia, esalta il contrappunto negli inserti corali e affronta i passaggi delicati cantati in elegante pianissimo in un unico suono, senza sforature e con padronanza di accenti. Il direttore Marco Angius innesta con coraggio tre dei cinque Cori di Didone di Luigi Nono su versi di Giuseppe Ungaretti e un frammento tratto da Okanagon di Giacinto Scelsi, riuscendo a conferire un’idea di respiro operistico ad una composizione che, per organico su piccola scala e caratteristiche, risulta piuttosto distante dalle soluzioni romantiche e veriste mediando abilmente tra intimismo e maestosità. La direzione valorizza il senso di mistero della partitura esaltando la ricercatezza stilistica delle linee vocali, la plasticità del fraseggio e la chiarezza degli attacchi. Nella direzione di Weill, da esperto del repertorio contemporaneo, denota sicurezza rendendo efficacemente il contrasto tra il vuoto compiacimento nel valzer del "Faulheit” e l'apertura disperata dell'"Unzucht” traghettando con equilibrio l’orchestra sino alla marcia trionfante nella conclusione del "Neid". Buona infine in Die Sieben Todsünden la prova del quartetto maschile formato da Marco Miglietta, Andrea Giovannini, Nicolò Ceriani e Andrea Concetti la cui performance esalta la natura pretenziosa della famiglia di Anna; da segnalare in tal senso l' “Habsucht” dove l'articolazione del quartetto è chiara, nessuna parola va dispersa e l'ipocrisia dell’apprensione risulta vividamente percepibile. Repliche il 5 e 7 aprile al Teatro Valli di Reggio Emilia. Foto: Andrea Ranzi
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DIDO AND AENEAS Opera in un prologo e tre atti Libretto di Nahum Tate Musica di Henry Purcell
Dido: Danielle de Niese Aeneas: Francesco Salvadori Belinda: Mariam Battistelli Second woman: Patricia Daniela Fodor The sorceress: Bruno Taddia First witch: Marco Miglietta Second witch/A sailor: Andrea Giovannini A spirit: Paola Valentina Molinari Maestro al clavicembalo: Nicoletta Mezzini Tiorba e chitarra barocca: Alberto Mesirca Violoncello: Roberto Cima Contrabbasso: Gianandrea Pignoni
DIE SIEBEN TODSÜNDEN Balletto con canto in nove quadri Musica di Kurt Weill Testo di Bertolt Brecht
Anna I: Danielle de Niese Anna II: Irene Ferrara La famiglia: Marco Miglietta, Andrea Giovannini, Nicolò Ceriani, Andrea Concetti Ballerini: Matilde Bignamini, Luca Campanella, Lucia Cinquegrana, Lucas Delfino, Erika Rombaldoni, Danilo Smedile
Orchestra, Coro e Tecnici del Teatro Comunale di Bologna Direttore Marco Angius Maestro del Coro Gea Garatti Ansini Regia Daniele Abbado Scene e luci Angelo Linzalata Costumi Giada Masi Coreografie Simona Bucci In collaborazione con Scuola di Teatro di Bologna, Alessandra Galante Garrone
Nuova produzione del Teatro Comunale di Bologna con Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, Fondazione Haydn di Bolzano e Trento
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