Dopo alcuni anni passati in anonimato nonostante una serie di ottimi album con alla voce Tony Martin, Iommi decide di richiamare con se Ronnie James Dio, che solo 12 anni prima diede nuova linfa alla band col capolavoro Heaven And Hell, pochi mesi dal clamoroso ma inevitabile split con Ozzy Osbourne.
Il folletto più capriccioso del metal, accettò di corsa, tornando all'ovile sabbatthiano con entusiasmo, visto che la sua carriera solista ad inizio anni '90 aveva toccato minimi storici con pochi precedenti nel music business (ascoltare Luck Up The Wolves per credere) . La "deumanizzazione" quindi, si concretizza in 10 tracce per poco più di 52 minuti, dove stilisticamente la band tende più a ricordare Mob Rules del 1982 che altri lavori, aggiornando però le sonorità verso un hard'n'heavy più diretto e meno candenzato, eliminando del tutto anche le attitudini fantasy. Echi di industrial music nell'opener "Computer God", che va cosi ad aggiornare nelle tematiche il testo di "Digital Bitch", pezzo inciso da Iommi e co. 9 anni prima con Ian Gillian al microfono; mentre è più melodico il cantato di Dio nella successiva "After All..", un pezzo roccioso e cupo nel suo progredire. "Tv Crime", il brano più famoso della raccolta nonchè primo ed unico singolo estratto è la classica sassata sonora dei Sabbath: riff spaccamontagne e refrain accattivante, il resto lo fa una ritmica martellante che trova in Vinny Appice (che in questo disco sostituisce il dimissionario Cozy Powell) un martello pneumatico di grande precisione. "Master Of Insanity", gia dal titolo, pare fungere da collante alle prime esecuzioni del combo: introdotta da una linea di basso ossessiva viene poi raggiunta da una tessitura chitarristica splendida, dove il menestrello Ronnie James (in gran forma per tutto il disco) incanta l'ascoltatore con la sua ugola da cigno ferito fino all'epidermico ritornello; la successiva "Time Machine" (inclusa l’anno successivo nella soundtrack di Wayne’s World) punta tutto sulla velocita esecutiva, ricordando vagamente un altro classico: "Neon Nights". Menzione d'onore per i quasi 7 minuti della sinistra ballata "Too Late", che affronta nel testo l'occulto e le sedute spiritiche. Praticamente, il “sabba nero”, per anni definito "favoreggiatore dell’esoterismo" e "portatore del messaggio di Satana", decide di affrontare il tema alimentando cosi rumors che non gli sono in realtà mai appartenuti. Chiudono la raccolta "I", un cavallo di battaglia della band tutt'oggi (intanto rinominata Heaven And Hell), che nel songwriting e nell'esecuzione pare essere uno "scarto" di Headless Cross e la malefica "Buried Alive", con ancora un ceselatissimo lavoro di elettrica. I Black Sabbath formato 1992 sono quindi un'ensemble tutt'altro che morto ed ancora lontano dalla definizione di dinosauri del rock che spesso viene affibbiata a band che hanno fatto la storia due decadi prima e si (re)inventano con un disco "moderno", suonato con la giusta perizia tecnica, senza mai tralasciare il gusto per la melodia qui accentuata da un singer che è maestro nell'unire refrain canticchiabili al metallo più classico e con un’accoppiata basso\batteria di grande affidabilità e cattiveria. Purtroppo dopo il breve tour di accompagnamento Dio torna a fare il capriccioso e abbandona di nuovo i compagni, lasciando a Iommi il compito di ballare ancora da solo per qualche anno. Possiamo chiudere dicendo che Dehumanizer è probabilmente l'ultimo album di grande spessore della band di Birmingham (o quanto meno degno di nota), pronta negli anni successivi a sottoporsi all'inevitabile operazione nostalgia. 75/100
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Ronnie James Dio: Voce Anno: 1992 Sul web: |