Ardecore è, senza mezze misure, un progetto sorprendente, in grado di muovere ben oltre il semplice esperimento portato avanti da musicisti di primo livello che tentano di oltrepassare le stringenti classificazioni musicali, rock, noise, sperimental o whatewer tout court.
Il banco di prova è costituito dal recupero di stornelli propri della tradizione romanesca di almeno tre secoli addietro, effettuata da artisti di estrazione profondamente differente: dai formidabili sperimentatori del post jazz che rispondono al nome di ZU, al cantautore folk-blues Giampaolo Felici sino a giungere all'illuminato chitarrista e cantante dei Karate (forse prossimi allo scioglimento), Geoff Farina. In soccorso dei nostri giunge altresì il vibrafono di Valerio Borgianelli e la fisarmonica di Luca Venitucci, il singolare ensemble di artisti punta la propria attenzione sulla valorizzazione delle reale matrice della Canzone Italiana incentrando l'opera su tre argomenti cardine che vengono letteralmente sviscerati musicalmente: Amore, Morte e Carcere. Si tratta di temi fortemente radicati nelle più note canzoni teatrali della sceneggiata partenopea e della malavita lombarda ma anche in grado di riportare alla mente dell'ascoltatore la tradizione orale dei carrettieri della Trinacria. Cos'altro se non il bagaglio proprio della cultura popolare italiana sceverata da tutti gli ostacoli territoriali e sprezzante di tutti i maldestri tentativi di ostentare una supposta primazia educativa e culturale? Il risultato è un progetto dalla denominazione folgorante, Ardecore in grado di sintetizzare efficacemente il tentativo di commistione ad opera del brillante combo della miscela hardcore-punk con la fermezza propria della tradizione capitolina: il "core" dei romani. Ecco allora il viaggio a ritroso nella tradizione in un gioco di riverberi storico temporali che conducono per mano l'ascoltatore attraverso brani quali Come Te Posso Amà (Canto Del Carcerato), Lupo De Fiume, Barcarolo Romano e Serenata De Paradiso, contenuti all'interno di un piccolo gioiello anche di packaging per le edizioni de Il Manifesto curata da Alessandro '"Scarful" Maida il quale ha recuperato con certosina pazienza, e rielaborato, ammalianti dettagli estetici richiamanti i tatuaggi impressi tradizionalmente sulla pelle dei dannati, i reclusi. E' soprattutto l'enfasi del cantato stracciato che colpisce di questo lavoro, nitidissimo per l'occasione quello di Felici l'elemento centrale in queste violente e cupe, ma sempre aperte alla speme, narrazioni filtrate mediante gli occhi ora del tradimento in Madonna Dell'Urione, dell'amore, Come Te Posso Amà, del trapasso in Madonna Dell’Angeli. L'acmé viene centrata nel lancinante episodio narrato e rivissuto sulle sponde del Tevere di Lupo De’ Fiume e di Fiore De Gioventù, maestoso blues compassato. Conclusione che si amalgama nella netta e suadente Serenata De Paradiso, massimo livello della tradizione popolare romana, che cela, allo scadere di qualche istante di vuoto, una ghost track dall'analoga intensità musicale ed espressiva. Bravissimi. |
Giampaolo Felici: Voce, mandolino, chitarra acustica Anno: 2005 Sul web: |