Doppia recensione per "Scarsick" dei Pain Of Salvation.
Ecco un altro di quei gruppi che ad ogni nuova uscita discografica danno inizio al solito interminabile dibattito che verte unicamente sullo sterile discorso se la nuova uscita stessa sia l'ulteriore capolavoro della loro immensa carriera o invece l'ennesimo segnale che certi gruppi dopo un pò si adagiano sugli allori consci del fatto che qualsiasi cosa pubblichino sarà incensata. Sarà sicuramente così anche per questo "Scarsick", ultima uscita dei Pain of Salvation, personalmente trovo queste discussioni decisamente inutili e preferisco semplicemente raccontare quelle che sono le sensazioni, le emozioni e le impressioni che ho ricevuto dall'ascolto, rapportando i paragoni con i dischi passati a quelle che sono le evoluzioni del sound della band e questo sarà il mio metro nel raccontare "Scarsick". Inizio subito col dire, a scanso di equivoci e per mettere subito a proprio agio il lettore che il disco al primo ascolto mi ha lasciato alquanto stranito per non dire interdetto, forse troppo vario e complesso da metabolizzare in un colpo solo ma già dopo alcuni ascolti le prime impressioni si sono rivelate tremendamente errate ed ora posso affermare che "Scarsick" è un buon disco, un disco che segna una tappa importante nella carriera del gruppo svedese, nell'evoluzione del loro suono e del percorso musicale intrapreso. Se dopo "Be" si parlava di disco sperimentale con "Scarsick" quella che poteva essere la parte puramente sperimentale fine a se stessa si è un pò dileguata, tornando a degli arrangiamenti più canonici e sopratutto lasciando il posto a più numerose contaminazioni e più semplici variazioni stilistiche: Disco Music, Rap, per citarne alcune trovano la loro collocazione all'interno delle canzoni e tenendo conto del fatto che "Scarsick" è un concept che punta ad una critica sociale, politica e culturale dell'attuale società americana, si potrebbe anche pensare che alcune contaminazioni presenti abbiano la funzione specifica di fungere da escamotage per sostenere maggiormente lo spirito stesso del concept. Nel songwriting dell'album vengono pressochè abbandonati certi passaggi più strumentali, non ci sono assoli ad esempio, puntando invece maggiormente sul groove, sul lirismo e sulla parte cantata, sicuramente più ricca di quello che è stato lo standard dei POS finora, sull'orchestrazione e sulla ricchezza e la ricercatezza dell'arrangiamento complessivo della canzone, mantenendo comunque chiaro e inalterato lo stile di fondo dei POS sempre attento a cercare di emozionare e stupire l'ascoltatore. "Scarsick": semplicemente 7 minuti di pura genialità, un concentrato musicale composto da progressive, hardcore, melodia, poesia, ritornello accattivante, lirismo e giochi vocali. Stupenda. "Spitfall" rappresenta la prima vera "sorpresa" stilistica di questo album, con il suo cantato rap, una canzone decisamente trascinante nel suo incedere rabbioso. "Cribcaged" ha un inizio lento che esplode in pura rabbia, soprattutto nel testo, per poi chiudere con l'iniziale dolcezza, brano molto immediato che colpisce sicuramente l'ascoltatore. Con "America" si porta l'ascoltatore sui territori di quel Rock tipicamente americano, decisamente vivo, con vaghi accenni country che gioca molto sulla vivacità del ritmo. "Disco Queen" è il momento forse più impattante e scioccante con il suo inizio Disco, che si ripete nel ritornello ma dopo qualche ascolto prevale la parte più ipnotica, cupa, rabbiosa ed epica del brano e si comprende l'esatta collocazione dello stesso all'interno del concept "Kingdom of Loss" è un brano emozionale, di atmosfera, forse la canzone più "tipicamente" figlia dei POS di tutto "Scarsick". "Mrs Modern Mother Mary" è forse il momento più basso di "Scarsick" chiaramente solo un riempitivo, un brano di passaggio. "Idiocracy" altro brano profondamente emozionale dall'incedere quasi psichedelico ed angoscioso fino alla conclusione più epica. "Flame to the Moth" dall'inizio decisamente elettronico è un brano che riesce a trasmettere rabbia e dolcezza allo stesso tempo alternando le due emozioni con grande effetto, eccezionale in questa occasione Daniel Gildenlow capace veramente di trasmettere emozioni solo con l'approccio interpretativo alla canzone. "Enter Rain" brano epico, nonostante un ritornello banalotto ma un altro di quei brani che alla fine si imprimono nella memoria per non uscirne più. Alla fine un grande disco con un Daniel indiscusso, indiscutibile e geniale protagonista, stavolta alle prese anche con le parti di basso eseguite per altro molto bene, forse la bellezza di "Scarsick" sta proprio nell'eclettismo, nella capacità di alternare pezzi apparentemente più semplici ad altri dalla struttura molto più complessa ed articolata, a saper alternare con sapienza rabbia e dolcezza, magari strizzando maggiormente l'occhio al mainstream al "commerciale" con molti momenti decisamente "orecchiabili" ma continuando a saper catturare l'attenzione dell'ascoltatore sempre nel momento più opportuno, con il lirismo o con il passaggio più emozionale, nell'inserire particolari contaminazioni pur mantenendo sempre una completa omogeneità, i pezzi si susseguono con grande naturalezza nonostante gli improvvisi stacchi stilistici. Sicuramente dunque un disco comunque originale e variegato che mantiene al tempo stesso e paradossalmente una propria linearità, un disco che necessità di più di un ascolto per essere completamente compreso e quindi apprezzato per quello che a mio avviso è, forse non la migliore produzione dei POS, forse non al livello di "Perfect Element" ma sicuramente comunque un bel disco ne più ne meno. Funambolico. 80/100di Salvatore Siragusa
“Scarsick”. Un disco che tutti saremo destinati ad ascoltare. Di quei dischi che non passano inosservati: qualcuno l’amerà mentre qualcuno arriverà ad odiarlo. Qualcuno lo farà sul serio mentre qualcun altro lo userà per darsi un tono da buon intenditore. Non vi nego una certa difficoltà nell’astenermi dal dare un giudizio personale sul disco, straordinariamente forte e con la peculiarità di essere una di quelle novità per le quali c’è sempre stato un posto tra i nostri dischi. Quasi come se l’avessimo sempre avuto. di Mario Dessalvi |
Daniel Gildenlow: Vocals, Guitar & Bass Anno: 2007 |