Home Recensioni Masterpiece David Lee Roth - A Little Ain't Enough

David Lee Roth
A Little Ain't Enough



Ripetere il successo planetario di album come Eat em' and Smile e Skyscraper - i primi due lavori da solista di David Lee Roth dopo la sua dipartita dai Van Halen - era impresa ardua, ma l'istrionico singer di Bloomington, riassestata la line-up dopo lo split di Steve Vai e Billy Sheenan, riuscì a sferrare un colpo gobbo grazie a questo A little ain't enough, uscito nell'estate del 1991. Nella band arrivano cosi il giovane ma talentuoso (ed aggiungeremo anche sfortunato) chitarrista Jason Backer, il bassista Greg Bisonette e la formazione viene arricchita da un chitarrista ritmico: Steve Hunter. Il primo, pur avendo uno stile meno virtuoso di Vai, riusci' ad imprimere al sound di Lee Roth una maggiore componente melodica, quasi al limite dell'AOR, mentre gli altri due nuovi innesti risultarono utili alla causa e all'obiettivo, quello di riproiettare con successo l'immagine dell'ex cantante dei Van Halen negli anni '90, e la missione fu compiuta egregiamente. Pur essendo più morbido e ragionato nel suo approccio rispetto ai suoi predecessori, questo album si compone di 12 canzoni che hanno superato la prova del tempo e, 20 anni dopo, nessuna usura di sorta ha diminuito il lavoro fatto all'epoca. Dall'opener e antemica "A Lil' Ain't Enough, passando per la più scanzonata "Shoot It", arricchita da una sezione fiati saltellante, passando all'atmosferica ballata strappamutande "Tell the Truth", tutto funziona alla perfezione, compresa una produzione calibratissima per un prodotto del genere. L'album viene impreziosito anche da altri brani molto divertenti come il blues (con tanto di armonica) dal retrogusto aerosmithiano "Sensible Shoes", che dimostra anche la duttilità e la trasversatilità delle sei corde di Becker, arrivando alla roboante e ritmata "It's Showtime", che sembra riprendere le terremotanti composizioni dei primi full lenght dei Van Halen come dinamismo e funambolismo.
Pur essendo una raccolta di canzoni mai troppo osannata dai puristi dell'hard rock, A little ain't enough è tutt'oggi un gran bel disco, pieno di pezzi soddisfacenti e appaganti, dimostrazione di come l'opera di Diamond Dave abbia retto l'urto della prova del tempo e fosse completa nel suo genere.
Un LP da riscoprire ed apprezzare, che merita una seconda chance.

75/100 (Fabio Stanley Cusano)



Appena esce, l'album viene letteralmente demolito: mancanza di orginalità, contenuti poco brillanti, idee trite, viene detto.
E invece no! Se in termini di successo il disco rappresenta un fallimento, artisticamente è più che valido, presentando delle eccellenze indiscusse: la title-track e "Shoot It" non sono meno accattivanti ed efficaci dei passati singoli radiofonici, "Baby’s On Fire" e "It's Showtime!" appaiono quali vere e proprie iniezioni adrenalitiche (con il secondo pezzo che sembra letteralmente il seguito di "Hot For Teacher"), mentre "The Dogtown Shuffle" sembra ricalcare le atmosfere sospese già profuse nel brano "Skyscraper" e "Drop in the Bucket" dimostra che Jason Becker sa dosare benissimo estro, cripticità e ruffianeria.
E gli altri pezzi non sono certamente da meno.
Insomma, l'album è ottimo, privo di difetti (anche grazie alla produzione superba di Bob Rock), con limiti dovuti a situazioni oggettive, piuttosto che ascrivibili al talento dei musicisti coinvolti: in primis, non è facile per chiunque succedere a due mostri sacri come Eddie Van Halen e Steve Vai; inoltre, l'album viene pubblicato in piena esplosione grunge, movimento musicale che mise in difficioltà ben più blasonati musicisti dell'epoca; senza contare, infine, la competizione con gli antagonisti di sempre, che fino ad allora aveva visto vincere l'ex frontman, e che oggi pare persa, attesa la validità oggettiva di un album eccellente come "For Unlawful Carnal Knowledge".
L'album è foriero di spiacevoli disavventure o disgrazie: poco dopo la sua pubblicazione, Diamond Dave viene pizzicato a New York mentre acquista materiale di provenienza giamaicana e si vede costretto a fare ammenda, comparendo in tv per reuperare un minimo di credibilità, mentre al talentuoso Jason Becker viene diagnosticato il morbo di Lou Gehrig (più comunemente denonimato SLA), evento che lo costringe ad abbandonare la band prima del tour (viene sostituito dai chitarristi Joe Holmes, già con Ozzy Osbourne e Lizzy Borden, e Desi Rexx dei D'Molls, a cui vengono affiancati il bassista Todd Jensen degli Hardline e i solidi Brett Tuggle e Gregg Bissonette).
Il tour riscontra successo in Europa ma è un flop negli States (giova poco anche il supporto di band pregevolissime come Extreme e Cinderella), trasformandosi ben presto in un fallimento finanziario, dovuto alla scarsa partecipazione del pubblico (un terzo degli spettacoli viene cancellato a causa della contenuta vendita dei biglietti).

88/100 (Gianluca Livi)



Agli appassionati di
David Lee Roth, si segnala l'articolo intitolato "Crazy For Dave", sempre a firma di chi scrive, in cui viene analizzata nel dettaglio l'intera discografia da solista del cantante americano.


David Lee Roth: Voce e armonica
Jason Becker: Chitarra solista
Steve Hunter: Chitarra ritmica
Matt Bissonette: Basso e cori
Greg Bissonette: Batteria
Brett Tuggle: Tastiere e cori

Anno: 1991
Label: Warner
Genere: Hard Rock

Tracklist:
01. A Lil' Ain't Enough
02. Shoot It
03. Lady Luck
04. Hammerhead Shark
05. Tell the Truth
06. Baby's On Fire
07. 40 Below
08. Sensible Shoes
09. Last Call
10. The Dogtown Shuffle
11. It's Showtime
12. Drop in the Bucket

Sul web:
David Lee Roth

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