Istrionico, divertente, folle... questo è stato David Lee Roth, con o senza i Van Halen. All'indomani del suo addio alle scene (poi smentito con due date dal vivo, andate subito sold out ma immediatamente annullate causa impennata dei contagi covid negli Stati Uniti), abbiamo deciso di omaggiare l'artista con un'analisi della sua discografia, composta da soli 7 titoli. Non tantissimi, certo, ma quasi tutti intrisi fino al midollo di un livello qualitativo elevato, in alcuni casi addirittura esemplare, in cui vengono offerti archetipi di un rock divertente ma mai banale o scontato. Crazy from the Heat (1985) Il primo lavoro solista di David Lee Roth è un ep, non un lp, ed è più una esilarante incursione in una realtà alternativa, piuttosto che un progetto concreto. Tuttavia, è un'opera a dir poco determinante per il lancio della sua carriera solista. Realizzato quando è ancora in forza ai Van Halen (che, appena apprendono notizia della sua realizzazione, se la ridono a crepapelle), gli concede un successo così esteso da spingerlo a lasciare repentinamente la band poco dopo la pubblicazione. Contiene soltanto 4 pezzi, cover prive di qualsiasi connotazione heavy metal o hard rock: "California Girls", il singolo trainante, raggiunge il numero 3 della Billboard Hot 100, medesima posizione agguantata 20 anni prima dai Beach Boys, autori del pezzo; il medley che unisce "Just a Gigolo" e "I Ain't Got Nobody", invece, risale al 1956, ideato da Louis Prima combinando due pezzi precedenti alla seconda guerra mondiale (questa versione sale alla posizione numero 12 della Billboard Hot 100); completano la scaletta la altrettanto allegra "Easy Street", la più energica del lotto, e la riflessiva "Coconut Grove", rispettivamente di Edgar Winter e dei Lovin' Spoonful. Il disco vende più di un milione di copie nei soli Stati Uniti e viene certificato disco di platino dalla RIAA (Recording Industry Association of America). Eat 'Em and Smile (1986) E' il 33 giri che dimostra a tutti le capacità di David Lee Roth fuori dal suo gruppo madre. Dopo il divertissement "Crazy From The Heat", il singer capisce che deve mettere in piedi una band in possesso di un archetipo qualitativo analogo a quello forgiato fino a quel momento con i Van Halen. Deciso a fare le cose seriamente, riunisce veri e propri virtuosi dello strumento: i funambolici Steve Vai (chitarrista che aveva lavorato in precedenza con Frank Zappa, PiL e Alcatrazz) e Billy Sheehan (bassista proveniente dai Talas e che, per un breve periodo, aveva militato anche nei britannici UFO), lo sconosciuto ma altrettanto eclettico batterista Gregg Bissonette (che vantava collaborazioni con Gino Vannelli e il bassista fusion John Patitucci), ai quali affianca una manciata di ottimi turnisti. L'album colpisce nel segno: non soltanto sfonda, ma primeggia largamente anche sul contemporaneo lavoro dei fratelli olandesi, "5150", molto vicino ad un morbido synth-heavy-melodico che non convince affatto i fedelissimi di vecchia data (pur acquisendo una nuova fascia di sostenitori). Sebbene duri poco più di 30 minuti (come i primi lavori dei vecchi compagni d'armi), questo disco contiene una così estesa varietà di stili musicali, da coprire agevolmente l'ampio range che separa il pop dalla musica dura, soddisfacendo, così, una schiera di affezionati oltremodo estesa ed eterogenea. Il tutto è sublimato da una produzione impeccabile ad opera di Ted Templeman, che aveva prodotto tutti gli album dei Van Halen fino a quel momento pubblicati (abbandonati proprio per seguire il frontman). Il duo Vai/Sheehan propone un'efficace sincronizzazione tra complicate linee di basso e funamboliche parti di chitarra solista, creando una miscela - pare incredibile a dirsi - ancora più esplosiva di quella proposta anni prima dallo tsunami Eddie. In un colpo solo, l'album appare aggressivo, allegro, spensierato e professionale, sublimato da una copertina variopinta e multiespressiva che diviene ben presto uno standard iconico. "Yankee Rose", un omaggio ironico alla Statua della Libertà, dove Vai fa addirittura ridere sguaiatamente la sua chitarra, è un successo sia in radio, sia su MTV, entrando nella Top 20 di Billboard; l'altro singolo, "Goin' Crazy!", una sorta di pop con sporadiche connotazioni hard, raggiunge il numero 66 nella classifica Hot 100 di Billboard. E se con “I’m easy”, viene ripreso il discorso intrapreso nell'EP, le fulminee “Elephant Gun” e "Shyboy" (la seconda è una cover dei Talas), suonano come un monito diretto ai vecchi compagni di avventure, ricordando loro cosa sia l'heavy metal. Non è finita: “Big Trouble” e “Ladies’ Nite in Buffalo” regalano momenti di relativa pace, con ritmiche cadenzate, melodie suadenti, riffing ipnotici, "Tobacco Road" e "Bump and Grind" riportano l'asticella su livelli adrenalinici, “That’s life”, brano in precedenza portato al successo da Frank Sinatra, rappresenta il gran finale che sottolinea la volontà di divertirsi fino allo sfinimento. NB: questo album viene recensito nel dettaglio QUI. Skyscraper (1988) Pubblicato ad inizio 1988, "Skyscraper" è trainato dai singoli "Just Like Paradise" e "Damn Good", rispettivamente sesto e secondo posto nella classifica Hot 100 di Billboard. La sua diffusione divide pubblico e critica: la fatica discografica è meno variegata della precedente, priva di connotazioni divertenti e spumeggianti, alle quali l'organico preferisce una certa seriosità di fondo. Ciò che suscita qualche critica è l'uso massiccio di tastiere (la line-up si è da poco estesa a 5 elementi, includendo il tastierista Brett Tuggle), cosa che spinge ad effettuare sterili parallelismi con la seconda fatica dei Van Hagar, "OU812", musicalmente in linea con la direzione intrapresa con il successore di "1984". In realtà, il lavoro è caratterizzato da una indubbia qualità compositiva ed esecutiva: arrangiamenti curatissimi rappresentano il marchio di fabbrica di un'opera ottima, meno eclettica e variopinta della precedente ma, proprio per questo, certamente meno dispersiva. "Kuncklebones", con il suo riffing eccellente, è la nuova "Yankee Rose", mentre "Just Like Paradise" è il singolo ruffiano che ha il compito di scalare la classifica, forte di una melodia che rimane in testa e di un substrato chitarristico che unisce classe e velocità. E se "The Bottom Line" richiama la durezza dei primi Van Halen, "Skyscraper" stupisce, facendo addentrare la band in un alveo inedito, fatto di echi, sperimentazioni vocali, tastiere sospese e, ancora una volta, solismi di prim'ordine per mano dell'omnipresente Vai. "Hot Dog and a Shake" sembra rivestire l'incarico che fu di "Shy Boy" due anni prima, mentre la ballata "Damn Good", episodio inedito per un guascone come David Lee Roth, evidenzia una voce morbida che proietta l'ascoltatore in compagini sognanti intime e riflessive. Non un disco inferiore al predecessore, ma diverso e altrettanto essenziale che, invece di follia e divertimento, esprime eccellente linearità e stratificata complessità arrangiativa, grazie anche alla produzione del perfezionista Steve Vai (a cui, così dicono i credits, si affianca lo stesso David Lee Roth, ma nessuno ci crede). "Skyscraper" è un trionfo commerciale arrivando, appena un mese dopo il suo rilascio, al numero 6 della classifica Billboard Top 200 USA e all’undicesimo in quelle del Regno Unito, bissando ben presto la certificazione di platino dell'ep. Dopo questo album, nulla sarà più come prima: i contrasti insanabili tra David Lee Roth e i due virtuosi delle corde inducono questi ultimi ad abbandonare la band (Billy Sheehan si eclissa addirittura poco prima del tour, sostituito in calcio d'angolo dall'altrettanto virtuoso Matt Bissonette, fratello di Gregg), cosa che influirà non poco sulla popolarità di David Lee Roth, da questo momento in poi via via sempre calante. A Little Ain't Enough (1991) Appena esce, l'album viene letteralmente demolito: mancanza di orginalità, contenuti poco brillanti, idee trite, viene detto. E invece no! Se in termini di successo il disco rappresenta un fallimento, artisticamente è più che valido, presentando delle eccellenze indiscusse: la title-track e "Shoot It" non sono meno accattivanti ed efficaci dei passati singoli radiofonici, "Baby’s On Fire" e "It's Showtime!" appaiono quali vere e proprie iniezioni adrenalitiche (con il secondo pezzo che sembra letteralmente il seguito di "Hot For Teacher"), mentre "The Dogtown Shuffle" sembra ricalcare le atmosfere sospese già profuse nel brano "Skyscraper" e "Drop in the Bucket" dimostra che Jason Becker sa dosare benissimo estro, cripticità e ruffianeria. E gli altri pezzi non sono certamente da meno. Insomma, l'album è ottimo, privo di difetti (anche grazie alla produzione superba di Bob Rock), con limiti dovuti a situazioni oggettive, piuttosto che ascrivibili al talento dei musicisti coinvolti: in primis, non è facile per chiunque succedere a due mostri sacri come Eddie Van Halen e Steve Vai; inoltre, l'album viene pubblicato in piena esplosione grunge, movimento musicale che mise in difficioltà ben più blasonati musicisti dell'epoca; senza contare, infine, la competizione con gli antagonisti di sempre, che fino ad allora aveva visto vincere l'ex frontman, e che oggi pare persa, attesa la validità oggettiva di un album eccellente come "For Unlawful Carnal Knowledge". L'album è foriero di spiacevoli disavventure o disgrazie: poco dopo la sua pubblicazione, Diamond Dave viene pizzicato a New York mentre acquista materiale di provenienza giamaicana e si vede costretto a fare ammenda, comparendo in tv per reuperare un minimo di credibilità, mentre al talentuoso Jason Becker viene diagnosticato il morbo di Lou Gehrig (più comunemente denonimato SLA), evento che lo costringe ad abbandonare la band prima del tour (viene sostituito dai chitarristi Joe Holmes, già con Ozzy Osbourne e Lizzy Borden, e Desi Rexx dei D'Molls, a cui vengono affiancati il bassista Todd Jensen degli Hardline e i solidi Brett Tuggle e Gregg Bissonette). Il tour riscontra successo in Europa ma è un flop negli States (giova poco anche il supporto di band pregevolissime come Extreme e Cinderella), trasformandosi ben presto in un fallimento finanziario, dovuto alla scarsa partecipazione del pubblico (un terzo degli spettacoli viene cancellato a causa della contenuta vendita dei biglietti). NB: questo album viene recensito nel dettaglio QUI. Your Filthy Little Mouth (1994) Il quarto LP in studio di David Lee Roth c'entra poco o nulla con l'hard rock e l'heavy metal ma non per questo è da gettare, come viene impietosamente sentenziato da certa critica oltranzista. Terry Kilgore, il nuovo chitarrista reclutato dal frontman, è effettivamente un fan sfegatato dei primi Van Halen, per cui le premesse per qualcosa di adrenalinico ci sono tutte: ed infatti, alcuni brani vantano riff piuttosto efficaci, come "She's My Machine", singolo che riscontra anche un certo successo, o "Stay While the Night is Young", pezzo energico e veloce, lontanamente imparentato con "Shyboy". Purtuttavia, il primo dei due non risulta così spumeggiante come i singoli passati e l'energia granitica del secondo viene vanificata dall'ingresso improvviso di fiati a dir poco improbabili. E la forza che pure è espressa in "Your Filthy Little Mouth" è in realtà il frutto di una commistione tra AOR, Arena Rock e Southern radiofonico, sulla scorta di quanto fatto a fine anni '80 dai sudisti "38 Special". Il meglio di questo album, in realtà, si riscontra quando il singer e la sua cricca incedono in sonorità diverse da quelle hard del passato: spinge, in questa direzione, l'ottima produzione di Nile Rodgers, blasonato chitarrista e compositore che aveva un tempo guidato gli Chic e collaborato con molti artisti di rilievo, tra cui David Bowie e Madonna: "Cheatin Heart Cafe" è un honky tonk e "Land's Edge" è un blues rock alla Steve Ray Vaughan, mentre "A Little Luck" presenta ottimi fiati e "No Big 'Ting" si concretizza quale incursione addirittura nel reggae. E se "Night Life" sembra omaggiare B.B.King, "Sunburn" è di fatto una nuova ballata ma di stampo onirico, quasi ipnotico, un effetto non sgradevole, ma certamente inusuale per un guascone come David Lee Roth, che ora palesa un lato di sé quasi impegnato e riflessivo, sensazione che si prova anche ascoltanto "Experience". A dirla tutta, l'album è ottimo ma rappresenta una validissima incursione in contesti che in passato furono lambiti, cosa che il pubblico storico non riesce a perdonargli. DLR Band (1998) Quando pare a tutti che l'atletico cantante sia arrivato al capolinea, ecco il colpo da maestro, il genio puro, l'album più duro della sua produzione, capace addirittura di competere con i Van Halen storici (e di umiliare quelli contemporanei, in uscita nello stesso anno con un fiasco come "III", con Gary Cherone alla voce). Nel 1998, David Lee Roth sembra agli sgoccioli: accusato l'insuccesso del disco precedente e non più legato ad alcuna major, nutre un minimo di acredine nei confronti dei loro ex compagni, che gli avevano chiesto nel 1996 di presenziare agli MTV per promuovere il loro "Best of - Volume 1" (che includeva anche due pezzi inediti con lui alla voce), facendogli credere che sarebbe tornato nei ranghi, cosa che poi non si verificò affatto. Poco dopo, gli ex amici sono pronti per la pubblicazione di (un fiasco come) "III", ma lui già pensa a dare corpo ad un nuovo album. Registrato e mixato in dieci giorni (era successo soltanto nel 1979, con il secondo album della band di Pasadena), il disco viene prodotto da Bob Marlette (che vantava collaborazioni con Andy Fraser dei Free, Rick Springfield, Tracy Chapman e Wilson Phillips), e vede la presenza di un organico che, a dispetto del titolo, non incarna affatto alcuna band coesa ma riunisce semplicemente un nugolo di turnisti talentuosi: tre chitarristi (John Lowery - che poi avrebbe lavorato con Marilyn Manson, Rob Zombie e Mötley Crüe - Mike Hartman e Terry Kilgore) e due bassisti (Tom Lilly e lo stesso John Lowery, pur sotto lo pseudonimo di B'urbon Bob) ai quali si aggiunge lo sconosciuto batterista Ray Luzier, più tardi nei Korn. Il risultato è un album che letteralmente spacca: si va dai frenetici ed iperbolici shuffle a la Van Halen ("Slam Dunk!", "Counter-Blast", "Relentless"), al groove più blues di "Lose The Dress (Keep The Shoes)", passando per il rock meno dirompente ma ugualmente avvicente di "Wa Wa Zat!!", "Weekend With The Babysitter" e "Lose The Dress (Keep The Shoes)". E anche l'unico episodio non tirato dell'album, il conclusivo "Black Sand", è straordinario: introdotto da un arpeggio che pare richiamare atmosfere quasi celtiche, si sviluppa in maniera ipnotica, salutando delicatamente l'ascoltatore dopo averlo frastornato ripetutamente con quasi 50 minuti di musica ad alto tasso adrenalinico. L'assenza di laccate lucentezze, frivoli svolazzi e produzioni appariscenti, esenta questa fatica discografica da qualsiasi punto debole. Purtroppo, si tratta anche dell'opera meno conosciuta del biondo, venendo pubblicata privatamente (chi scrive la comprò all'epoca per corrispondenza, stante la mancata distribuzione nei negozi di dischi): la copertina (grazie alla quale viene etichettato quale "album di Bettie Page") non riporta alcuna indicazione riguardo alla presenza di David Lee Roth in organico, con la conseguenza che molti negozianti lo collocano semplicemente sotto la "D" di "DLR Band", invece di inserirlo assieme ai precedenti dischi o nella family dei Van Halen. La poca promozione e distribuzione dell'opera, la riluttanza di Roth ad intraprendere subito un tour di supporto (il cantante avvia l'attività dal vivo soltanto a 1999 inoltrato, proponendo una scaletta castrata quasi del tutto dai validi pezzi di questo album) e l'assenza in organico sia di John Lowery, sia di Mike Hartman (al loro posto viene scelto tale Bart Walsh, chitarrista di The Atomic Punks, tribute-band dei Van Halen), contribuiscono all'insuccesso del titolo che, nella prima settimana, vende 8.000 copie mentre arriva a totalizzarne 65.000 entro l'anno: sono cifre miserabili, per uno come David Lee Roth, il quale, se da un punto di vista artistico rinasce letteralmente, acquisendo nuova credibilità, in termini finanziari tocca letteralmente il fondo. Diamond Dave (2003) Il sesto e ultimo album in studio di David Lee Roth esce per la Magna Carta e, nonostante la presenza di un cast stellare (tra cui Nile Rodgers, Edgar Winter, Omar Hakim, James Lomenzo e i vecchi compagni di avventure Greg Bissonette e Brett Tuggle), si evidenzia quale vero passo falso: se c'è un punto debole nella carriera del singer, è qui, proprio con questo album (e duole che si tratti dell'opera conclusiva dell'artista). Egli è qui dedito a reintepretazioni di pezzi altrui di stampo pop, blues, soul e funky, nella maggior parte dei casi, peraltro, non sempre riuscite (complice anche una produzione maldestra, affidata al cantante con il supporto di Nathan Jenkins, Jeremy Zuckerman, Alex Gibson) ed inspiegabilmente titolate ex novo (così, ad esempio, "You Got The Blues, Not Me..." e "That Beatles Tune" sono rispettivamente le cover di "I'm Tired" dei Savoy Brown e di "Tomorrow Never Knows" dei Beatles). Quanto ai brani inediti, i credits mentono spudoratamente indicandone tre, giacché "Medicine Man" e "Act One", a firma del solo David Lee Roth, sono brevi (ed inutili) ritornelli demandati alla sola voce; discorso diverso merita "Thug Pop", pezzo che da solo vale l'acquisto dell'intero album: si tratta dell'unica performance a vocazione hard rock, con un eccelso Diamond Dave nell'apprezzatissimo ruolo di instancabile ed istrionico mattatore, che emerge su un tappeto di chitarre sbalorditive, non importa se in termini di assoli o di riff. Vanno inoltre segnalate le apprezzabili versioni di "Bad Habits" di Billy Field (di cui il frontman aveva già coverizzato "Baby I'm Easy", presente nell'acclamato "Eat 'Em And Smile"), e della nota "Ice Cream Man" di John Brim, qui presente in una rivisitazione credibile (non meno valida di quella, assai più conosciuta, portata al successo dai Van Halen), pur in chiave meno dura, con un'efficace sezione fiati in evidenza (si noti, e forse è per questo che spiccano in meglio rispetto agli altri, che entrambi i pezzi furono pescati da sessions risalenti al 1996). Invero, tre pezzi sono pochi per salvare un intero album dall'inceneritore. Da notare che, nel 2021, la Cleopatra Records divulga l'unica stampa in vinile del titolo, tirata in sole 500 copie (ne consegue che, ad oggi, l'unico album castrato della versione a 33 giri è l'ottimo "DLR Band"). NB: questo album viene recensito nel dettaglio QUI. Raccolte The Best of David Lee Roth (1997) Poco prima della pubblicazione di "DLR Band", la Warner pubblica, per mano della sussidiaria Rhino Records, il primo best of, attingendo ai primi 5 lavori. L'opera si evidenza per la presenza di un ottimo inedito, "Don't Piss Me Off", che vede la firma (anche) di Brett Tuggle e pare riportare il biondo su standard di livello (poi effettivamente confermati con l'album autoprodotto). Tuttavia, la tracklist appare non bilanciata: dall'ep vengono estratti ben tre pezzi, una scelta a dir poco criticabile, se si pensa che dal pregevole "A Little Ain't Enough" ne vengono prelevati altrettanti. Fine della storia: la scelta avrebbe potuto cadere su qualche rarità, pure presente in archivio, come "Kids in Action", cover dei Max Webster (di cui fu membro per brevissimo tempo Billy Sheehan), registrato durante le session del 1985 e poi rimasto inedito; per non parlare di "Big Trouble" in lingua spagnola, che presentava delle diversità, oltre che nel testo, anche nel missaggio (il singer aveva registrato due versioni di "Eat 'Em Smile", di cui una in lingua spagnola intitolata "Sonrisa Salvaje", letteralmente "Sorriso selvaggio", pare su suggerimento di Billy Sheehan, colpito da un articolo che asseriva che oltre la metà della popolazione messicana aveva un'età compresa tra i 18 e i 27 anni, un bacino di utenza perfetto per quel tipo di sonorità). Infine, non fu scelto di inserire alcun pezzo live, che pure mancava in tutta la discografia dell'artista (e manca tutt'ora). Greatest Hits: The Deluxe Edition (2015) Raccolta ancor più criticabile della precedente. Stavolta l'ep del 1985 viene addirittura riportato integralmente, a fronte di soli quattro pezzi - e si sottolinea quattro - estratti complessivamente da "Skyscraper" e "A Little Ain't Enough" (avete capito bene: non quattro per ciascuno, ma due a testa). Censurabile, in tal senso, la scelta di includere ben quattro pezzi dal meno avvincente "Your Filthy Little Mouth". Nessun inedito, assenza compensata maldestramente dalla presenza di "Loco del Calor", versione spagnola di "Goin' Crazy", peraltro inserita soltanto nel dvd aggiuntivo. Meglio il titolo precedente. |
Album in studio 1985 - Crazy from the Heat (lp/mc/cd - Warner Bros) tracklist Easy Street Medley: Just a Gigolo/I Ain't Got Nobody California Girls Coconut Grove personnel David Lee Roth – vocals Dean Parks – guitar on "Coconut Grove" Eddie Martinez – guitars Sid McGinnis – guitars Willie Weeks – bass John Robinson – drums Sammy Figueroa – percussion James Newton Howard – synthesizers on "Coconut Grove" Edgar Winter – keyboards, synthesizer, saxophone and backing vocals on tracks 1, 2 & 3 Brian Mann – synthesizer Carl Wilson – backing vocals on "California Girls" Christopher Cross – backing vocals on "California Girls" 1986 - Eat 'Em and Smile (lp/mc/cd - Warner Bros) tracklist Yankee Rose Shyboy I'm Easy Ladies' Nite in Buffalo? Goin' Crazy! Tobacco Road Elephant Gun Big Trouble Bump and Grind That's Life personnel David Lee Roth – vocals, backing vocals Steve Vai – guitars, horn arrangement on 3 Billy Sheehan – bass, backing vocals on 2, 3, 5, and 6 Gregg Bissonette – drums, backing vocals on 3 Jeff Bova – keyboards on 1 Jesse Harms – keyboards on 5 Sammy Figueroa – percussion on 5 The Waters Family – backing vocals on 10 The Sidney Sharp Strings – strings on 10 Jimmie Haskell – horn and string arrangement on 10 1988 - Skyscraper (lp/mc/cd - Warner Bros) tracklist Knucklebones Just Like Paradise The Bottom Line Skyscraper Damn Good Hot Dog and a Shake Stand Up Hina Perfect Timing Two Fools a Minute personnel David Lee Roth – vocals Steve Vai – guitar, horn (alto) Billy Sheehan – bass guitar, backing vocals Gregg Bissonette – drums, percussion, backing vocals Brett Tuggle – keyboards, programming, backing vocals Gary Falcone – backing vocals on tracks 1 and 9 Joe Pizzulo – backing vocals on track 1 Tommy Funderburk, Tom Kelly – backing vocals on track 2 John Batdorf – backing vocals on track 9 Magic Moreno – backing vocals on track 10 Dr. Funk, PhD – bass synthesizer Todd Grace, Richie Raposa – programming, keyboard programming 1990 - A Little Ain't Enough (lp/mc/cd - Warner Bros) tracklist A Lil' Ain't Enough Shoot It Lady Luck Hammerhead Shark Tell the Truth Baby's on Fire 40 Below Sensible Shoes Last Call The Dogtown Shuffle It's Showtime! Drop in the Bucket personnel David Lee Roth – vocals, harmonica, concept Jason Becker – lead guitar Steve Hunter – slide guitar, rhythm guitar Brett Tuggle – keyboards, vocals John Webster – keyboards Matt Bissonette – bass, vocals Gregg Bissonette – drums, percussion Jim McGillveray – percussion Derry Byrne – brass Tom Keenlyside – brass Paul Baron – brass Ian Putz – brass Marc LaFrance – backing vocals David Steele – backing vocals 1994 - Your Filthy Little Mouth (lp/mc/cd - Warner Bros) tracklist She's My Machine Everybody's Got the Monkey Big Train Experience Cheatin' Heart Cafe Hey, You Never Know No Big 'Ting You're Breathin' It Your Filthy Little Mouth Land's Edge Night Life Sunburn You're Breathin' It (Urban NYC Mix) personnel David Lee Roth - lead vocals Travis Tritt - co-lead vocals on "Cheatin' Heart Cafe" Terry Kilgore - guitar John Regan - bass Tony Beard - drums Larry Aberman - drums Ray Brinker - drums Steve Hunter - guitar on "A Little Luck" Richard Hilton - keyboard 1998 - DLR Band (cd/mc - Wawazat!! Records) tracklist Slam Dunk! Blacklight Counter-Blast Lose the Dress (Keep the Shoes) Little Texas King of the Hill Going Places... Wa Wa Zat!! Relentless Indeedido Right Tool for the Job Tight Weekend With the Babysitter Black Sand personnel David Lee Roth - Vocals, Harmonica (track 2) John Lowery - Guitar (tracks 1 - 3, 5, 8, 9, 13), Bass (aka "B'ourbon Bob" - tracks 1 - 3, 5, 8, 9, 13) Terry Kilgore - Guitar (tracks 4, 7, 11, 12, 14), Bass (tracks 4, 7, 12), Synthesizer (track 14) Mike Hartman - Guitar (tracks 6, 10) B'urbon Bob - Bass Tom Lilly - Bass (tracks 11, 14) Ray Luzier - Drums 2003 - Diamond Dave (cd/lp - Magna Carta) tracklist You Got The Blues, Not Me... Made Up My Mind Stay While the Night is Young Shoo Bop She's Looking Good Soul Kitchen If 6 Was 9 That Beatles Tune Medicine Man Let It All Hang Out Thug Pop Act One Ice Cream Man Bad Habits personnel David Lee Roth - vocals, harmonica (tracks 2, 9) Brian Young - guitar (tracks 1 - 6, 8, 11) Jeremy Zuckerman - guitar (tracks 2 - 4, 7, 8, 10, 11), accordion, Fender Rhodes piano (track 5), Hammond B-3 organ (tracks 2, 4, 7), percussion, programming Toshi Hiketa - guitar (tracks 5, 8) Nile Rodgers - guitar (track 13) Ron Richotte - guitar (track 14) James Lomenzo - bass (tracks 1 - 8, 11) Tracy Wormworth - bass (track 13) James Hunting - bass (track 14) Ray Luzier - drums (tracks 1 - 8, 11), backing vocals Omar Hakim - drums (track 13) Gregg Bissonette - drums (track 14) Alex Gibson - percussion (tracks 3, 8), accordion (track 3), mellotron (track 8), guitar (track 10), backing vocals Zac Rae - keyboards (track 6) Greg Phillinganes - piano (track 13) Brett Tuggle - keyboards (track 14) Scott Page - alto saxophone, baritone saxophone (tracks 1, 5) Edgar Winter - saxophone (tracks 13, 14) Lee Thornburg - trumpet, trombone (track 1) Jaime Sickora - cowbell (track 1) Nathan Jenkins - programming (track 10), producer The Crowell Sisters - backing vocals (track 13) Raccolte 1997 - The Best (cd - Warner Bros./Rhino Entertainment) tracklist Don't Piss Me Off Yankee Rose A Lil' Ain't Enough Just Like Paradise Big Train Big Trouble It's Showtime! Hot Dog and a Shake Skyscraper She's My Machine Stand Up Tobacco Road Easy Street California Girls Just a Gigolo/I Ain't Got Nobody Sensible Shoes Goin' Crazy! Ladies' Nite in Buffalo? Land's Edge Track 1 is a new recording, 1997 Tracks 14, 15 and 16 are from "Crazy from the Heat", 1985 Tracks 2, 6, 10, 13, 18 and 19 are from "Eat 'Em and Smile", 1986 Tracks 4, 8, 9, and 12 are from "Skyscraper", 1988 Tracks 3, 7, and 17 are from "A Little Ain't Enough", 1991 Tracks 5, 11 and 20 are from "Your Filthy Little Mouth", 1994 2013 - Greatest Hits: The Deluxe Edition (cd/dvd - Friday Music) tracklist cd California Girls Just a Gigolo/I Ain't Got Nobody Easy Street Coconut Grove Just Like Paradise A Little Luck I'm Easy Tobacco Road Goin' Crazy! Yankee Rose A Lil' Ain't Enough Sensible Shoes Hey, You Never Know Hot Dog and a Shake Land's Edge No Big 'Ting dvd Just a Gigolo/I Ain't Got Nobody California Girls Yankee Rose Goin' Crazy! Sensible Shoes A Lil' Ain't Enough Night Life Loco del Calor Dave TV Interviews Tracks 1 to 4 are from "Crazy From The Heat", 1985 Tracks 5,14 are from "Skyscraper", 1988 Tracks 6,13,15,16 are from "Your Filthy Little Mouth", 1994 Tracks 7-10 are from "Eat 'Em Smile", 1986 Tracks 11,12 are from "A Little Ain't Enough", 1991 |