Home Recensioni Album Banging Colours - Hallucinogenic Treasures from the Convolution of an Imaginative Brain

Banging Colours
Hallucinogenic Treasures from the Convolution of an Imaginative Brain

Cosa vi fa venire in mente il titolo "Tesori allucinogeni dalla convoluzione di un cervello fantasioso", ad opera di un gruppo che si chiama "Colori che sbattono"? 
Beh, si, ci avete azzeccato: il tutto riporta alle fantasiose e buone energie di fine anni '60, culminate con quella eccezionale "Summer of love" che tanto ha rivoluzionato su più fronti.

Orbene, esce alla fine del 2020 questo disco dei Banging Colours, gruppo asseritamente di fine sixties, vissuto dal 1967 al 1969, autore di un singolo e di quasi due ore di musica, tutto rimasto assolutamente inedito.
Di questo organico scarseggiano notizie in rete ove, invece, tutto ciò che lo riguarda viene associato a questa uscita discografica.
In sintesi, prima della pubblicazione di "Hallucinogenic Treasures from the Convolution of an Imaginative Brain" (sottotitolo: "1967-1969 - A Compilation"), il gruppo era del tutto sconosciuto, latitante nel web come altrove (vana la consultazione di riviste d'epoca e innumerevoli testi, tra i quali "The Tapestry of Delights" e "Scented Gardens of the Mind").  
Il comunicato stampa che accompagna l'opera, magnifica la band e i suoi fasti lontani: "Durante il breve periodo della loro esistenza, a Londra, dal 1967 al 1969, i Banging Colors, guidati dal tastierista e cantante Manny Wolfe, erano considerati una delle band più importanti e influenti del loro tempo. Spettacoli all'U.F.O. Club e al Middle Earth hanno accresciuto la loro reputazione come gruppo cult dei fan della psichedelia britannica. Le esibizioni congiunte con i gruppi principali della scena hanno consolidato questo status così come il loro innovativo spettacolo di luci, che ha fornito il pretesto per il nome della band".
La label Iapetus Media, continua la fonte, "ha meticolosamente frugato negli archivi di case discografiche, stazioni radio e studi cinematografici, portando alla luce un repertorio consistente. È stato pertanto possibile recuperare tesori mai sperati, tutti quasi sotto forma di nastri originali delle singole tracce, con una qualità di gran lunga migliore a quanto sperato." 
Quanto all'autore della copertina, Wes H. Bernatt, è sconosciuto pure lui e anche in questo caso si sprecano gli elogi a lui diretti: "uno dei disegnatori e degli illustratori più creativi di Londra, alla fine degli anni '60", si legge nel medesimo comunicato di cui sopra. Peccato che, ancora una volta, in rete non si trovi nulla a suo nome che non sia accostato alla band. 
Tralasciando considerazioni sul legittimo dubbio che tutto ciò sia il frutto di un fake ottimamente costruito, un apocrifo così ben pianificato che, al confronto, la "Donazione di Costantino" apparirebbe roba da "Banda degli onesti" (ce lo suggerisce, tra le altre cose, un audio fin troppo nitido e cristallino, per essere frutto di quegli anni pionieristici, oltre che commistioni sonore piuttosto avanti per l'epoca, delle quali parleremo fra poco), ci si limita, in questa sede, ad analizzare soltanto le musiche di questa uscita discografica, che è poi l'obbligo al quale devono ottemperare i critici musicali.
L'opera consiste in due dischi: nel primo sono riuniti il primo e unico singolo della band e ulteriori 10 pezzi che avrebbero dovuto costituire la tracklist di almeno un album; il secondo include una serie di jam sessions, live in studio e broadcast radiofonici che mostrano la capacità della band di dilatare i brani, improvvisando liberamente, talvolta abbracciando la causa squisitamente sperimentale, abbattendo così la formula stereotipata della canzone.
Orbene, se i Banging Colours fossero un'invenzione dei giorni nostri - che, in tutta franchezza, è ciò che pensa chi scrive - questo disco si segnalerebbe quale sommo e strabiliante tributo a quel fantasioso e articolato periodo musicale; se, invece, quest'opera dovesse raccogliere effettivamente musiche composte, suonate e registrate 50 anni fa, beh, ci troveremmo innanzi ad una scoperta a dir poco epocale: le sonorità più rappresentative di quel periodo sono qui sviluppate all'ennesima potenza dando vita ad un vero e proprio Big Bang creativo, decisamente impensabile in quel periodo. Questo doppio cd raccoglie tracce di surreale psychedelia, ondivago dadaismo, sperimentazione spiazzante e allucinante, specie nel secondo dei due (che richiama spesso i deliranti e stratificati abbagli sonori di "Ummagumma").
Per dirla alla maniera derivativa, è come se i Pink Floyd, sopratutto (ma non soltanto) quelli di Syd Barrett, si fossero uniti ai Soft Machine di Robert Wyatt e poi avessero deciso di farsi un giretto dalle parti di Canterbury portandosi dietro un paio di musicisti jazz.
Concludendo, siamo di fronte ad una cosa che suona eversiva e progressista oggi, figuriamoci 50 anni fa.
In ogni caso, che sia un progetto attuale abilmente costruito a tavolino o che testimoni un fortuito e provvidenziale ripescaggio in calcio d'angolo, beh, questo disco è da possedere a tutti i costi.



Manny Wolfe: Organ, Piano, Mellotron and Vocals
Keith Friedell: Violin, Mandolin and Musical Saw
Pekka Jokinen: Bass
Young Patel: Acoustic and Electric Guitar, Mandolin
Bas Ricken: Drums and Percussion

Anno: 2020
Label: Iapetus Media
Genere: Psych

Tracklist:
disc one
The Love And Fun Brigade (Full Stereo)
Evaporation Of Linearity 
If God’s A Fly
Tapestry Puzzle
Primrose Hill 
Ivica 
Waves
The Letter
Toward The Great Oneness 
Magic Theatre 
The Love And Fun Brigade (Mono Single)
disc two
Gustav Metzger Improv I 
Gustav Metzger Improv II
Gustav Metzger Improv III 
Gustav Metzger Improv IV
Gustav Metzger Improv V
Radio Session Improv I 
Radio Session Improv II 
Radio Session Improv III
Fool’s Parsley In Pills


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