Esce finalmente su formati più praticamente fruibili quali cd e vinile, dopo l’originale versione in cassetta, il quarto album di questo interessante act norvegese.
Il progetto del polistrimentista Hakon Oftung persevera nel suo viaggio a ritroso tra le arcane sonorità del progressive intriso di folk che, circa un quarto di secolo orsono, gettarono un meritato cono di luce sulla proposta degli Anglagard; ed è innegabilmente il gruppo di Anna Holgren la principale pietra di paragone che impugnerei con chi mi chiedesse di descrivergli in poche parole la proposta dei Jordsjo. Le atmosfere dei sette brani oscillano tra fasi più algide e momenti di improvviso fervore, la stessa cangiante dicotomia che porta Oftung a disimpegnarsi tra le atmosfere orientali del flauto dell’opener ‘Over Vidda’ con gli elementi più prevedibilmente nordeuropei di ‘Jord I’. ‘Finske Skoger’ richiama l’aureo universo dei Jethro Tull, con una chitarra tagliente che si interseca con un flauto di stretta osservanza Andersoniana. ‘La Meg Forsvinne’ ha invece nel mirino EL&P, soprattutto nell’emozionante break centrale condotto a tamburo battente da ispiratissimi tasti d’avorio. Su ‘Jord II’, sale al proscenio anche il violino, contribuendo ad accrescere la varietà strumentale di una band che, per chi si astenesse dalla lettura delle note sul libretto, suona a tratti come un’orchestra, pur essendo in realtà composta dal solo Oftung assieme al batterista Kristian Froland. Al solito, non vanno considerati a detrimento dell’opera i riferimenti con entità più celebrate: l’originalità spesso si nasconde tra le pieghe di audaci fusioni tra sonorità più conosciute. Ciò che davvero conta è l’elevato spessore di questo disco, che ha oltretutto il pregio di non raggiungere i 40’ di durata e di non dunque tediare per eccessiva lunghezza l’ascoltatore, un album che conferma la costante crescita di un ensemble ormai all’avanguardia della scena prog di questi ultimi anni. |
Robert Dall Frøseth: basso Anno: 2017 |