In queste pagine li avevamo lasciati qualche anno fa, parlando a a proposito di una delle tappe dei loro lunghissimi tour, che li avevano portati anche nel nostro paese.
Dopo il bellissimo Whitewater prodotto da Tony Levin e la raccolta Echoes che in realtà è una rivisitazione di alcuni pezzi di generi musicali variegati (e se si esclude anche Christmas Songs) ci troviamo finalmente davanti ad un nuovo album realizzato francamente dopo un lungo periodo, vista soprattuto l’intensa attività live che ha letteralmente assorbito questo straordinario trio negli ultimi anni. In Andromeda si torna alla dimensione più strettamente acustica del trio, dando un certo accento alla natura intimistica e alla ricerca di coesione tra le acustiche di Lams, Richards e Moriya. Nota curiosa: oltre a celebrare vent’anni di attività del trio, nella cover si è voluto omaggiare il ventennale del lancio del telescopio Hubble (l'artwork è ripreso appunto, da una foto scattata dal nuovo obiettivo del telescopio). Non mancano tuttavia in alcune sezioni, gli interventi di altri strumenti (il violoncello e l’elettrica in "Portland Rain" e "Turn of the Tide", l‘effettistica presente in "Cathedral Peak" e "Improv 7" ) che costituiscono un perfetto equilibrio (a detta dello stesso Lams), tra puro acustico e dimensione elettrica del Cg3. L’introduttiva "Cathedral Peak", crea un legame analogico con Cg3+2, in cui ritroviamo nella sezione ritmica di Eric Slick affinità con quella di Pat Mastelotto seppur questo brano risulta più tenue ed evocativo rispetto ai vari Dancing Ann e Melrose Avenue. Turn of the Tide di carattere sicuramente più classicheggiante, mostra equilibrio e leggiadria nella capacità dialogica dei tre musicisti, costruita attorno ad una struttura sonora circolare. Di natura affine sono le successive Improv 9 e Improv 8. Soprattutto in quest’ultima, si comprende bene il significato di raccoglimento edempatia musicale tra i musicisti, prerogativa fondamentale nella League of Crafty Guitarist in cui i tre si sono formati, acquisita mediante veri e propri esercizi collettivi come la circulation, sinonimo di disciplina e allo stesso tempo d’intuito sonoro. Il bagaglio del Cg3 ha profonde radici sia nella musica classica, come (ed in particolare) in quella di Bach ma spaziando in altri generi assai diversi come la musica gitana, blues e rock fondendoli sapientemente senza mai forzature. "Andromeda n'è il primo esempio. Qui a partire da un andamento piuttosto articolato e vivace, ove i tre si rincorrono nella prima parte, si procede nella successiva con una dimensione di stampo blues. "Chacarera" e "Hazardous Z" sono gli altri due esempi lampanti in cui troviamo, invece, un’anima maggiormente protesa verso un suono ed incedere latineggiante. Il brano che merita un ascolto intenso, per quanto riguarda la dimensione evocativa, è senza dubbio "Portland Rain". La plettrata ed il cupo incedere del violoncello ci restituiscono in pieno il picchiettare ed il dinamismo delle goccie di pioggia, in un’atmosfera dilatata e ricca di cromaticità, per poi esplodere nello straziante e teso solo di chitarra effettata. Andromeda è una delle più belle uscite del trascorso 2010 ed il Cg3 dimostra ancora una volta come una realtà così apparentemente di nicchia, sia invece davvero fruibile e catalizzante allo stesso tempo per l’ascoltatore. Il 2011 è l’anno del tour ventennale apertosi negli States, attendiamo con trepidazione, a questo punto, le date italiane. 80/100
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Paul Richards: Chitarra Anno: 2010 Sul web: |