La copertina del nuovo album dei “Deftones” è esattamente la rappresentazione fotografica di ciò che scorre al suo interno: la delicatezza del volo di un grosso stormo di fenicotteri contrapposta al titolo “Gore” (sangue). L’equilibrio è la caratteristica principale contenuta nell’ottavo lavoro della band di Sacramento che è stata capace di alternare momenti di temporanea tranquillità a periodi di estrema violenza sonora senza uscire dal percorso discografico intrapreso vent’anni fa. Degli anni novanta, quando i “Deftones” infuocavano la scena nu-metal, a dirla tutta, non rimane molto ma ciò è frutto di un’evoluzione artistica, nonostante la band non rinunci affatto al proprio DNA rabbioso di un tempo. La verità è che il quintetto americano è ancora vivo malgrado la morte, nel 2013, dello storico bassista Chi Cheng (sostituito da Sergio Vega) ed i dissapori con il produttore Matt Hyde licenziato in fase di missaggio di “Gore” e poi richiamato alla base per completare l’opera. Quattro anni di attesa dal precedente “Koi No Yokan” hanno generato grandi aspettative che sono state, a parer mio, ripagate da un disco che la band definisce diverso, meno ottimista, concepito all’interno di una piccola stanza e per la prima volta tutti insieme, cosa mai successa prima. “Gore” è una fresca fonte di ispirazioni da cui sgorga sicuramente tanta aggressività urlata dall’inconfondibile e graffiante linea vocale di Chino Moreno che dimostra di essere ancora molto incisiva. A dimostrarlo è proprio il singolo “Prayers/Triangles”: il testo svela una richiesta di aiuto per sconfiggere i demoni interiori, una preghiera melodica dalla calma apparente che muta nel finale mostrando un carattere impetuoso e violento. Il disco si specchia in un cielo sereno che, repentinamente, si popola di cumuli neri di inquietudine, all’interno dei quali matura una pioggia scrosciante scaraventata sulle note di “Doomed User”, “Geometric Headdress” e “Gore”, brani potenti ed immediati. L’arcobaleno psichedelico, successivo alla collera del temporale, è rappresentato dalle più melodiche “Hearts/Wires”, “(L)MIRL” e “Phanton Bride”, quest’ultima impreziosita dalla presenza di Jerry Cantrell, il chitarrista degli “Alice In Chains”. All’interno di ogni traccia si trova il classico sound pieno ed incontenibile delle chitarre che, in alcuni frangenti, placano la loro ira intrecciandosi con tastiere e campionatore mentre la sezione ritmica di basso a sei corde e batteria è precisa e ben calibrata. La band californiana provoca l’ennesima onda sonora a cui bisogna concedere più di un ascolto perché possa entrare nella mente. L’onda porta con sé le fredde e profonde sonorità heavy metal intiepidite dalle correnti new-wave e lo-fi che incrementano notevolmente la bellezza di “Gore”. Il nuovo percorso dei “Deftones” è segnato da un ritorno alle origini contraddistinto da curve sperimentali su cui sterzano rapide emozioni. |
Chino Moreno: voce, chitarra Anno: 2016 |