In Italia spesso si incontrano e si fondono culture differenti grazie alla posizione geografica ed alle innumerevoli contaminazioni di popoli che, nella storia, hanno contribuito ad un’evoluzione artistica del paese. L’arte possiede differenti volti d’espressione tra cui la musica che l’uomo, nel tempo, ha cambiato e rivoluzionato, creando una miriade di sfumature interessanti. Ebbene, per merito della musica e della mescolanza etnica, il 2016 vede la nascita di una nuova band: i Buñuel. Formato da Pierpaolo Capovilla al basso e Franz Valente alla batteria (Teatro Degli Orrori), Xabier Iriondo alla chitarra (Afterhours, Todo Modo) e Eugene S. Robinson alla voce (Oxbow), il supergruppo, disinteressandosi dell’estetica, punta esclusivamente alla sostanza e compone un tessuto sonoro che unisce il vecchio ed il nuovo continente. Capovilla e Valente sfruttano una pausa del tour de “Il Teatro Degli Orrori” per organizzare una jam session in cui coinvolgono Iriondo. In soli tre giorni di registrazione quel che ne esce fuori è straordinario, ma manca qualcosa, una voce, una magia, e così Pierpaolo pensa ad Eugene S. Robinson, lo storico leader californiano degli Oxbow, a cui manda una mail chiedendo se gli sarebbe piaciuto cantare in questa nuova band. La risposta non si fa attendere ed è affermativa. Dagli studi di Monte Vallier di San Francisco, Robinson registra le parti vocali che, combinate alla musica del trio italiano, forgiano un album duro come l’acciaio: “A Resting Place For Strangers". Alla band manca solo il nome: ispirata dal regista spagnolo Luis Buñuel, decide di chiamarsi come il titolo di uno dei suoi primi film ovvero Los Olvidados (I Figli Della Violenza), ma in America esiste già un gruppo con lo stesso nome e così Eugene propone semplicemente “Buñuel”, breve ed efficace. Il disco sembra partorito da un demone, possiede un sound ustionante carico di rabbia che viene attraversato da una tempesta elettrica generata dall’estro incontrollabile di Xavier Iriondo. Il chitarrista è a suo agio in questo mondo virtuale fatto di sperimentazione e distorsioni al limite dell’immaginazione. Uno schiaffo potente di post-hardcore mischiato al noise investe il viso di chiunque ascolti le nove tracce del disco. Capovilla e Valente godono di una complicità unica, generano un suono granitico e solido che manda l’ascoltatore dritto all’inferno in cui le urla di Robinson scuotono l’anima in un clima di terrore e smarrimento. “Cold or Hot” è il presagio oscuro a ciò che sta per accadere: l’ebollizione di un geyser che erutta poi brutalmente in “This Is Love”, primo singolo dell’album che coinvolge e sconvolge. Le pause non sono tollerate. Trenta minuti che raggiungono vette altissime di autenticità e franano velocemente sulle emozioni generando scosse di adrenalina. “Jesus With A Cock” ne è un esempio: brano caratterizzato da psichedelici cambi di tempo. “Dump Truck”, invece, si veste di riff ipnotici e corposi, mentre “Me + I” si colora della voce irrequieta di Kasia Meow sovrapposta a quella di Capovilla in una cornice di un rock stoner avvincente rallentato nella successiva “Smiling Faces Of My Children” teatralmente interpretata da Eugene. A mixare e masterizzare il disco ci ha pensato Giulio Favero, bassista de “Il Teatro Degli Orrori”, chitarrista degli “One Dimensional Man” nonché produttore di molti artisti della scena indipendente italiana. “A Resting Place For Stranger” è come una manciata di pezzi di vetro taglienti immersi in un barattolo di miele, tanto attraente quanto devastante. Un album potente da far sanguinare i timpani e provocare un certo sadismo sonoro. I Buñuel sono un tornado di innovazione che lascia senza fiato, il loro tour italiano è appena iniziato, avete tempo sino all’otto febbraio per gustarveli. Scendete all’inferno, per una volta non ve ne pentirete. |
Pierpaolo Capovilla: Basso elettrico Anno: 2016 |