Dopo l’ ottima pubblicazione in salsa fusion, Moonjune ci scaraventa piacevolmente verso lidi più impetuosi, con questo album d’esordio dei SH.TG.N, sodalizio originario del Belgio, composto da musicisti provenienti da esperienze musicali diverse che spaziano dalla classica al rock, passando per il jazz. Il gruppo non usa mezzi termini, prendendoci prepotentemente per mano ed accompagnandoci in un vortice tortuoso di sonorità ricche, come si evince subito nella intro “Dead Baby” o nella successiva “Deejays Should Have Low Self-Esteem”, un’ amalgama di sonorità dure tra stoner ed heavy metal. A queste prime, si congiungono linee più intricate con forti rimandi prog identificabili chiaramente in “Shotgun (Afraid Of)” o in “Erase Her Dad”. Si coglie immediatamente la capacità tecnica di tutti i membri, nel costruire strutture spiraleggianti, con repentini cambi ritmici che stuzzicano particolarmente l’ascolto. Sfumature di stampo crimsoniamo più recente, non mancano nella suddetta “Deejays Should Have Low Self-Esteem” e nella parte finale di “Black Beetle”. Personalmente “Camera Obscura” è uno dei pezzi interessanti: strutturato essenzialmente su di un riff di basso, in cui si sviluppa parallelamente la struttura intricata del vibes che accompagna il parlato di Fulco Ottervanger, per poi divampare a più riprese in interessanti schizoidi sezioni di chitarra. In questo brano Il gruppo senza alcuna rèmora, sfrutta stilemi jazz, ‘piegandoli’ in maniera decisamente poco ortodossa, al fine di raggiungere un mix esplosivo d’imprevedibilità della trama sonora e monoliticità dei pezzi, come avviene in “Eyjafjallajokull” ed in “A Glimpse Into Eternit” . Etichettare questo lavoro ad un unico genere è del tutto riduttivo, ma c’è da dire che questa band ha notevoli ed impetuose capacità, sia dal punto di vista della potenza espressiva dimostrata, che da quello strettamente tecnico. SH.TG.N merita, senza dubbio, un pizzico di attenzione soprattutto per il riuscito approccio sperimentale, di stravolgere strutture caratterizzate da movenze granitiche, adattandole a scelte più dinamiche derivanti dal free jazz. 75/100
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Antoine Guenet: Tastiere, voce Anno: 2012 |