Debutta, con questo Oil Tries to be Water, per la White Birch Records, la band toscana Werner, dedita ad delicato neo-folk sulla scia di una corrente che in questi anni sta riscuotendo un certo successo, soprattutto in ambito indie.
Dando un’occhiata ai credits del disco, una bella confezione in cartone (anche se la tracklist è un po’ sfocata..), l’occhio cade sulla formazione, per certi versi particolare : il terzetto si avvale infatti, oltre che della tradizionale chitarra (Stefano Venturini, anche cantante e compositore del progetto), dell’apporto di matrice più classica dato dal pianoforte di Elettra Capecchi e dal violoncello di Alessia Castellano, le quali, peraltro, sono presenti anche come seconde voci. Sin dall’incedere malinconico ma imperioso del walzer di piano che apre l’album (“Walzer for Annie”, appunto) e dal delicato ma fondamentale inserimento del violoncello, è evidente che il background classico che inevitabilmente accompagna questi due strumenti è la caratteristica più evidente e anche il punto di forza del trio, tanto è vero che, se alcuni in alcuni pezzi è una tipica chitarra folkeggiante a reggere il gioco e a spingerlo su territori più “pop” (“Brown Eyes”), in altri sono proprio il violoncello e il piano a farla da padroni, con la chitarra e la voce a fare da accompagnamento (bellissimo il cello in “Homesleeping”). L’atmosfera delicata e malinconica, a metà fra il rurale e l’onirico, che mi pare i Werner cerchino di creare, si sposa ottimamente con gli arpeggi di pianoforte e le entrate, ora improvvise ora graduali e soffuse, del violoncello, e forse gli episodi migliori del disco sono proprio quelli che lasciano spazio a questi elementi, distaccandosi un po’ dal neo-folk ormai più usuale (“Russians Sky”, “Blue Sea”, due belle suggestioni dal carattere un po’ paesaggistico). Sì, perchè, al di là del fatto che ci troviamo sicuramente davanti ad un prodotto ben confezionato, con delle belle composizioni ottimamente arrangiate e delle atmosfere efficaci ed affascinanti, è indubbio anche che Oil Tries To Be Water risente un po’ di un difetto proprio del genere in cui si inserisce: una certa monotonia nel sound e nei toni che, se giova all’organicità di un lavoro, non giova alla sua freschezza. Ben vengano, quindi, episodi più particolari, qualche leggero cambio di sonorità e mood (“Erik”), e quel tocco classico (per così dire) che mescola un po’ le carte. Non troverete, comunque, nulla di incredibilmente innovativo in questo debutto, ma, se, come credo, dal folk più che questo si cerca una certa atmosfera, sarà difficile rimanere delusi. 75/100
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Stefano Venturini: Chitarra e voce Anno: 2012 |