In realtà, la rivisitazione in scena in questi giorni al Teatro Brancaccio riprende piuttosto fedelmente gli intenti narrativi del musical americano che debuttò nel lontano 1982, a sua volta basato sull'omonimo film di venti anni prima, diretto da Roger Corman. La precisazione è doverosa se si considera che il lungometraggio degli anni '80 presentava un finale e una morale completamente diversi, entrambi incentrati sui presupposti rassicuranti del "lieto fine", mentre la trama dell'opera originale (che si tratti del musical o del primo film), era contraddistinta da una certa crudeltà di fondo, pur priva di rappresentazioni scabrose e sempre rivestita di connotazioni favolistiche. Sulla scorta di questi presupposti, la proposta odierna pone l'accento in termini allegorici sulle particolarità caratteriali più impervie e disagevoli dell'animus umano: sadismo, malvagità, perfidia e scelleratezza sono aspetti che, a vario titolo e con una certa ironia di fondo, vengono affrontati con chiara abilità recitativa dall'intero cast. In tal senso, appare assolutamente azzeccata la scelta di affidare il personaggio di Seymour a Giampiero Ingrassia (che pure lo interpretò trent'anni fa, nel primo musical rappresentato in Italia), perfetto nella parte del nerd candido e timido, a dir poco sublime nel tipizzare il modus comportamentale del suo alter ego di elementi spietati e vendicativi, senza mai privarlo del tutto di una certa ingenuità di fondo. La pianta interpretata da un essere umano è credibilissima e, dopo aver constatato de visu, viene spontaneo decretare che soltanto una Drag Queen (Lorenzo di Pietro, in arte Velma K) poteva riuscire nell'intento: la voce suadente, giocata sugli alti e bassi di un registro piuttosto esteso, il costume che coniuga abilmente archetipi sfarzosi e grotteschi, la postura altezzosa, sublimata dai movimenti incredibilmente melliflui di dita e braccia (rectius, i rami), ci fanno chiaramente intendere che nessun altro avrebbe potuto dare vita ad una creatura che si presenta in termini suadenti, bizzarri, caricaturali e magniloquenti in un sol colpo. Infine, una nota di merito va indirizzata sia a Belia Martin, vero e proprio usignolo canterino, sia al trio di coriste (una delle tre, Giovanna d'Angi, emerge per la sua graffiante attitudine black), che forse più di tutti è in grado di proporre un certo retrogusto anni '50, pur in un contesto chiaramente contemporaneo (un bilanciamento, quest'ultimo, che è anche merito di un regista attento, capace di far esprimere agli attori una certa sensibilità velatamente nostalgica). Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 22 febbraio 2022 |
LA PICCOLA BOTTEGA DEGLI ORRORI
GIAMPIERO INGRASSIA – SEYMOUR con ENSEMBLE SCENE: GIANLUCA AMODIO ADATTAMENTO E REGIA: PIERO DI BLASIO
PRODUZIONE: ALESSANDRO LONGOBARDI PER VIOLA PRODUZIONI IN COPRODUZIONE CON OTI (OFFICINE DEL TEATRO ITALIANO) E CON BOTTEGA TEATRO MARCHE
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