Il crogiuolo
Milano, Piccolo Teatro Strehler, dal 1° al 10 novembre 2022



Le storie si ripetono. L’uomo, in ogni tempo ed in ogni occasione, alla fin fine, cerca sempre e solo un nemico da combattere e mettere nell’angolo. Questa può essere in sintesi la morale de “Il Crogiolo”, l’opera che Arthur Miller scrisse nel lontano 1953 sull’onda delle esperienze personali vissute ai tempi del “maccartismo”.

Lui, preso di mira come molte altre persone ed intellettuali, spiato ed ingiustamente accusato di antiamericanismo, ha affidato al racconto di un processo per stregoneria del 1600 l’analisi di quanto vissuto e l’accusa verso chi usa la persuasione e la delazione per i propri fini o anche solo per le sfuggire alle proprie paure. Ecco, quindi, che la caccia alle streghe di Salem (realmente avvenuta) e la conseguente strage di persone con la benedizione di Scienza, Stato e Chiesa, diventa metafora delle psicosi a lui contemporanee e dei disastri a cui hanno portato.
E l’attuale reinterpretazione di Filippo Dini, con la sua scelta di far rivivere la vicenda in un luogo ed in un tempo imprecisato, estende la metafora alle follie odierne per cui le mille paure di ogni giorno - pandemia, disastro ambientale, incertezza nel futuro, povertà, nuove guerre… - stanno isolando l’uomo in un inconscio “lockdown” dove l’altro, il diverso, il “disturbante”, il "pericoloso" devono essere annientati anche a costo di azioni spregevoli: ieri le false testimonianze per spostare l’attenzione sugli altri, oggi le striscianti e gratuite accuse degli “haters” amplificate dalla tecnologia social, il bullismo sbandierato, la costante ricerca di una fazione contrapposta per avere uno scopo nella vita. E così l’ignoranza, il fanatismo, la paura portano alla distruzione della comunità, del senso di appartenenza, portano alla negazione di tutto ciò che contraddistingue il genere umano.
Molto bravi gli attori. Accanto a Dini che interpreta magistralmente Proctor, un misero e debole agricoltore che in preda ai propri istinti commette un adulterio con la giovane serva Abigail poi rinnegata per rimanere nel confortante ambito familiare facendole scatenare l’inferno, troviamo Manuela Mandracchia che interpreta la solida moglie a cui saranno rivolti gli strali e le accusa dell’amante. Eccellente poi la scelta di utilizzare, per le scene con le ragazze che da indemoniate diventano accusatrici, un gruppo di giovani appena diplomate che hanno reso ancor più che magistralmente l’ingenuità e la genuinità dei loro personaggi adolescenziali. Molto bravi anche tutti gli altri attori sulla scena, con citazione particolare a Nicola Pannelli - il vicegovernatore Danforth – a cui è affidato anche il ruolo di “narratore” che, ormai anziano e su una sedia a rotelle, fa da tramite tra la storia ed il pubblico introducendo all’inizio gli eventi accaduti ed i vari personaggi e raccontando alla fine di tutto quale fosse stato il desino dei sopravvissuti, a Fulvio Pepe – nel ruolo del reverendo Hale, l’esorcista - che arrivato a Salem dapprima alimenta la psicosi per poi accorgersi che un tale scempio non potesse provenire dalla volontà di Dio ma casomai dalla paura degli uomini per le cose che non capiscono e a Virginia Campolucci che riesce a rappresentare in pieno la difficile età della crescita dove la voglia di scoprire e fare esperienze non si sposa con le regole, ancora non assimilate, del vivere con gli altri e la paura per i castighi spinge a nascondere le proprie colpe. Una recitazione, la sua, che riesce ad “infastidire” perché troppo rappresentativa di ciò che non ci piace del mondo in cui viviamo.
Un dramma antico che sa di moderno che la regia ha trasposto in due atti: il primo, dalla narrazione “sopra le righe”, a descrivere gli intrecci tra il surreale e il paradossale dei fatti di Salem, il secondo, più misurato e psicologicamente kafkiano, a descrivere il processo che porta alla tragedia finale.
Miller chiude comunque la sua storia con un messaggio di speranza. La volontà del protagonista, che pur nella sua inettitudine decide di non dire ciò che i suoi accusatori desiderano sentire per salvarsi la vita, riabilita il “piccolo” Proctor nel suo il percorso di redenzione e sacrificio: causato il danno, riesce comunque a difendere la reputazione della moglie e la propria integrità.
Essenziali le scene ed i costumi rispettivamente di Nicolas Bovey e Alessio Rosati che sposano perfettamente gli effetti luce e le penombre affidati a Pasquale Mari.
Tre ore di puro teatro che non stancano il numeroso pubblico, che alla fine tributa una “standing ovation” agli attori chiedendosi "sotto sotto" quale sia il proprio nemico da combattere e se ne valga realmente la pena.



Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 1 novembre 2022.




IL CROGIUOLO
di Arthur Miller

con (in ordine alfabetico)Virginia Campolucci, Pierluigi Corallo, Gennaro Di Biase, Andrea Di Casa, Filippo Dini, Didì Garbaccio Bogin, Paolo Giangrasso, Fatou Malsert, Manuela Mandracchia, Nicola Pannelli, Fulvio Pepe, Valentina Spaletta Tavella, Caterina Tieghi, Beatrice Vecchione, Aleph Violascene e luci Gianni Carluccio

regia Filippo Dini

scene Nicolas Bovey,
costumi Alessio Rosati
luci Pasquale Mari
musiche Aleph Viola

produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Bolzano, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale








Piccolo Teatro Strehler
Largo Greppi - M2 Lanza
Tel. 02 21126116

Orari:

martedì 1 ore 19.30
mercoledì 2 20.30
giovedì 3 19.30
venerdì 4  20.30
sabato 5 19.30
domenica 6 16.00
martedì 8 19.30
mercoledì 9  20.30
giovedì 10 19.30


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