I pugliesi Alldead esordiscono con questo album completo senza nessun demo antecedente, "End Gates" per essere il primo lavoro assoluto non è male davvero, e se in appena 3 anni riescono ad avere questa maturità mi immagino cosa potranno fare in futuro, essendo nati appena nel 2011 dopo precedenti esperienze in altre bands. “End Gates” è un disco maturo, composto di 8 brani di cui riesco ad apprezzarne solo 7 poiché 'A jump in the absolute" salta, un debutto discografico autoprodotto con tutto a suo posto, una buona resa sonora, ottimi arrangiamenti ed una grande affinità con le band più navigate, un vero e proprio salto a piedi uniti dal più buio underground, ma parliamo di musica: il gruppo suona principalmente black metal seppure in una forma mitigata dal death e da input melodici, folk ed haevy metal tutti sapientemente miscelati in brani anche lunghi e strutturati che mai annoiano e quasi sempre colpiscono il target.Il loro sound è a due teste, da una parte l'aggressività fumosa e satura di zolfo, dall'altra l'anima melodica del metal tradizionale che naturalmente traspare dal loro background fatto anche di thrash ed arpeggi e cavalcate hard 'n' Heavy ed un carattere radicato anche nel metal estremo che prende a mani piene dal passato, e questo a me non dispiace affatto. La varietà della proposta non appare mai pacchiana ed alla lunga viene fuori il carattere dei musicisti che hanno trovato il giusto appeal ed equilibrio che sprigiona energia negativa ma anche molti picchi evocativi ed un massiccio uso delle atmosfere aggressive, sinistre ed arcane. Tant'è vero che il carattere dedito alle sonorità epico nordiche si dipana già dal primo brano, la bellissima "Ballad of The Dead" che aspra e di stampo scandinavo affonda le proprie origini in un ampio corollario heavy power con un sound che si fa nitido e quasi thrashy nelle parti finali in cui cambia anche l'approccio vocale prima di ricadere sul riffing iniziale che si assesta su ritmi black e death senza perdere potenza e quell'alone di arcano misticismo mediterraneo che è parte integrante dei gruppi di matrice metal proveniente dal sud dello stivale, quasi sempre più innovativi, coraggiosi ed originali. Lo stile del quintetto come dicevo prima già dal secondo brano "Last Journey" mostra la propria peculiare caratteristica di non stanziare in un unico ambito ma di esplorare vari generi e approcci musicali estremi senza dimenticare il metal puro e questo rende l'ascolto piacevole e mai noioso, ovvio la scelta di alcuni riff è di certo tradizionale, se non simile a qualcos'altro, ma nel contesto si può parlare di un sound attrattivo che deve quasi tutto alla formazione ed alla sua vena compositiva negli arrangiamenti e nei passaggi, da quelli più black/death a quelli epic heavy metal a quelli più death melodico, ad esempio la parte centrale di "Scent of Blood" è assolutamente da brivido dove le chitarre distorte lasciano spazio ad assoli e tocchi tecnicissimi e quasi classici. A parte tutto questo “End Gates” possa di brano in brano con un filo conduttore unico ma impreziosito da varie interpretazioni di stile, l'ossatura black-death è quella centrale, e nella mia song preferita "Black Light of Death" (il brano più aspro e diretto a parte il passaggio cristallino delle chitarre di breve durata) questo è palese, almeno per me, ma non è certo da sottovalutare la notevole capacità di toccare vari aspetti e l'essere inclini anche agli esperimenti a seconda del testo e di ciò che si vuole far trasparire; l'unica impronta ossessiva e certa è quella di una ritmica non troppo sparata e sporca come invece accade in certi tipi di black e death, non ci troviamo di fronte a velocità iper supersoniche ma a brani cadenzati dove il basso e la ritmica incidono in modo imponente e con un tocco lontano dall'estremo ad ogni limite, anche se le parti glaciali come 'Rotten Coscience' potrebbero trarre in inganno, infatti poi si ricade sempre in un gusto più sopraffino e tendenzialmente melodico (nota gli arpeggi a fare da accompagnamento alle ritmiche anche nelle parti più arcigne) ed un uso di suoni non per niente improvvisati. Quindi analizzati i punti di forza passiamo alle note a me sgradite, in primis, alcuni passaggi al limite con il thrash un pò tolgono anziché dare, si ricade leggermente nel già sentito, e questo anche in alcuni riff e scorci purtroppo (un esempio può essere riscontrato nella parte finale di A Jump in The Absolute), tra l'altro molto belli, è evidente poi un ponte verso la medesima evoluzione del black death della scandinavia di ispirazione anni '90, in quegli anni finali secondo me si è persa non poco quella malignità e quel marcio della prima decade e per questo temo che una maggiore presenza di heavy metal possa ulteriormente 'appiattire' se non si ha la naturale predisposizione del 'dosare' senza esagerare, non so se mi spiego. Alla fine, altra nota di merito, è la voce del Guerra (bel cognome, si addice al genere...) che davvero bene interpreta i vari mood dei pezzi senza mai stancare e senza uscire dal seminato, un cantante quindi che calza a pennello sugli Alldead; e allora che dire in definitiva? Il gruppo con questo esordio si becca in pieno la sufficienza, che dire, hanno stoffa e si sente, devono solo ulteriormente raffinarsi e trovare uno stampo ancora più personale che credo non tarderà ad arrivare concentrandosi maggiormente sui dettagli e sugli arrangiamenti in modo maniacale... Aggiungo un ulteriore nota dopo aver provveduto all'ascolto del disco.“End Gates” si spegne con il mastodontico pezzo “Something Dark Grows”, brano durissimo, molto granitico in cui si fanno largo la batteria stavolta assassina e la voce cattivissima in un crescendo che strizza l'occhio al death e per un attimo (3 attimi per l'esattezza) leggermente death melodico, black metal ed 'emotional' con tanto di voce pulita evocativa, un pò come saltellare su tre scogli tra un mare in tempesta. Promossi, vediamo che cosa ci regalerà il futuro... 85/100
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Antonio Guerra: voce Anno: 2014 |