K² è un progetto di Ken Jaquess, bassista degli Altlantis, che mette in piedi questo supergruppo prog.
Lo accompagnano in questa avventura niente meno che il grande Allan Holdsworth alla chitarra, Ryo Okumoto degli Spock's Beard alle tastiere completano la line-up John Miner alla chitarra, Shaun Guerin alla voce, Yvette Devereaux al violino e Doug Sanborn alla batteria. Il risultato ottenuto è questo "Book of the dead" un concept basato proprio sul famoso "Libro dei morti" egiziano. Si parte con una lunghissima suite, "Infinite Voyage" che da sola rappresenta la summa di tutta la costruzione musicale dell'intero lavoro, grandissima capacità tecnica, stilistica ed esecutiva dei musicisti, una lunga suite di assoli di tastiere, chitarre e violino, senza dubbio entusiasmanti che però inevitabilmente finiscono per trascinarsi stancamente fino ai più di 20 minuti di canzone. La seconda traccia, "Mirror of the spirit", così come la seguente "The edge of light" ricorda decisamente, i Genesis o i primi Marillion, centrale in questi brani la voce di Shaun Guerin."Aten" non è null'altro che un breve intermezzo strumentale in cui Ken da sfoggio della sua grande tecnica al basso. "Cloak Of Antiquity" si apre invece in perfetto stile Kansas per poi dare vita al momento più ritmato di tutto il CD, un pezzo che richiama molto gli IQ di Peter Nichols. In ultima analisi quindi, ribadisco che si tratta un buon disco di neo-prog, suonato magistralmente e che si lascia ascoltare fino alla fine ma ahimè troppo derivativo, troppo influenzato in tutte le sue parti per risultare originale, nessuna nuova idea, nessuna nuova ispirazione, semplicemente un dettato eseguito alla perfezione e nulla più, tutto il lavoro infatti si regge sui virtuosismi di Holdsworth con le sue scale rock/jazz, di Yvette Devereaux che riesce ad amalgamare un Violino classico nel sound decisamente rock con Ryo Okumoto e Ken Jaquess perfetti nello stendere il tappeto ritmico su cui danzano chitarra e violino, questa grande capacità tecnica sopperisce alla scarsa vena compositiva e garantisce quel plus di sicuro gradimento per gli amanti del Progressive, di certo non un capolavoro o un disco seminale ma comunque un lavoro alla fine più che godibile. 70/100
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Ken Jaquess: Basso Anno: 2005 |