L'impegno attivo che il Teatro Carcano dedica alla lotta contro la violenza sulle donne si è concretizzato attraverso una intera settimana, iniziata il 25 novembre, data commemorativa istituita dall'Onu nel 1999 in ricordo delle tre sorelle Mirabal, deportate, violentate e uccise il 25 novembre 1960 nella Repubblica Dominicana, con eventi e rappresentazioni volti alla sensibilizzazione e alla riflessione mirata sul tema. Mediante un sopraffino processo di identificazione e di intreccio dinamico di vissuti, la carismatica Monica Guerritore, autrice del libro da cui è tratta la pièce, immagina e rivive sul palcoscenico le tappe truculente del femminicidio della contessa Giulia Trigona, zia di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, dama d’onore della Regina Elena e consorte del Conte Romualdo Trigona, trovata senza vita il 2 marzo 1911, vilipesa da 27 fendenti ben assestati sul suo corpo nudo dal suo amante, il tenente di cavalleria Vincenzo Paternò, in un albergo di terz'ordine vicino alla stazione Termini a Roma. Leggio, seduta alta decentrata, una considerevole dose di emozione e il prodigio di ritrovarci traslati in quell'aula di tribunale del 1912 in cui si consumò il processo che ripercorse attraverso le testimonianze gli ultimi giorni di vita di quella donna sicuramente privilegiata, grazie al titolo nobiliare, ma non fino al punto da essere esente dall'inganno e dalla sopraffazione. Le stanze immaginarie dell' Albergo Rebecchino, cornice dell'efferato delitto, diventano nella rappresentazione ampolle di un misterioso flashback introspettivo in cui la monologhista si immerge facendoci rivivere le tappe della sua carriera attraverso le protagoniste, straordinario viatico di messaggi trasversali, di alcuni fra i monumentali classici della letteratura, della drammaturgia e della cinematografia. Ljubov' Andreevna Ranevskaja (Il giardino dei ciliegi di Anton Čechov), Marianne (Scene da un matrimonio di Ingmar Bergman), Gnà Pina (La Lupa di Giovanni Verga), la signorina Julie (August Strindberg), Emma Bovary (Madame Bovary di Gustave Flaubert) e infine il palese monito del rifiuto ideologico alla sottomissione attraverso Oriana Fallaci e Carmen. Adesso che i secoli ci restituiscono il fil rouge che lega i destini di innumerevoli donne, diverse fra loro e simili per anelata sete d'amore alla blasonata vittima, assoggettate al medesimo schema che le proietta inesorabilmente verso un tragico ed irreversibile epilogo di vita, possiamo edificare un sistemico percorso di consapevolezza che sfoci in autentica prevenzione diffondendo nella società, attraverso il teatro e l'arte tutta, la grazia, l'armonia e la soave leggerezza. La presente recensione si riferisce alla rappresentazione del 1° dicembre 2024 |
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