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DAP
Resonances

Doppia recensione a cura di "Eric" G. Laterza e Gabriele Martelli.

Opera prima per Andrea D’Apolito, che si presenta al pubblico con il nome d’arte DAP.

Trentenne, pisano, ormai da anni a Roma, DAP è un’artista completo: canta, suona chitarra e piano, scrive e compone da solo tutto l’album. Di fatto, quello che in partenza doveva essere un progetto acustico e solista, nel tempo si è trasformato in un lavoro corale che ha portato alla nascita di una vera e propria band composta da musicisti di prim’ordine.

Con l’attenta produzione artistica di Daniele Sinigallia (già chitarrista, tra l’altro, con i Tiromancino, Niccolò Fabi e Marina Rei), Andrea sforna un disco intimo ed essenziale di stampo cantautoriale.

Le intenzioni sono chiare sin dal primo brano, la chitarra e la voce calda (la mente va a Nick Drake, Eddie Vedder e a certe composizioni  di Tracy Chapman) costruiscono atmosfere pacate e rarefatte che ritroveremo durante tutto l’ascolto di Resonances.
Eye for an eye” porta con sé echi dei Dire Straits più morbidi, “Stand back” è il vivace e accattivante singolo,  “Stromboli” emoziona con il suo pianoforte profondo e la voce  femminile di Sara Sileo che si fonde all’unisono con quella maschile del protagonista; il pezzo è un mirabile esempio di  prog moderno fatto di suoni e colori cari a Steven Wilson (guru del genere) o agli Anathema (quelli di Weather Systems).

Anche se le influenze sono molteplici, in generale il  folk, ma anche il country (“Come when I call”), gli  sprazzi grunge (Pearl Jam, Soundgarden - si presti attenzione alla voce filtrata di “Independence Day”) e  la bossa nova della conclusiva “Pearl”, il disco è molto omogeneo e compatto.

Il filo conduttore sta nella poesia che pervade musica e testi e negli arrangiamenti vellutati, mai invadenti e carichi di sfumature che portano ad un risultato finale raffinato e organico. 
Senza timore di esagerare possiamo dire che se Resonances fosse uscito in America avrebbe potuto tranquillamente competere con Higher Truth di Chris Cornell, perché  fotografa un’artista davvero in stato di grazia.

E a proposito di fotografia, per finire, occorre menzionare quanto fatto per l’artwork: l’involucro principale del cd è in cartoncino con un ritaglio centrale a mo’ di cornice che di volta in volta può contenere e mostrare le varie pagine (sciolte) del booklet, pagine che da una parte raffigurano alcune Polaroid scattate dal cantautore e dall’altra riportano i testi o le note di ringraziamento, cosa che rende la copertina sempre diversa e intercambiabile (a memoria, una cosa simile si era vista solo nel 1995 per il disco Your little secret di Melissa Etheridge).

"Eric" G. Laterza

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Resonances del cantautore romano Andrea D’Apolito in arte DAP è un disco che sin da subito si presenta come un prodotto di serie A,  con  un packaging ricco ed originale.
Procedendo all’ascolto si nota un’ottima padronanza della lingua inglese, sia sotto il profilo della pronuncia, sia per quanto riguarda il ricco vocabolario che caratterizza la composizione dei testi: è chiaro sin da subito il taglio internazionale di questo disco che vanta anche un'ottima produzione.
Crossroads”, brano di apertura, non è l’ennesima versione del classico di Robert Johnson, bensì una song acustica dal pregevole arrangiamento nella quale si nota subito il calore e la piacevolezza del timbro vocale di DAP.
La successiva “Eye For An Eye” ha ottime linee melodiche: il sound nel complesso, il modo di cantare e lo stile chitarristico risultano fortemente influenzati dalla Dave Matthews Band, probabilmente una delle maggiori fonti di ispirazione per il cantautore romano, come dimostra anche “Stand Back”, brano di punta del disco.

Stromboli” si apre con un intervento di voce femminile (Sara Sileo), una breve introduzione dal sapore new age/mediterraneo (come da titolo). Qui la chitarra acustica è a riposo, sostituita nel ruolo di ossatura del sound dal pianoforte con arpeggi veloci, sul quale si stagliano melodie vocali che richiamano a tratti lo stile di Joni Mitchell. “Come When I Call You” è un rock acustico molto ritmato, caratterizzato da interventi di chitarra elettrica con uno stile vagamente country ed un ritornello molto efficace.
Uno dei momenti più interessanti del disco è “Indipendence Day”, episodio inizialmente acustico che si elettrifica man mano, fino a diventare davvero trascinante nel finale. L’influenza country è ben presente anche in “Not Again”, canzone dall’arrangiamento apparentemente scarno ma estremamente studiato: ogni strumento è al suo posto ed ogni intervento è ben calibrato.

L’album si chiude con “Pearl”, dove elementi più “etnici” (percussioni in primis) condiscono l’arrangiamento e regalano un quid in più al suono generale della band. La sezione strumentale iniziale è davvero pregevole e regala al disco un momento diverso, pur restando ben coerente con il mood di Resonances.

Questo lavoro in studio dimostra come DAP abbia un proprio stile di songwriting e sia pronto ad affermarsi al pari di tante realtà musicali attualmente ben più osannate. Se ad un disco come Resonances verrà affiancato un live act ben studiato, magari con un  po’ più spazio per momenti strumentali coinvolgenti (e sia DAP, sia la band, sono ben in grado di farlo), sicuramente questo progetto desterà l’attenzione di un pubblico molto ampio.

Gabriele Martelli


DAP Andrea D'Apolito: Voce, chitarra e piano
Claudio Toldonato: Chitarra
Toto Giornelli: Basso
Antonio Marianella: Batteria


Guests
Daniele Sinigallia: Chitarra acustica (1), chitarra elettrica (6)
Emanuele Jorma: Chitarra elettrica (2,6)
Sara Sileo: Voce (4)
Paola Fecarotta: Tromba (4)
Vahimiti Cenci: Voce (7)
Alessio Magliocchetti Lombi: Chitarra National resophonic (7)

Anno: 2015
Label: Toto Sound Records
Genere: Rock, Folk, Cantautorato

Tracklist:
01. Crossroads
02. Eye for an eye
03. Stand back
04. Stromboli
05. Come when I call
06. Independence Day
07. Not again
08. Pearl

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