Quando le prime indiscrezioni annunciarono la futura uscita di un secondo album degli Airbourne: No guts, No glory, la domanda era lecita: avrebbero provato qualche nuova strada, o ci avrebbero riproposto lo stesso AC/DC stile di “Running Wild”? Ovviamente la seconda. La domanda che, di conseguenza, nasce inserendo il cd nello stereo, è: riusciranno a farci divertire senza cambiare una virgola, o ci annoieranno? “Born to Kill”, prima, traccia del disco, cerca di rispondere, partendo con un solo a basso volume ed esplodendo dopo pochi secondi nella solita strofa scuoti testa degli Airbourne. Il coro non delude: “Born to Kill is a way of life”: la potenza è ancora quella, senza dubbio. Si prosegue col singolo di lancio, “No Way But The Hard Way”: il ritmo è cadenzato, l’incedere più lento. Le intuizioni melodiche in sede di linee vocali e cori non mancano (il ritornello ti entra proprio in testa), e il pezzo è senza dubbio valido, ma la somiglianza con gli AC/DC degli Airbourne privati di furia e velocità, è un po’ troppo pesante (si veda l’intermezzo con voce roca da bettola). La successiva “Blonde Bad and Beautiful” è una track abbastanza debole, con “Raise the flag”, un pezzo sul rock (ma và) con un ottimo ritornello, l’album si attesta su livelli più alti, paragonabili a quelli dei pezzi forti di “Running Wild”. Si continua bene con “Bottom of the well”. Anzi, benissimo: si tratta di una canzone che non solo diverte, ma aggiunge qualcosa di nuovo al solito discorso; non parliamo di un cambio di genere, ma una serie di elementi, fra i quali le linee di chitarra, lo rendono un pezzo meraviglioso che va ascoltato assolutamente. “White Line Fever” non lascia particolarmente il segno, lasciandosi ricordare solo per il riff portante, molto simpatico. Come nel caso di ”Raise the Flag” dopo “Blonde Bad, ecc”, ad un pezzo debole ne segue uno ottimo: “It ain’t over ‘till it’s over” è un pezzo bellissimo nella sua semplicità fatta di una furia iperveloce a metà fra il punk e una versione riveduta del r n’r anni ’50. Un crescendo di chitarre e batteria annuncia “Steel Town”, un altro pezzo che va dritto al bersaglio con un chorus efficace un buon connubio bridge-solo. Traccia numero 9, “Chewin’the fat”, un simpatico pezzo molto easy-listening, che potrebbe avere delle buone possibilità come singolo radiofonico. “Get Busy Livin”, invece, risulta essere leggermente meno coinvolgente rispetto agli altri pezzi, riprendendosi solo verso la fine. Discorso diverso per “Armed and Dangerous”, un pezzo spacca-sassi, con un basso martellante e un chorus assassino davvero efficace. “Overdireve” non scorre senza infamia né lode, “Back on the Bottle” chiude l’album con un coro ed un breve bridge degni di nota. 80/100
Sergio Sciambra
A 3 anni di distanza dal discreto debutto, tornano oggi gli australiani Airbourne carichi di un feedback da parte del pubblico notevole accumulato anche grazie alle incandescenti esibizioni. Vuoi un pò che la geografia aiuta quando devi fare determinati paragone, ma il primi disco della band ci aveva ricordato molto gli AC/DC dell'era Bon Scott, una versione meno intellettuale dei Thin Lizzy ed i Motorhead meno anfetaminici (in tal senso, autorevole la benedizione di Lemmy Kilmister presente anche in un loro video). 58/100
Fabio "Stanley" Cusano |
Joel O'Keeffe: Voce e chitarra Anno: 2010 Sul web: |