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Silent Kingdom
Path To Oblivion

Ecco un disco che colpisce, un disco che sin dal primo ascolto fa si che l'ascoltatore venga rapito da un turbinio di sensazioni; questo é un vero e gran bel pezzo di underground, musica si estrema ma ricca di sfumature e non per questo stravolgenti. Loro arrivano dalla Bosnia Erzegovina, precisamente dalla martoriata che fu Sarajevo. Dal set fatto di ben 11 brani, di cui tre strumentali, si evince un tanto compatto quanto affinato background, l'esperienza e la perizia tecnica sono in primo piano e dato che la band é in attività da ben oltre un decennio é facile capire che qui ci troviamo di fronte a musicisti più che mai affiatati.
Se poi aggiungiamo che al loro death metal con strizzatine d'occhio al black c'è anche tanta melodia, un approccio al limite con il progressive e una base etnica ben accesa allora si che si può tranquillamente parlare di piccolo capolavoro, senza dubbio uno dei dischi underground migliori del 2011.

Innanzi tutto c'é la componente importante che non si tratta di una release 'leccata', e che non siamo al centro di un tormentone modaiolo, il sound del gruppo è certo ancorato a retaggi del passato, quindi vero metal estremo ma al contempo i Silent Kingdom si sono studiati un cammino tutto loro, uno stile magnifico supportato da un lavoro chitarristico ineccepibile e da una sezione ritmica tecnica ma potente, la voce di Amir Hadzie, vero leader del gruppo e mente ‘compositiva’, é corrosiva e rauca al punto giusto, senza sbavature dona ai brani quella teatralità necessaria per l'interpretazione e tutto sommato un tono ancora più estremo, un quasi bilanciamento alle tante trame musicali che compongono gran parte del cd.
Diciamo che c'è poco da eccepire, il disco è da ascoltare, interiorizzare e custodire gelosamente perché rischia seriamente di divenire presto culto per i veri intenditori di musica estrema.

Il quarto album della band bosniaca é quindi questo Path To Oblivion, ed ho già menzionato la vena progressive determinabile dal sound delle chitarre ma anche il black metal é certamente meno accentato che nelle precedenti release ma ben chiaro specie in brani dove lo strapotere dei riff cattivi delle chitarre e sezione ritmica si abbandonano ad un mood più scarno (senti la track 'Drown them back to sleep' dove dietro il microfono trova sfogo il cantante Morean dei già noti Dark Fortress). Il gruppo poi integra spesso all'interno dei suoi brani musica etnica tradizionale della Bosnia ed il tutto assume delle assonanza-dissonanza quasi 'orientale' molto suggestiva e poetica.
Un altro featuring è il chitarrista Pavel Jeřábek della progressive band Edain e la produzione del disco é a cura di Petr ‘Blackosh‘ Hošek nei suo Descent Studio (Cales, ex-Root) il quale si cimenta anche in alcune parti come autore di un brano.
Le tracce vincenti sono quasi tutte tanto è vero che non mi sembra appropriato fare un paragone o sceglierne una a caso, sin dalle prime note di 'Under your might' si viene presi da una attenzione che trascina, il vigore sonoro é del tutto ineccepibile, il lavoro delle tastiere che quasi come un risveglio da un arcaico torpore si fa strada cristallizzandosi attraverso un cammino fosco e misterioso, il disco sa di zolfo che si erge nell'esplosione di 'From dust' una micidiale traccia cadenzata dove asce affilate battono sulla ritmica e rimandano al risveglio di una bestia contornata da un bestiale (scusate la ripetizione) intreccio di chitarre in assolo dal timbro folk accompagnato dalle tastiere e synth, velate di ancestrali echi mistici.
Ed il susseguo del disco é un concentrato di song ammalianti e cattive al medesimo tempo, come non parlare di 'Above the bed of stones' più sottomessa delle altre, quasi una sofferta nenia mortale con un muro sonoro devastante (sentire il lavoro del batterista) ed un collegamento a filo continuo tra solos liquidi e ipnotiche danze progressive di tastiera, spiragli di sole tra un nero muro impattante.
Ed arriviamo quindi al pezzo che più si distingue dagli altri, brano adattato alla voce di Morean dei Dark Fortress, un brano che piacerà anche a chi non è propriamente aderente allo stile dei Silent Kingdom, quel tocco in più che fa comprendere che in qualunque genere si cimentino i cinque niente é lasciato al caso, ascoltare per credere. 'Path To oblivion' si apre con un sibilante ritornello oriental style per poi ingrossarsi di vari accenti con il proseguo dei secondi, appena entra poi la batteria si dibatte a valanga il vincente ritornello con voce e chitarre ancora una volta in piacevole contrasto, sezione ritmica contro solos e inserti tastieristici, il brano sboccia e si illumina di luce propria in un chiaro-scuro assolutamente coinvolgente.
Seguono 'Straight into sun', che segna uno spartiacque e l'ingresso nella parte forse più criptica e devota alle origini tradizionali e da qui in poi, dopo la strumentale acustica 'Old ones', si riparte con 'All hails to our soil', un macigno di lava semi-fusa che si abbatte senza lasciare scampo in cui la voce di Amir é ancora più efficace e idonea al pezzo con i suoi growl e stridori in sovra-incisione, sembra quasi di sentire, a tratti, vecchie cose dei Dark Tranquillity, il brano è fiero così come la sua natura di vero e proprio inno. 'The world beyond' non lascia adito a sorprese, la linea é quella di martellare con raziocinio, é un progressivo incedere il tanto giusto 'evil' ma con discrezione e moderatezza, un perfetto equilibrio che non lascerà certo delusi gli ascoltatori più fini.
Si chiude con "What lies below", seguita dalla strumentale "The knell", è il momento di godersi le ultime tracce, e proprio '[b]What lies below' chiude come la classica ciliegina sulla torta, un magnifico ed altisonante pezzo dai riflessi sgargianti, un brano che piacerà anche ai cultori della musica epica in ambito metal e magari ai power metaller più sporchi seppure qui siamo in ambiti estremi e lo ribadisco.

Sulle note della finale "The knell", imponente e nostalgica, mi appresto a ri-premere il tasto ‘Play’ perché questo disco mi ha entusiasmato davvero, lo consiglio vivamente a tutti coloro che seguono l'evoluzione del death e black metal...
Sottolineo la grafica ben curata del booklet e dell’intero cd ed il grande sforzo profuso dalla collaborazione tra la ceca Zero Budget Productions e l’italiana Raptures Asylum Productions in un periodo in cui ci vuole del coraggio per produrre dischi seppure belli come questo.

88/100


Amir Hadzic: Chitarra, tastiere, voce
Edin Cehovic: Chitarra
Emir Cehovic: Basso
Stefan Komljenovic: Batteria
Amir Cefo: Tastiere

Anno: 2011
Label: Raptures Asylum Productions/Zero Budget
Genere: Melodic Death Metal/Black Metal/Folk Metal

Tracklist:
01. Under your might (instrumental)
02. From dust
03. Above the bed of stones
04. Drown them back to sleep
05. Path to oblivion
06. Straight into sun
07. Old ones (instrumental)
08. All hails to our soil
09. The world beyond
10. What lies below
11. The knell (instrumental)

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