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Luigi Rinaldi

E’ un piacere per Artists & Bands intervistare Luigi Rinaldi, un ottimo chitarrista, poco conosciuto, ma che consiglio vivamente a chi ama il mondo delle sei corde e per lo più lo stile neoclassico. Ciò che segue è il resoconto di un’intervista al chitarrista. La parola quindi a Luigi Rinaldi.

- A&B -
Ciao Luigi, come va? Presentati ai lettori di Artists & Bands
- Luigi Rinaldi -
Ciao! Sono Luigi Rinaldi, un chitarrista solista sulla scia dei guitar heroes anni '80 e sono orgoglioso di ricevere questa intervista da Artists&Bands. Dato che intaso da anni siti specializzati con miei riffs, può darsi che qualcuno di voi ci abbia già sbattuto contro, quindi forse sa chi sono. In caso contrario, benvenuti a bordo!

- A&B -
Cosa o chi ti ha spinto ad imbracciare la chitarra per la prima volta?
- Luigi Rinaldi -
Ho iniziato a suonare quando avevo tra i 16 e i 17 anni, ascoltavo molto heavy metal. Credo che ho iniziato spinto dal fatto che il suono della chitarra distorta mi piaceva tantissimo e il solo ascoltarla non bastava più.

- A&B -
Parliamo del tuo primo cd, come sono nati i brani?
- Luigi Rinaldi -
I brani sono stati scritti per lo più diversi anni fa. Diciamo che dal 2003 ho iniziato a scrivere dei brani per chitarra solista e a farli girare su internet. Col tempo ho iniziato a farmi conoscere nell'ambiente chitarristico italiano e straniero e a ricevere graditi responsi sia da comuni navigatori/ascoltatori che da esperti del settore. Questo mi ha dato la fiducia per decidere di inciderli, ma essendo quello del chitarrista il mio secondo lavoro, tra un impegno e un altro, più le varie rielaborazioni dei brani, sono arrivato a registrare solo nel 2008. Non sono il tipo che registra la prima cosa che reputa buona, ascolto i pezzi e li rielaboro tante volte fino a trovare il compromesso che mi sembra migliore. Seguo da sempre una logica secondo cui se crei un riff che suona bene, non devi fermarti e lasciarlo lì com'è, perché sicuramente puoi trovare la strada per renderlo ancora migliore. Questa però è un'arma a doppio taglio, perché si rischia di non registrare davvero mai! E soprattutto non vuol dire che io sia riuscito oggettivamente a rendere migliori i miei stessi riff...ma questo non lo si saprà mai, dato che le vecchie versioni le ho solo io. Ci tengo a precisare però che questo non vuol dire comporre brani estremamente elaborati o lunghi. Il "compromesso" rientra sempre nei canoni del tipo di pezzo che vuoi. Ad esempio "Day Of Thunder" è un brano dalla struttura abbastanza semplice, ma anch'esso rielaborato più volte per trovare quello che secondo me era un giusto connubio tra solidità e praticità, le caratteristiche che volevo per il primo brano dell'album.

- A&B -
Cosa intendi per "Undisciplined Robotic Ensemble"?
- Luigi Rinaldi -
Spero di non deludere nessuno rispondendo a questa domanda...come sapete ho inciso l'album utilizzando soprattutto macchine virtuali, escluse ovviamente le chitarre. Ancora non avevo deciso per il titolo dell'album e intanto nello studio di registrazione succedeva che a volte queste macchine virtuali facessero strani scherzi, frequenze che sballavano senza un visibile motivo, suoni che cambiavano senza motivo da una fase precedente ad una successiva e che poi tornavano normali...insomma sembrava che avessero una propria volontà! Quindi nella registrazione sono stato assistito da una formazione robotica indisciplinata. Ho preferito "robotico" a virtuale, perché mi da più l'idea di una figura fisica con la quale ti puoi incazzare.



- A&B -
Il tuo genere è molto legato al neoclassico, come mai?
- Luigi Rinaldi -
Perché il neoclassico resta il mio genere preferito. Io ascolto molti tipi di musica, ma il neoclassico è quello che mi da più sensazioni. Quando lo ascoltai la prima volta fu davvero un colpo di fulmine e in tutte le bands in cui ho militato, dal rock al death metal, ho cercato di portare un tocco di neoclassico. Però solo il neoclassico non potrebbe riuscire a descrivere tutto quello che ho in testa, così un mio album non potrà mai essere solamente neoclassico. Anzi, riformulo la frase...io non sono così bravo da riuscire ad esprimere tutto ciò che voglio solo attraverso il neoclassico, hehehe!!!

- A&B -
Le tue influenze musicali?
- Luigi Rinaldi -
I miei primi chitarristi di riferimento sono stati Y.J. Malmsteen nelle sonorità e Frank Gambale nello studio.
Ma la mia maggiore influenza è stata Tony Macalpine. Il neoclassico "classico" alla Malmsteen, Bellas, Vinnie Moore è senza dubbio troppo ripetitivo. Di Macalpine mi piace molto come spazia tra i generi mantenendo sempre un'ombra neoclassica più o meno evidente. Non amo tutti i suoi album, ma posso dire che "Premonition" sia un disco che avrei davvero voluto scrivere io. Poi il trash/death metal. Ho militato molti anni nell'underground death metal, anzi posso dire di aver messo su la prima cover band dei Death del sud Italia. Era la metà degli anni '90 e quando suonavamo dal vivo la gente si chiedeva di chi fossero quei pezzi avanti anni luce rispetto al death metal bicorde che suonavano tutti...qualche anno dopo i Death spopolarono. La musica classica; ancora mi domando quanto dovevano essere geniali i grandi compositori classici per riuscire ad esprimere così tanto a volte con un solo strumento. Le back ground musics dei videogiochi anni '80, le ascolto tutt'ora, sono fantastiche. Gente come Martin Galway, Rob Hubbard o Jeroen Tel hanno fatto musiche estremamente coinvolgenti utilizzando gli assurdi suoni della tecnologia SID del Commodore 64, geniali. Infine la musica pop '80. Dalla canzone più digitale alla più suonata, avevano il grande merito di comunicare tantissimo con pochi riffs, un genere immortale.


- A&B -
Hai un "rito", nel senso cosa ti ispira nel comporre i tuoi brani? Del tipo quello che ti circonda, ecc. e la cosa difficile è che poi tu le devi tradurre in note, visto che la tua musica è completamente strumentale.
- Luigi Rinaldi -
La mia risposta forse sarà un po’ in controtendenza. Sento maggiormente persone che dicono di ispirarsi a qualcosa. Io invece non mi ispiro quasi mai a nulla. La musica mi accompagna sempre nella testa, davvero. A meno che io non sia particolarmente concentrato, ad esempio a lavoro, nella mia testa circola in continuazione musica, mia o di qualcun'altro. A volte capita che dal nulla si crei una melodia che mi piace. Me la ripeto nella mente, vado a casa a ripeterla con la chitarra e la inizio ad elaborare. Capita spesso che nel tempo che decorre tra "la venuta in mente" e il ritorno a casa la dimentichi inesorabilmente. Comunque poi inizio a pensare a cosa questa melodia mi fa pensare, e le attribuisco il titolo. Raramente succede il contrario, ma succede. Io lavoro in una azienda che produce ed esporta frutta all'estero e quando ho scritto "Boys From The Country" avevo già pensato di scrivere una canzone ispirata alla parte di lavoro che si fa in campagna. Così ho iniziato a pensare a possibili riffs di banjo, che è lo strumento per eccellenza collegato mnemonicamente alla vita di campagna. Come giustamente hai detto, non è facile trasferire in musica anzichè in parole ciò che si vuole descrivere. Ma il bello è proprio quello. Non a caso ci sono i chitarristi che trasmettono molto e quelli che trasmettono poco o nulla. Bisogna lavorarci sopra, sia con le dita che con la testa. Io spero di riuscirci, almeno ci provo.



- A&B -
Io seguo il fenomeno dei Guitar Hero, come veniva chiamato negli anni ottanta, da più di vent'anni e per me i dischi migliori in assoluto del genere, diciamo i capolavori sono il primo di Malmsteen, "Passion & Warfare" di Steve Vai e "Surfing With The Alien" di Joe Satriani. Sei d'accordo con me o hai altre preferenze?
- Luigi Rinaldi -
Questa è una domanda "pericolosa" sotto la quale potrebbe aprirsi un abisso! Io ti do la mia opinione senza presunzione, non sono uno di quei bontemponi che pensano di avere la visione assoluta della filosofia della chitarra. Sugli album che hai citato, il primo di Malmsteen non lo reputo un capolavoro, ma una grande finestra. Una delle finestre che hanno stravolto la chitarra degli anni '80, così grande da farne parlare tutt'ora e da ispirare migliaia di chitarristi in tutto il mondo.
Quindi per me l'appellativo non è capolavoro, ma "indispensabile". Oppure potrei dire capolavoro se non tenessi conto della successiva evoluzione della chitarra neoclassica. Un capolavoro del suo tempo dunque.
Per quanto riguarda Vai e Satriani faccio un discorso unico: sono due armi a doppio taglio. Hanno avuto il merito di portare la chitarra solista al pubblico mondiale, di creare brani dall'evidente impatto superficiale. Hanno trovato la chiave tra la bellezza e la semplicità della melodia. Sono due grandi trascinatori. E questo ha avuto allo stesso tempo il demerito di creare intorno a loro un alone di intangibilità che li ha fatti diventare icone per chi non guarda oltre il proprio naso. Oggi Satriani e Vai sono venerati come divinità intoccabili della chitarra soprattutto da chi di chitarra ne conosce poca e si ferma all'ascolto dei soliti noti. Comunque indispensabili anche loro. Hanno dato tanto alla chitarra.
Non credo di essere in grado di dire quali siano dei capolavori oggettivi, quindi mi limito a dire quali sono i miei preferiti. Sul neoclassico reputo l'album "High Definition" di Vitalij Kuprij e Greg Howe superiore agli altri. Anche i primi di Vinnie Moore avrebbero meritato più successo. Per quanto riguarda un genere meno settoriale, invito all'ascolto di "Erotic Cakes" di Guthrie Govan, davvero melodico e tecnico al tempo stesso, uno spettacolo. Per lo shred/fusion direi "Omnidirectional" di Scot Mishoe. E per gli amanti della chitarra a 360° direi di scoprire Ron Thal, un pazzo con una tecnica che lo mette tra le attuali frontiere della chitarra elettrica. Ovviamente non elenco tutte le mie preferenze, sarebbero troppe!


- A&B -
L'interesse verso la musica strumentale, è comunque meno se paragonato agli anni ottanta, anche se oggi sta nuovamente crescendo. Pensi c'è ancora spazio per la musica strumentale e chitarristica?
- Luigi Rinaldi -
Per l'Italia dobbiamo fare un discorso a parte. Ultimamente, anche grazie a internet, ci si avvicina molto di più a vedere la musica come una professione e attingere alle fonti musicali è molto più semplice. Il problema però è che non c'è lo stesso riscontro negli ascolti dei professionisti inteso come vendita dei dischi e serate. Lo dimostra il fatto che in Italia abbiamo tanti chitarristi fenomenali che però devono lavorare come insegnanti o turnisti, non come artisti in proprio. Io credo che l'interesse da parte del singolo ci sia, perché questo è affascinato dal bravo musicista, ma il musicista fatica troppo per trovare spazi. In altre parole è difficile suonare nei locali quando sei un chitarrista solista, ma poi quando vai a suonarci al pubblico piace. Se pensiamo all'evoluzione della tecnica chitarristica rapportato agli ascolti, vediamo che nonostante negli ultimi 15 anni siano venuti fuori fenomeni come i gia citati Thal, Govan, Howe ecc...e in Italia i vari Russo, Stravato, Braido ecc....i più idolatrati sono sempre i soliti due o tre noti a tutti. Penso che l'interesse crescerà sempre troppo lentamente per dare delle garanzie ai musicisti per lavorare come solisti, perché soprattutto in Italia non c'è una cultura musicale rispettosa della musica strumentale. Da noi nella maggior parte dei casi la musica strumentale viene intesa come musica da colonna sonora. Spero che la cosa cambi presto, ovviamente. Ma anche i locali dovrebbero dare una mano e dovrebbero far suonare anche della musica strumentale virtuosistica invece che il solito blues standard trito e ritrito.
L'estero può essere una via di sfogo più attendibile, io stesso sono in contatto con case discografiche straniere che sembrano interessate alla mia musica. Non so per certo da cosa dipenda, ma almeno apparentemente pare che ci sia più abitudine a proporre ed ascoltare musica strumentale. Eppure noi abbiamo avuto Vivaldi, Paganini, Rossini, Puccini, dovremmo averle noi le radici della distribuzione della musica strumentale.


- A&B -
Se ti dessero la possibilità di partecipare ad una edizione del G3, con chi ti piacerebbe suonare?
- Luigi Rinaldi -
Macalpine perché mi sentirei a casa, Gilbert perché dal vivo si diverte un sacco e mi farebbe divertire un sacco.

- A&B -
Hai già progetti futuri?
- Luigi Rinaldi -
Sto scrivendo i pezzi per un prossimo album e sto cercando strade per far diventare la musica il mio primo lavoro, ma devo sudare, non è semplice.

- A&B -
Un invito ad ascoltare la tua musica ai lettori di Artists & Bands.
- Luigi Rinaldi -
Ragazzi, in Italia abbiamo tanti artisti strumentali che magari sono nostri vicini di casa e non lo sappiamo, andandoli a cercare fuori! Apriamo una porta al made in Italy (non contraffatto)!! A parte questo appello, è un disco in cui ho provato a dosare le componenti cercando di trovare un giusto connubio tra melodie e tecniche utilizzate, senza essere ripetitivo. Ciao e grazie mille a te Fabio, ad Artists & Bands ed ai lettori!!!


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