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Andrea Orlando
Dalla vita autentica

Album

Andrea Orlando, valido batterista de La Coscienza di Zeno (anche ex membro dei Malombra, dei Finisterre, nonché collaboratore con Hostsonaten, Narrow Pass ed altro ancora), nell’attesa del nuovo lavoro con la sua band (2018?), decide di mettersi temporaneamente in gioco ed in proprio, pubblicando il suo primo “solo-album” dal titolo “Dalla vita autentica”. Per far ciò, oltre ad una grande attenzione alle liriche (non di rado legate ad esperienze personali), ha pensato bene di scegliere nel giro del prog genovese (ma non solo) ed ecco, dunque, spuntare i nomi di Alessandro Corvaglia (voce), Agostino Macor (tastiere), Stefano Marelli (chitarre), Laura Marsano (chitarre), Marcella Arganese (chitarre), Simona Angioloni (voce) ed altri ancora, oltre al titolare del progetto che, per l’occasione, oltre alla batteria, suona organo e mellotron. Un album, quasi un concept per le tematiche affrontate, di raffinato prog sinfonico con sette tracce di buon, se non ottimo, livello. “Le forme della distanza”, che apre la raccolta, è uno strumentale delicato che sfiora l’elettronica minimalista ed è anche l’unico brano “atipico” presente. E’ con “Oltre domani” che entriamo veramente nel vivo del lavoro. Il testo (ben interpretato da Corvaglia) affronta il tema dell’ipocrisia che spesso regna tra le persone, mentre la musica è frizzante con, oltre alla chitarra di Marelli, splendidi e di grande effetto interventi del violoncello (Melissa Del Lucchese) che portano alla conclusione del brano. Su coordinate simili si muove la lunga “ Cinque giorni d’autunno”: inizio spumeggiante con Macor (piano elettrico, moog) e lo stesso Orlando alle tastiere, la chitarra, stavolta di Laura Marsano, in evidenza e poi gli inserti di violoncello, pianoforte su di una ritmica appena accennata, a ammorbidire il tutto. Il finale è ancora esplosivo con il moog che si sbizzarrisce su una ritmica scattante ed articolata.

Con “Cadi con me” (una riflessione sulle dure esperienze di vita che possono trovare conforto se condivise attraverso l’affetto) il microfono passa a Simona Angioloni. Un breve bozzetto delicato e malinconico. “Il giardino di Maya” è un eclettico strumentale, arioso e ben fatto. Gli archi sono i protagonisti della fase introduttiva di “Fragile”. Il sofferto cantato di Corvaglia (con liriche che parlano di morte e rinascita), una batteria soffice, le incursioni della tromba (Marco Callegari) ed il piano di Macor fanno il resto. La suite nonché title track che chiude l’album è davvero splendida. Ed è qui, in questo pezzo, che tutta la sensibilità di Andrea viene maggiormente in superficie. Bello il testo (un invito ad affrontare senza filtri o finzioni, la paura), ottimo il solito e costante apporto di violino e violoncello, intriganti le trame strumentali con un Macor ben spalleggiato dalle due chitarre elettriche (Arganese e Marsano) sempre al servizio del “collettivo”, benché non manchino gli spunti virtuosistici. Emozionanti i minuti finali quando il soffio degli archi è sostituito dai “graffi” elettrici in un excursus sonoro apprezzabilissimo. Un esordio quello dell’artista ligure davvero degno di nota, raffinato, seducente nella forma e nei contenuti, con liriche riuscite ed interpreti DOC (certo sui collaboratori Andrea è voluto andare sul sicuro…ma come dargli torto…). Nell’attesa del nuovo album della “Coscienza”, un antipasto, quello fornito da Orlando, davvero succulento.

 


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