Elena la matta
Roma, Sala Umberto, dal 4 al 16 novembre 2025

In un momento storico nel quale spirano venti di guerra, trovo estremamente significativo,, nonché coraggioso, mettere in scena un’opera che racconta la storia vera di una donna ebrea che, a causa della sua determinazione e della situazione storico/sociale,  subisce l’internamento in manicomio, il carcere, il confino, la deportazione in un campo di concentramento e, insieme a tutto questo, la condanna morale da parte dei suoi contemporanei e l’esilio nell’oblio dai posteri.
Dopo il grande successo ottenuto nella passata stagione Elena la matta, torna sul palco della Sala Umberto. L'opera, liberamente ispirata al libro di Gaetano Petraglia, archivista di Stato che scopre diversi documenti che riguardano la realmente vissuta protagonista del racconto, ripercorre le tappe della travagliata vita di una donna ribelle e tenace, ebrea, forte oppositrice del regime fascista, separata dal marito e, per tali motivi, considerata “pazza”. Dalla documentazione raccolta e dalle testimonianze orali dei sopravvissuti, nasce il testo La matta di piazza Giudìa, ripreso nella drammaturgia di Elisabetta Fiorito e curato nella messa in scena dal regista Giancarlo Nicoletti: una rappresentazione nella quale il personaggio storico viene offerto al pubblico sfrondato dai falsi miti e rappresentato nella sua crudezza, ma traboccante di emozioni e umanità.
Il manicomio, l’arresto, l’allontanamento da Roma e dai figli, la deportazione in un campo di sterminio, segnano le tappe della drammatica esistenza di Elena , una donna che a causa dei suoi comportamenti “sopra le righe” viene emarginata, criticata, non ascoltata ed internata in ospedali psichiatrici, considerata e soprannominata “matta” solo perché non omologata ai comportamenti femminili dei suoi tempi. Un destino, peraltro, comune a molte donne che hanno avuto, nel corso della storia, il coraggio di andare oltre il conformismo e le ingiustizie, sfidando gli stereotipi di genere e le convenzioni dell’epoca.
A dare corpo e voce ad Elena, una superba Paola Minaccioni, ammaliante e trascinante in un monologo dove la volitiva trasteverina (origine sottolineata oltre che dagli eventi storici narrati anche dall’utilizzo di un delicato dialetto romanesco che funge quasi da rafforzativo per ogni concetto esposto) incanta e coinvolge raccontando di se e delle altre donne che hanno intrecciato la sua tragica esistenza: da Lola la prostituta finta spagnola al confino, a Ada chiusa con lei in manicomio con l’accusa di avere “pensato liberamente”, da “madrema” all’amorevole cognata, passando per le compagne di avventura (o sventura) con lei internate solo perché ribelli di fronte ai soprusi maschili. La travolgente interpretazione della Minaccioni non concede momenti di pausa, così come il suo personaggio è sempre “su di giri”: una donna umile che vende stracci per sopravvivere, ma con una grandissima forza e determinazione, sprizzante rabbia incontrollata davanti alle ingiustizie (perfettamente rappresentata dalla protagonista non solo con il linguaggio, ma soprattutto con movenze che trasformano quasi il suo corpo e danno forma alle emozioni). Un adattamento drammaturgico praticamente perfetto che si accompagna in sincrono col disegno luci di Gerardo Buzzanca ed alla regia di Nicoletti, senza tralasciare l’ottimo adattamento musicale curato dai due musicisti (Valerio Guaraldi alla chitarra e autore delle musiche e Claudio Giusti al sassofono), presenze quasi eteree sul palco insieme ad Elena.
Tutto lo spettacolo sprigiona talento: dalla verace battuta in romanesco, alla canzone popolare (davvero emozionante l’esecuzione della canzone Le mantellate), in una commovente rievocazione di eventi del passato sottratti al dimenticatoio con la forza e l’attrattiva che il teatro riesce a creare.
Il tributo che il pubblico regala agli interpreti ed a tutti coloro che a vario titolo hanno contribuito alla realizzazione dello spettacolo è un grande riconoscimento all’attento lavoro di ricerca e realizzazione di uno spettacolo che non lascia indifferenti, capace di parlare di libertà, riscatto, comportamenti non allineati, mostrandone il lato più crudo, ma anche la potenza della rivalsa.
“Elena la matta” merita tutto l’apprezzamento ed il successo passato e presente. La veemenza del testo e la performance dei tre artisti sul palco (nonché tutto il lavoro svolto dietro le quinte) regalano al pubblico un’ora e mezza di sensazioni, non sempre gradevoli per il loro contenuto drammatico, ma ricche di fortissima ed inebriante intensità.




Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 4 novembre 2025.

 


PAOLA MINACCIONI
ELENA LA MATTA

drammaturgia di Elisabetta Fiorito
con i musicisti
VALERIO GUARALDI
e CLAUDIO GIUSTI
musiche di VALERIO GUARALDI
liberamente ispirato al libro di Gaetano Petraglia
"La matta di piazza Giudìa" edito da Giuntina
scene Alessandro Chiti
costumi Giulia Pagliarulo
disegno Luci Gerardo Buzzanca
regia di GIANCARLO NICOLETTI
produzione Altra Scena | Goldenart Production

Il 16 Ottobre 1943 le SS Naziste rastrellano il ghetto di Roma, deportando ad Auschwitz oltre 1000 ebrei della comunità romana. Fra questi c’è una donna, Elena Di Porto, che fino alla sera prima ha provato ad avvertire gli abitanti del ghetto del pericolo imminente.
Nessuno, però, le ha dato retta, perché Elena è la “pazza” del quartiere ebraico, per l’appunto detta “la matta di Piazza Giudìa”.
Paola Minaccioni presta corpo e voce alla figura di Elena Di Porto in un monologo scritto da Elisabetta Fiorito con la regia di Giancarlo Nicoletti e con le musiche dal vivo originali di Valerio Guaraldi. A ottant’anni da quella triste ricorrenza, lo spettacolo è un emozionante viaggio nell’Italia della seconda guerra mondiale, delle leggi razziali, della paura ma anche della speranza e della solidarietà. Una straordinaria prova d’attore fra dramma e comicità di una della più apprezzate interpreti del panorama italiano.
Elena Di Porto era un’abitante del ghetto di Roma dal carattere particolare: dichiarata pazza dal regime, non lo era affatto. Nata nel 1912 da un’umile famiglia ebraica, Elena era una donna dal carattere singolare e ribelle, profondamente anticonformista. Separata dal marito, indipendente, antifascista convinta e temeraria, poco disposta ad accettare passivamente ogni forma di sopruso, soprattutto nei confronti degli altri. Lo spettacolo, scritto dalla giornalista di Radio 24 Elisabetta Fiorito, trae spunto dal libro storico del ricercatore archivista Gaetano Petraglia, La Matta di Piazza Giudìa, edito dalla Giuntina, che, attraverso documenti d’archivio inediti e testimonianze orali, ricostruisce con precisione la vita di questa donna straordinaria. Tra musiche d’epoca e arie originali suonate dal vivo, il racconto scenico degli itinerari interiori di Elena passa attraverso la battaglia contro le angherie del regime, la persecuzione razziale, i reiterati ricoveri nell’Ospedale psichiatrico di Santa Maria della Pietà, gli scontri con le squadracce fasciste, il confino in Basilicata, il ritorno a Roma, il vano tentativo di resistenza durante l’occupazione nazista della Capitale fino al rastrellamento del 16 ottobre 1943 e la deportazione ad Auschwitz. Il tutto in un crescendo di emozioni dove la protagonista racconta in un romanesco addolcito la sua vita e i suoi scatti d’ira che la mettevano nei guai quando non ce la faceva più di subire le angherie e per dirla con le parole sue “je partiva er chicchero”. Teatro di narrazione, monologo d’autore, rievocazione storica e grande performance attoriale: questi gli ingredienti per raccontare una storia che merita di non essere dimenticata. Tenendo presente che il teatro, quello buono, si gioca sempre ed essenzialmente su due cose: un grande testo e un grande interprete al servizio di una bella storia da raccontare. Senza sofismi e senza paura di sporcarsi le mani. Ricordandosi della necessità, intesa come necessità – in un momento storico come quello attuale – di fare della memoria storica la bussola per le nostre scelte e la lente per capire la contemporaneità. Necessità, e urgenza, anche artistiche, perché Paola Minaccioni vuole essere Elena Di Porto e ha profondamente nelle vene tutta la veracità e la potenza per raccontare una femminilità decisa, forte, fuori dagli stilemi e provata dalle angherie del regime e del periodo storico. Non un reading e nemmeno un monologo classico, quindi: ma uno spettacolo evocativo, e soprattutto emozionante. Con la volontà di raccontare un mondo, un’epoca, una figura di donna e, con esse, tut
ta una società.
(fonte: comunicato stampa)

Sala Umberto
Via della Mercede 50
Roma
06 679 4753


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