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Nel raffinato scrigno del Teatro Gerolamo, autentico gioiello architettonico storico di Milano, tra i drappeggi d’epoca e la penombra intima della sala, Maria Pilar Pérez Aspa conduce il pubblico in un rituale teatrale tra parola e spirito, in cui il ballon si fa confessionale e il drink diventa chiave d’accesso ai ricordi, ai desideri, alle cadute. Attraverso cinque iconici capisaldi della mixology - Dry Martini, Daiquiri, Margarita, Negroni e Gin Tonic - la protagonista tesse un racconto inebriante, denso di riferimenti letterari, storici e autobiografici. Ogni miscela è un personaggio, un’epoca, un’eco. Il Dry Martini, preferito da Hemingway e Churchill, è un inno all’eleganza asciutta del proibizionismo, alle notti intrise di sigari e complotti. Il Daiquiri, amato nei bar cubani dell'Havana, evoca rivoluzioni e tropici ed il Margarita ci porta tra i deserti messicani e l’eco di amori bruciati. Il Negroni, con il suo amarore aristocratico, affonda nella nobiltà decadente italiana, mentre il Gin Tonic, coloniale e tagliente, sorride tra imperi e tramonti d'Africa. Ma è nella presenza scenica della Pérez che risiede l'ingrediente segreto: la sua voce, tanto ironica quanto profondamente da contralto, trasforma ogni sorso in una pagina teatrale, ogni gesto in un differimento del tempo. Il suo brindisi – che echeggia Apuleio, "uno alla sete, uno alla gioia ed uno alla follia" – dischiude un rito laico e ancestrale che invita lo spettatore a spogliarsi dell’inibizione e abbracciare la vulnerabilità. Il sottofondo musicale accompagna con garbo ogni passaggio con "Amado mio", celebre canzone legata a Rita Hayworth, al secolo Margarita Carmen Cansino, che ondeggia nello spazio con eleganza sensuale, amplificando il sapore retrò della scena, impreziosita da una raffinata cocktail station che non è solo oggetto scenografico, ma cuore pulsante della narrazione. Un ultimo giro è, in fondo, un prosit malinconico e lucido alla vita e alla sua imperfezione, uno spettacolo colto e godibile, dove la parola è mescolata con la stessa cura di una miscela etilica ben riuscita. «Beviamo a ciò che muta, e resta. A ciò che si trasforma, come Psiche, ma non si perde. Che ogni sorso sia inno alla metamorfosi, e ogni parola, un brindisi alla verità che si rivela solo a chi sa ascoltare». Godibile! La presente recensione si riferisce alla rappresentazione del 10 ottobre 2025 |
Un ultimo giro
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