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Protagonista assoluto è Primo Reggiani, nei panni di Vitangelo Moscarda, l’uomo che, da una semplice osservazione allo specchio, intraprende un viaggio vertiginoso nella propria identità. L'attore sostiene con forza e intensità l’intera narrazione, restituendo con misura, umorismo e tormento le contraddizioni dell’animo umano. Accanto a lui, un cast coeso e ben diretto: Francesca Valtorta, Jane Alexander, Fabrizio Bordignon ed Enrico Ottaviano interpretano i volti attraverso cui Moscarda viene percepito e scomposto, incarnando i temi chiave della poetica pirandelliana. L’opera affronta la questione della molteplicità dell’identità ed esamina come la percezione di noi stessi sia influenzata dalle opinioni e dalle aspettative degli altri. Il protagonista cerca di scoprire la sua vera identità dopo aver appreso che la moglie lo vede in modo diverso da come lui si vede. Affronta questioni filosofiche e profonde, come la natura della verità e della conoscenza. L’interpretazione di Reggiani coglie l’essenza del pensiero pirandelliano e riesce a trasmettere allo spettatore come la percezione della realtà possa essere distorta dai nostri condizionamenti psicologici e dalle convenzioni culturali. La rappresentazione è ironica, moderna e umoristica e affronta con perspicacia la complessa riflessione sull’essere e l’apparire, sulla società e l’individuo, sulla sostanza e la forma. Il protagonista e tutta la troupe hanno saputo rendere Uno, nessuno centomila di una attualità sorprendente, nella descrizione della perdita di senso che l’uomo contemporaneo subisce di fronte alle convenzioni sociali, che finiscono con l’annullare l’identità della persona. Questo può produrre in apparenza comportamenti privi di senso tali da essere considerai folli. Nell’opera ci sono i temi propri di Pirandello come quelli della maschera e della follia. Vitangelo scopre di non conoscersi e di indossare centomila maschere, una per ogni persona ed una anche per sé stesso. Ecco la follia scaturita dalla consapevolezza che lo porta a convincersi delle proprie teorie e a sfidare il mondo dalle centomila apparenza nel quale si sente imprigionato. L’opera sottolinea la crisi dell’individuo in conflitto con la realtà e con sé stesso. Oltre alla crisi dell’io denuncia anche la crisi della società e dà un idea dell’origine dei conflitti tra gli uomini, che nascono dal fatto che ognuno cerca di imporre la propria visione di sé. Il concetto di fondo è la frammentazione dell’io che genera l’indistinto quindi nessuno e centomila sono le sfumature intorno al tema principale. La realtà in sostanza non c’è ma dobbiamo farcela noi se vogliamo essere noi stessi e non sarà mai una per tutti, una per sempre di continuo ed infinitamente mutabile. Essenziale ma suggestiva è la scenografia: nove quinte sagomante in volti di profilo, rivestite di carta di giornale, dominano lo spazio scenico come simbolo delle infinite versioni dell’io riflesso nella società e nei giudizi altrui. Il gioco di luci ed un sapiente uso della musica, rafforzano il senso di disorientamento e moltiplicazione, accompagnando i passaggi tra lucidità e delirio. Convincente ed efficace appare il non facile adattamento teatrale di un romanzo che, a cento anni dalla pubblicazione, risulta incredibilmente attuale: in un mondo dominato dai social, dall’immagine e dalla continua esposizione pubblica, la moltiplicazione delle identità, la crisi dell’io e il desiderio di autenticità toccano ancora profondamente lo spettatore moderno. |
UNO NESSUNO CENTOMILA
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