La foto del Carabiniere
Roma, Teatro Marconi, 22 luglio 2022

Questa è un'opera che conserva una duplice valenza: parte come monologo che raccoglie i ricordi personali di Claudio Boccacini, esposto con attitudine ilare, se non addirittura comica; si tramuta poi in qualcos'altro, vedremo bene in cosa nel prosieguo, aprendo uno squarcio su un evento risalente alla Seconda Guerra Mondiale, i cui punti salienti vengono tramandati dal padre, Tarquinio Boccacini.
Incentrata sull'infanzia del narratore, più precisamente sui momenti vissuti all'interno di un cortile condominiale della Capitale, la prima parte strappa condivisioni, sorrisi, talvolta grasse risate. L'autore descrive un'area esterna racchiusa tra più palazzine come un mondo infantile di stampo quasi fiabesco, ove prende vita una realtà di retaggio provinciale, dove tutti si conoscono ed interagiscono alla maniera paesana, fatta di gesti e ricorrenze quasi rituali: i giochi innocenti dei ragazzini, la merenda lanciata dai balconi, i soprannomi assegnati ai personaggi pittoreschi, le perle di saggezza degli anziani, la televisione vista dai vicini nelle case dei più abbienti.
Gli spazi scenici del teatro tradizionale sono caratterizzati da tre pareti, eventualmente dotate di quinte, alle quali si aggiunge la quarta parete, che delimita il confine intercorrente tra palco e pubblico. Boccacini, di fatto, ne gestisce un'altra, una sorta di parete del ricordo, come nessun altro sa fare. Nel suo racconto, egli allude ad una dimensione parallela, inserendo il ricordo nel ricordo: descrivendo la società urbana del dopoguerra, palesando così la capacità di tenere il pubblico in bilico tra malinconia e ilarità, apre uno squarcio di un episodio ormai datato, di cui dice poco una prima volta, limitandosi a delimitare una cornice. E' un primo accenno che passa quasi inosservato, assorbito dall'abilità narrativa dell'oratore di catalizzare i pensieri verso gli anni della sua infanzia. 
Egli ritorna subitaneamente alla compagine ilare, abbandonando quella incursione, che ora sembra quasi accidentale. Ricolloca nuovamente quella parete, giungendo di nuovo a quel ricordo poco dopo, stavolta con veemenza, in maniera netta, precisa, evocando le suggestioni drammatiche suggerite da un'antica foto tessera, infrangendo ancora quello strano equilibrio nostalgico e allegro che egli sapientemente domina, con la sua arte espositiva articolata, stratificata, finanche lunga, eppure sempre avvincente, sempre catalizzante, sempre stimolante. 
Ma egli vuole abbandonare per la seconda volta il campo. Non è ancora il momento: c'è una cornice e qualche pennellata impressa sopra ad una tela; nessuna immagine è definita nel dettaglio; l'evento, una vita salvata, è tratteggiato, non anche il contesto, né il periodo storico.
Si ritorna a sorridere, si rivedono quei tempi lontani del boom economico, le prime auto acquistate dalle famiglie, i primi elettrodomestici nelle case, l'acqua calda scaldata con i fornelli, le bombole del gas che finivano sul più bello, i rituali familiari fatti di poche parole paterne e di tanto affetto materno. 
Poi giunge il momento: le regole teatrali vengono sovvertite, finanche demolite; il contesto ilare muta le sue connotazioni iniziali e si trasforma in dramma; il pubblico non ride più e nemmeno sorride, ammutolendo repentinamente.
Palidoro, frazione di Torre Perla, 23 settembre 1943: il Vice Brigadiere dei Carabinieri Salvo D’Acquisto, appena ventitreenne, si macchia di una colpa non sua e si offre in sacrifico, salvando da morte certa 22 cittadini, pure innocenti, strappandoli definitivamente all'artiglio impietoso del mostro nazista. Tarquinio Boccacini, padre del narratore, è tra i salvati e travasa al figlio i ricordi di quell'evento e di quelli immediatamente precedenti alla esecuzione, che cristallizzano un'amicizia discreta ma di grande sostanza. 
Non è più teatro, quello messo in scena da Boccacini figlio, ma è una testimonianza tout court, ed è preziosa, preziosissima: l'Arma dei Carabinieri, infatti, presenta l'evento in termini leggermente diversi: Salvo D'Acquisto si addossa la colpa di un attentato mai commesso ma lo fa in quanto rastrellato egli stesso; nel racconto del testimone oculare, invece, poi tramandato al figlio, il giovane interviene dopo: non prelevato come gli altri, ma giunto successivamente in loco, poi deciso a risolvere la situazione con il proprio sacrificio.
Grazie, Claudio, per questa preziosa condivisione, che conserva in sé il doppio valore di ricordare in termini commoventi la figura del salvato, il padre, e di onorare l'eroico salvatore, Salvo D'acquisto, peraltro con una dialettica espressiva talmente potente, da far sbiadire la pur efficace sintesi descrittiva espressa nella motivazione della Medaglia d'Oro al Valor Militare, concessa postuma al giovane militare.
Esiste anche un libro documentante quanto sopra e, doverosamente, la redazione di A&B avrà premura di recensirlo con lo stesso trasporto con cui è stata seguita e commentata l'esibizione in argomento.







Teatro Marconi
La foto del Carabiniere
Scritto, diretto ed interpretato da Claudio Boccacini
Compagnia: Società per Attori

TEATRO MARCONI
Viale Guglielmo Marconi, 698/E
00146 Roma RM
https://www.teatromarconi.it/
Telefono: 06 594 3554
Direzione Artistica: Felice della Corte

Biglietti:
Intero 16,00
Ridotto 13,00

Ufficio stampa:
Elisa Fantinel
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3358160566

L'evento a fianco recensito rientra nella estesa compagine del Marconi Teatro Festival, sottotitolata "Oasi dell'arte nell'estate romana", tuttora in itinere, attiva per tutto il mese di luglio.


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