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Elin Wägner
Le ragazze di città

Poco conosciuta in Italia, Elin Wägner (1882-1949) è una personalità di spicco nella cultura europea. Svedese, socialista, giornalista, scrittrice, insegnante, ma soprattutto attivista del femminismo, del pacifismo e dell’ecologismo, movimenti dei quali è considerata tra le fondatrici e ispiratrici.
HarperCollins per la prima volta ha tradotto e pubblicato il suo romanzo d’esordio, col titolo italiano Le ragazze di città. Inizialmente pubblicato a puntate nel 1907, come feuilleton in una rivista, il romanzo è un racconto al femminile che descrive il microcosmo di quattro ragazze – quattro segretarie, impiegate di una grande azienda, che vivono in comune per poter sostenere le spese e pochissimo altro – e di ciò che lo circonda, racchiudendo tutte le tipologie di atteggiamenti delle donne dell’epoca, e non solo. Un racconto agile, breve (150 pagine decisamente spaziose, più un utile saggio iniziale di Camilla Storskog che inquadra l’autrice): scrittura diaristica, in prima persona al presente; ma non intimistica, anzi naturalistica, veloce, essenziale, diretta, giocata su un registro colloquiale. Una scrittura “in presa diretta”, contemporanea agli eventi, di testimonianza atta a scaturire la presa di coscienza del punto di vista di una classe strutturalmente subalterna: le donne nell’epoca della seconda rivoluzione industriale. È il mondo vacuo, fatuo, della Belle Époque: la società edoardiana vista dal basso, dalla prospettiva di chi della prosperità, del progresso vive il lato buio, di chi permette e garantisce lo sviluppo economico senza goderne vantaggi e privilegi. Una descrizione della condizione femminile in mondo che si proclama “moderno”, evoluto, ma che mantiene la struttura tradizionale tutta al maschile, nel quale la sola possibilità per una donna di avere una vita economicamente e socialmente sicura è quella del matrimonio, meglio se “buono”. Nessuno spazio possibile per l’emancipazione, per l’indipendenza, per la realizzazione delle proprie capacità, attitudini, aspirazioni; in una parola, della propria libertà.
«La mia anima si ritrae istintivamente davanti al libro contabile e alla macchina da scrivere, ma immagino che dopotutto dobbiamo pur vivere.»
Da qui, il racconto dall’interno del sorgere di quelli che saranno fenomeni fondamentali negli anni immediatamente a seguire, e del Novecento tutto: il femminismo (con la rivendicazione del diritto di voto alla donne, seguendo l’esempio delle suffragette inglese), le rivendicazioni sindacali, col tentativo di organizzare uno sciopero, il socialismo e il pacifismo.
Quattro ragazze dunque, e un appartamento povero, che lottano per avere un posto, un riconoscimento di loro stesse, con tutte le ambasce, i piccoli grandi problemi quotidiani: i soldi che son troppo pochi per qualunque cosa, le inesorabili tasse da pagare, i pranzi poveri, i piccoli piaceri faticosamente conquistati, e l’esser costantemente e inevitabilmente sottomessi alla potestà maschile. A sostenerle è la sorellanza: la loro unione, il mutuo soccorso materiale ma soprattutto morale; una solidarietà femminile, fatta di piccoli riti, di serate ilari e chiassose, una allegria da naufraghi che fa apparire qualunque uomo come altro incombente, inevitabilmente dominante. Il titolo originale del romanzo è già denotativo: Nurtullsligan. Elisabeths Krönika. Una cronaca, un diario, appunto, con un gustoso gioco di parole; Nurtullsgatan, “La via di Nurtulls”, il quartiere popolare di Stoccolma nel quale le quattro ragazze abitano, diventa Nurtullsligan, “La Banda di Nurtulls”, a connotare il profondo legame che unisce le protagoniste: la giovane ed ingenua Magnhild, detta Baby; Eva; la più adulta Emmy; ed Elisabeth, detta Pegg, io narrante del racconto, hanno ciascuna le sue aspettative. Ragazze della media e piccola borghesia, istruite, ma le cui prospettive sono rigorosamente circoscritte a quanto la società concede loro: un impiego sottopagato che ne limita il desiderio di libertà, di indipendenza; se non si rassegna ad una vita solitaria, povera e priva di orizzonti, per una ragazza il benessere può essere garantito solo da un matrimonio decente. Una prospettiva, una sottomissione, una accettazione che Elisabeth rifugge:
«Mia cugina Görel mi ha confidato di spendere l’equivalente del mio intero stipendio di un mese solo per profumi, guanti e cioccolato. E infatti, come c’è da aspettarsi, è grassa e profumata. Nonostante tutto, me ne sono andata grata e contenta di non aver accettato l’offerta della zia di condividere la stanza con la governante: in cambio avrei dovuto mettermi al servizio di Görel e di andare in giro con lei a provare abiti da Janke. Quando sono tornata all’appartamento, c’era buio e silenzio; quanto mi è piaciuto inserire la chiave nella sua serratura e andarmene in giro sentendomi a casa!»
A sorprendere è poi il quadro inaspettato di una società – quella svedese d’inizio Novecento – lontanissimo, persino antitetico all’immagine che abbiamo della Svezia come terra della libertà sessuale, della socialdemocrazia, del welfare e del benessere diffuso. Al tempo stesso una visione universale di una società già industriale, e tuttavia ancora tradizionale nei rapporti sociali, nei ruoli: un mondo che sarebbe stato spazzato via dalla prima guerra mondiale. Una lettura tuttavia illuminante nella sua attualità, centoventi anni dopo.

Dettagli Autore: Elin Wagner
Traduttore: Valeria Gorla
Editore: HarperCollins Italia
Anno edizione: 2022
In commercio dal: 15 novembre 2022
Pagine: 176 p.,
Brossura
EAN: 9791259851697


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