A dirla tutta, invece, questo tour manifesta ben pochi difetti ed esprime più di un'eccellenza. In primo luogo, il citato, ottimo disco è proposto per intero ad inizio performance: una partenza magnifica, considerando la capacità di tale opera di unire elucubrazioni chitarristiche di stampo frippiano, sviluppi cosmici in rapido crescendo, rarefazioni intimistiche a vocazione ambient, esplosioni ritmiche e granitici ostinati vicini alla distorta compagine metallica. Interminabile viaggio sonoro verso una dimensione straniera e straniante, tutto ciò funge da ideale preludio ad episodi complessi e stratificati come "Home Invasion", "Regret #9", "Ancestral", se non ad opere oniriche come "The Harmony Codex" (profusione ininterrotta e stratificata di sole tastiere) o "The Raven That Refused to Sing" (commovente e struggente chiosa conclusiva), oppure alle uscite oblique e magnetiche di "Impossible Tightrope" e "Dislocated Day" (il secondo è tra i più efficaci cavalli di battaglia del repertorio dei Porcupine Tree dello scorso millennio). Va poi evidenziato l'aspetto visivo, curatissimo, coinvolgente ben 9 dei 13 brani suonati: se si escludono i filmati di "Harmony Korine" e "The Raven That Refused to Sing" (che hanno ripreso in forma pedissequa i video ufficiali diretti rispettivamente da Lasse Hoile il primo, Jess Cope e Simon Cartwright il secondo), Wilson ha offerto deliri visivi di stampo magnetico, in bilico tra geometrie improbabili e scenari liquidi, sempre nella direzione di un panorama policromo e cangiante (gli unici brani soltanto suonati e non anche rappresentati visivamente sono stati "Voyage 34", "Dislocated Day", "Ancestral" e "Abandoner"). Non un concerto rock, quindi, ma una vera e propria trascendenza, una cerimonia estatica a vocazione contemplativa che ha incantato e rapito una platea trasognata ed entusiasta. Alla luce di quanto sopra, possono certamente essere perdonati al musicista almeno tre centri mancati: le ossessioni ripetitive di "Vermillioncore" e "Voyage 34" (il secondo pezzo è l'altro estratto dalla discografia dei Porcupine Tree), entrambi pericolosamente vicini a taluni episodi degli Ozric Tentacles più ostinatamente ripetitivi, quindi poco in linea con l'ammaliante castello immaginifico eretto eseguendo gli altri brani; una batteria pessimamente microfonata, suonata, peraltro, da un Craig Blundell lontano dall'esprimere i virtuosismi tecnici di Gavin Harrison, Marco Minnemann o Chad Wackerman (tutta gente che è comparsa a vario titolo nei lavori solisti dell'inglese); le mendaci dichiarazioni con cui il cantante ha negato la presenza di singoli nella sua musica (al contrario, così ha detto, di gente come U2, Guns N' Roses, Deep Purple), con ciò maldestramente ignorando quanto da egli stesso profuso in ambito pop, new wave e addirittura dance nei recenti "The Future Bites" e "To The Bone". In realtà, meglio così e grazie infinite, Steven, per non aver pescato nulla da questi due album. |
Steven Wilson: voce, tastiere, chitarra acustica, chitarra elettrica tracklist: |