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Tosca
Roma, Teatro dell'Opera, 16 gennaio 2024

La Tosca pucciniana, l’opera romana par excellence, torna per l’ennesima volta nelle mura amiche del Teatro Costanzi, da cui spiccò il volo esattamente 125 anni fa verso un successo planetario (secondo le statistiche di Operabase è la quinta opera lirica più rappresentata al mondo).

Si tratta dell’annunciata ripresa della produzione filologica del 2015, che comportò l’utilizzo dei bozzetti originali di scenografia e costumi della premiere romana (mirabilmente ricostruiti dallo staff di Carlo Savi sui bozzetti originali di Adolf Hohenstein), sempre puntualmente riproposta negli ultimi anni nei cartelloni dell’Opera.
Riproporre dunque la Tosca nella sua versione originaria era senz’altro uno dei must per quest’anno giubilare, come era peraltro l’anno del suo debutto (1900). Ed il pubblico romano, generalmente alquanto tradizionalista, ha gradito ancora una volta questa scelta, che porta peraltro sempre ottimi incassi al botteghino, visto che l'opera continua imperterrita a riempire il teatro in ogni ordine di posti.
Del resto, gli ingredienti per affascinare l’ascoltatore sono sparsi a piene mani nel plot di Tosca, ambientata durante l’invasione d’Italia da parte di Napoleone e la battaglia di Marengo del 17 giugno 1800, dunque esattamente un secolo prima che il parto pucciniano apparisse sulle scene. L’intreccio si fonda essenzialmente sulla patologica gelosia della protagonista (le accorate ripetizioni della frase “ma falle gli occhi neri” rivolte a Cavaradossi, reo di aver troppo ben ritratto l’occhio celeste della Marchesa Attavanti, continuano invariabilmente a suscitare ilarità) ed al sentimento repubblicano del pittore, che non esita a porsi al servizio del Console Angelotti nel suo maldestro tentativo di fuga, che terminerà con una vera e propria carneficina. Già, perché alla fine dell’opera si contano ben quattro cadaveri in scena (Angelotti suicidato, Scarpia pugnalato, Cavaradossi fucilato e Tosca che si lancia nelle fosse di Castel Sant’Angelo), il tutto condito con una scena di tortura, un (fortunatamente, solo accennato) tentativo di stupro, fucilazione e quant’altro. Del resto, non a caso, Puccini incontrando Victorien Sardou (l’autore della piece teatrale, di cui poi l’opera lirica oscurerà totalmente la fama), ebbe così modo di chiosare: “Forse Sardou insisterà per uccidere anche Spoletta, uno dei pochi personaggi che sopravvive alla chiusura del sipario.
Venendo allo spettacolo, dobbiamo necessariamente prendere le mosse dall’intento programmatico del regista Alessandro Talevi che, al riguardo, aveva dichiarato: “Il punto di partenza di questo allestimento è un esperimento sulla tradizione. La mia regia è basata su questo: seguire tutte le indicazioni di Puccini scritte nella partitura”. Intento a nostro avviso pienamente condiviso anche dal Maestro Michele Mariotti, Direttore Musicale dell’Opera e direttore di questo allestimento insieme a Francesco Ivan Ciampa (che ne dirigerà le ultime tre recite), il quale ha svolto un intenso lavoro di rilettura e – ci si passi il termine – di ripulitura dello spartito da qualche eccessiva incrostazione verista “di tradizione”, cercando di valorizzare anche alcuni momenti che a volte passano inosservati.
Al di là dei momenti di climax teatrale e vocale (le arie dei protagonisti, la celebre scena del Te Deum in Sant’Andrea della Valle), sono emersi dalla lettura di Mariotti e dalle intenzioni dei cantanti alcuni profili che in genere sfuggono. Abbiamo ad esempio molto apprezzato, proprio in relazione al Te Deum, il breve dialogo cospiratorio tra Scarpia e Spoletta ("tre sbirri, una carrozza … presto, seguila ovunque vada") accennato in sottovoce dai protagonisti - con agghiacciante effetto scenico - così come l’altro dialogo tra Scarpia e Tosca ("Partir dunque volete ? Sì, per sempre…") recitato cinicamente da Tosca e dove il fuoco cova sotto le cenere, in attesa della fiammata che seguirà di lì a poco.
Riguardo ai protagonisti in scena, trionfatrice della serata è stata indubbiamente il soprano spagnolo Saioa Hernandez, grazie alla sua superiore qualità vocale e ad una presenza scenica che veramente rasentava la perfezione; la sua Vissi d’arte (battuta “in due” dal maestro Mariotti) è stata accolta magnificamente dal pubblico, che però non ha lesinato applausi anche al protagonista principale, il tenore americano Gregory Kunde che - alla soglia dei 71 anni - non finisce mai di stupire per classe e longevità. Mirabili le mezze voci della sua Recondita Armonia così come il celebre soliloquio del Terzo Atto (E lucevan le stelle) in cui, dopo un recitativo in pianissimo sempre ottimamente timbrato, ha lasciato veramente andare la voce a briglia sciolta solo nell’ultima disperata invocazione ("E non ho amato mai tanto la vita"), a cui peraltro ha fatto da perfetto contraltare di lì a poco l’eccellente do “della lama” lanciato senza esitazione alcuna dalla Hernandez. Grande ammirazione ha suscitato anche lo Scarpia ben cantato dal baritono armeno Gevorg Hakobyan, oltre al Te Deum di cui abbiamo già scritto ed alla aria iniziale del Secondo Atto (Ha più forte sapor), particolarmente riuscita ci è sembrata l’aria “Se la giurata fede”, con le terzine della “lussuria di Scarpia” efficacemente disegnate, ciò a riprova del crescente desiderio sessuale verso Tosca che però, di lì a poche battute, avrà la sua inattesa rivalsa.
Tra i comprimari emergono l’inappuntabile Spoletta di Saverio Fiore, una voce importante ed a cui auguriamo in futuro di potersi cimentare anche in ruoli più impegnativi, ed il Sagrestano di Domenico Colaianni, ottimamente impostato dal punto di vista registico e ben calato vocalmente nella parte.
Orchestra e Coro dell’Opera di Roma sempre di ottima qualità, oltre ovviamente alle Voci Bianche della Cantoria, perfettamente a loro agio nella parte e con un’intonazione ineccepibile.
Ampiamente meritati, dunque, i generosi applausi finali e le ovazioni tributate dal pubblico alla compagnia di canto ed al Maestro Mariotti.


Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 16 gennaio 2025.

 

 

 


Tosca
dal 14 al 19 gennaio 2025

Musica Giacomo Puccini
Melodramma in tre atti

Libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica
Tratto dal dramma omonimo di Victorien Sardou

Durata:
Atto I 45' - (intervallo 30')
Atto II 40' - (intervallo 30')
Atto III 30'

Direttore Michele Mariotti e Francesco Ivan Ciampa (17, 18, 19 gen)
regia Alessandro Talevi
Maestro del Coro Ciro Visco
Scene Adolf Hohenstein Ricostruite da Carlo Savi
Costumi Adolf Hohenstein Ricostruiti da Anna Biagiotti
Luci Vinicio Cheli

PERSONAGGI INTERPRETI
Floria Tosca Saioa Hernández / Anastasia Bartoli 17, 19 gen
Mario Cavaradossi Gregory Kunde / Vincenzo Costanzo 17, 19
gen Barone Scarpia Gevorg Hakobyan / Daniel Luis de Vicente 19 gen
Cesare Angelotti Luciano Leoni
Sagrestano Domenico Colaianni
Spoletta Saverio Fiore
Sciarrone Leo Paul Chiarot / Marco Severin 16, 18 gen
Un carceriere  Antonio Taschini / Andrea Jin Chen 16, 18 gen
Un pastorello Irene Codau / Emma McAleese 16, 17, 19 gen
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma con la partecipazione della Scuola di Canto Corale del Teatro dell’Opera di Roma
Allestimento Teatro dell’Opera di Roma
Ricostruzione dell’allestimento storico del 1900



Teatro dell’Opera

Piazza Beniamino Gigli, 7 - Roma
Centralino: Tel. 06 481601
Biglietteria: Leonardo Magno
Biglietteria del Teatro dell’Opera
Tel. 06 4817003

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