Avete ancora negli occhi giornate assolate in riva al mare, avete in bocca ancora il sapore di anguria e di un Calippo Algida fresco al limone, ma vi manca negli orecchi quella dolce fragranza di melodie estive che vi fanno sognare lidi e bagnasciuga dell’altra parte del mondo in cui vi trovate?
Niente paura pensano a tutto gli americani Jail con il loro terzo album in attivo, sebbene siano sulla strada da dieci anni, Traps, un giocoso puzzle power-pop che si “affitta nella mente” sin dalla prima canzone tanto è la facilità d’ascolto che si imprime magari tra un cambio d’abito o una bibitella in dolce compagnia, ma soprattutto per quella innocenza precostituita che li fa sembrare implumi musicisti ancora in verginità da concordare.
Un disco dove c’è poco da scrivere su, non per mancanza di stimoli, ma semplicemente perche è tutto easy da ascoltare, poco da capire, tutto senza controindicazioni di sorta, si fa entrare nella testa e si sta bene con poche cose, si sorride con tranquillità e si aggancia la tipetta di turno al suono di un pop friabile, fresco, da school-band, si immagina di essere davanti una costa qualsiasi dell’Oceano West e ci si rilassa al sole dispettoso di una Stonesmania ancora giovane “Everyone’s bitch”, “Perfect ten”, “Horrible things (make pretty song)”. Ambizioni di spaccare non ci sono, guizzi d’alta ingegneria sonora nemmeno, magari qualche sbornietta di sottofondo e una tiratina di joint ci può stare ascoltando la McCartyana “House with haunting”, la schitarrata appunto sotto effetto “Madness” o la frenesia elettrica shakerata di “Ten teardrops”, ma può bastare anche quanto sentito per mettere questo disco tra le cose “mediocri” che fanno effetto ottimo, una spensierata manciata di minuti dove l’eterna estate viene raffigurata come una sensazione sballata sulla quale tuffarsi e rituffarsi a sfinimento. Andrew Harris, Austin Dutmer e Vincent Kircher, ragazzoni del Wiscounsin, vanno presi all’istante, anche perché il loro sound è come la frutta di stagione, sparisce presto e aspettare ancora dodici mesi per assaggiarla nuovamente è lunga, davvero, lunga. 60/100
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Vincent Kricher: Voce e chitarra Anno: 2012 Tracklist: |