Dalle intercapedini della Grande Mela ecco il rock low-fi dei Cult Of Youth con Love will prevail, un alambicco pieno zeppo di magie sonore che prendono imbeccate fumanti da una dark-wave quanto da un folk/punk immaginate attraverso le sincronie color torbido di marca Joy Division e perché no, anche dalle schizzate velleità di onnipresenza vitale degli Echo & The Bunnymen, praticamente un disco nel quale le memorie ritornano avanguardia, il retro futurismo un clichè rinnovato. Rimbombano gli echi, si dissipano le luci e si dilatano i suoni, un’immensa parete di riverberi che incombe straordinariamente sulla scena underground delle nuove tendenze con squarci, fenditure, tagli tribali e memorabilie appariscenti che esplodono ed implodono al comando di Sean Ragon, lungo il segno sciamanico anfetaminico che suona e le suona a chiunque incappi in questa tracklist, in questo registrato pensato e architettato nel retrobottega del suo negozietto di dischi; dieci tracce venate di lirismo zigrinato e fuoco tenero, tracce che da lontano assomigliano ai connotati vinilici degli Feelies, con quelle sbicentrate ballate fuori fuoco ma di un trasporto immacolato e leggermente psichedelico “Prince of peace”, “Golden age”, rumorosamente freak “Man and man’s ruin”, perdutamente narcisista nella destabilizzazione alienante “The gateway” fino a rivalutare – con piglio noir alla Cave – l’assoluzione pietrificata di una demoniaca presa di coscienza interiore “Garden of delights”, presto dimenticata per abbracciare una strana ma inebriante bossanova bombata che fa salire la pressione musicale a livelli ottimi, se ce ne fosse mai bisogno “New old ways”. Qui non troverete didascalie complessate ma un autentico affresco ibrido, tra passato e presente, poi per il futuro qualcuno provvederà. 70/100
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Sean Ragon: Voce e chitarre Anno: 2012 |