Orbene, la compagine a cui i due attingono è indubbiamente progressiva. Tuttavia, siamo lontani tanto dal romanticismo dei Genesis, quanto dalle elucubrazioni dei Van Der Graaf più criptici. Né, tantomeno, è possibile riscontrare nelle loro musiche le iperboliche ostentazioni di Emerson, Lake & Palmer. È invece riscontrabile una certa influenza Floydiana, che il duo ostenta con la padronanza di chi può, anzi deve, affermare un soggettivo percorso espositivo. E lo fa con caparbia determinazione, con la coscienza di volersi ritagliare una propria compagine ricettiva, ovverosia un pubblico di favoriti a cui viene concesso il lusso dell’appartenenza ad un’elite, ad una congregazione di esclusivi privilegiati. Ed infatti, con questo lavoro, i due musicisti si conquistano un proprio territorio su cui esercitano, del tutto incontrastati, molteplici ascendenze ed influenze, innata autorevolezza, padronanza creativa e tecnica.
Ci si perde, pertanto, totalmente catturati, allorquando in “Hijacked” il gruppo cita con intelligenza i Brand X più liquidi, oppure quando le innegabili influenze dell’Allan Holdsworth più diluito emergono all’ascolto di “Belong To The Stars”. Queste ascendenze, peraltro ricorrenti in tutta l’opera, sono citate e/o costruite su un substrato sonoro sempre cangiante, mai costante o ripetitivo o uniforme, proprio in linea con la più rappresentativa tradizione progressive. In tale mutevole e incostante contesto, in pieno clima di geniale stravaganza, la coppia di artisti effettua accostamenti tanto inusuali quanto acuti e/o ingegnosi, come in “Milligram of Joy”, ove il chitarrista fa succedere una chitarra slide ad un intro che omaggia chiaramente l’incipit iniziale di “Shine On You Crazy Diamond”, determinando approcci ed avvicendamenti più unici che rari nel pur esteso panorama progressivo. Non pago di quanto sopra, proseguendo un percorso che ha il sapore del capriccio, ma ai limiti del genio, questo gruppo omaggia anche il magniloquente sinfonismo degli Yes, largamente presente nel brano “London Rain” e nella parte conclusiva di “Electric Stillness”. Quanto ai primi 3-4 minuti di quest’ultimo brano, infine, va detto che ci si trova in territorio completamente ed immancabilmente floydiano. Tuttavia, l’influenza non è mai meramente derivativa, ma certamente innovativa, talché il predetto brano ha la forza di rivaleggiare con un caposaldo granitico ed inossidabile quale “Comfortably Numb”, citazione, quest’ultima, effettuata con la piena consapevolezza di chi non teme affatto di averla sparata troppo grossa, esattamente come chi scrive.
A voler trovare un difetto in quest’opera, viene da criticare soltanto l’infelice scelta di piazzare in apertura un brano come “Sundering Jewel”, le cui splendide e rarefatte colorazioni avrebbero trovato più idonea collocazione al centro o verso la fine dell’opera tutta. Ma stiamo proprio cercando il pelo nell’uovo, talché il gruppo merita indiscutibilmente un tributo valutativo che rasenta la massima quotazione.
96/100
Matteo Ballarin: Chitarra, voce
Andrea De Nardi: Pianoforte, organo, tastiere
con
Carlo Scalet: Basso
Manuel Smaniotto: Batteria
Anno: 2011
Label: Autoprodotto
Genere: Progressive Rock
Tracklist:
01. Sundering Jewel
02. Hijacked
03. Belong To The Stars
04. MesmerEyes
05. London Rain
06. A Milligram Of Joy
07. Electric Stillness