Un inizio, con "The Slide" che ci rimanda direttamente, agli ultimissimi Pink Floyd, quelli di The Division Bell per intenderci, chitarre gilmouriane che spesso fanno capolino nelle partiture di Diego Cafolla e Ivan Nastasi. Decisamente più consona agli stilemi del Prog Metal, con un portentoso riffing ed una linea melodica estremamente accattivante è la seguente "Timeshift Box" strumentale decisamente ben riuscito. Sapori folk fanno la loro comparsa in "Islands", mentre ritornano gli echi floydiani in apertura della breve ma intensa "The Great Silence" in cui il bravo Diego Marchesi da un ottima prova con interessante crescendo drammatico in chiusura del pezzo. Pacata, rilassante quasi cullante con i suoi ricchi intrecci vocali che ci riportano nuovamente su territori a cavallo tra i Pink Floyd ed i Porcupine Tree è "Lullaby for an innocent". Più sperimentale è "Evasion" dai ritmi più sincopati e tesi che riportano alla mente vagamente i Pain of Salvation, così come la seguente "Numb (Incipit, Climax & Coda)" in cui la capacità dei Kingcrow di miscelare con sapienza varie influenze fa si che il brano si esalti e ci esalti passando da atmosfere cupe a riff potenti, melodia e tocchi di basso, passaggi di chitarra ed aperture di tastiera, tutto è estremamente curato e pone ogni tassello sonoro al suo giusto posto. "Washing Out Memories" è forse il brano meno riuscito del lotto, troppo "semplice" se paragonato al resto, nella propria costruzione, in taluni passaggi vocali ed in alcuni giri di chitarra mi tornano in mente addirittura i Sentenced di Ville Laihiala (il ritornello) ... Brevi brani di passaggio, in attesa del gran finale sono "A new life" e "Lovocaine", quasi interamente strumentale il primo e dalle tinte nuovamente folk il secondo. Arriviamo così al gran finale con l'apertura spagnoleggiante di "Fading Out Pt. III" ad introdurci ad un brano in cui i riferimenti mediterranei si mischiano ad intermezzi vocali degni dei migliori Gentle Giant. Chiude la title track, il brano più lungo dell'album con i suoi quasi 10 minuti di durata, brano ricco di spunti e di momenti di grandissimo spessore musicale: la grandiosità dei giochi corali e la ricercatezza nei cambi di ritmo, unito all'abile uso delle chitarre ne fanno la degna conclusione di un lavoro di primissimo livello per i Kingcrow. Un ultima citazione anche per la splendida copertina, quando anche l'occhio vuole la sua parte. Phlegethon è un ottimo disco, sempre valido in ogni momento, in ogni passaggio, in ogni nota, un disco che non lascia spazio a cali di ritmo o di intensità e che anche in quelli che possiamo considerare momenti di passaggio dimostra le validissime doti tecniche e compositive della band laziale, consigliato agli estimatori del Prog Metal ma anche ai più ortodossi amanti del Progressive Rock tradizionale che non disdegnano qualche riff più corposo. Da ascoltare. 82/100
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Diego Marchesi: Voce Anno: 2010 |