Di scena stasera al Teatro Strehler Clitennestra, tragedia greca riletta da Colm Tóibín nel suo romanzo “La casa dei nomi”, a cui il regista Roberto Andò si è ispirato. Rimane la storia di una donna, di una madre, a cui viene sottratta con l’inganno la figlia Ifigenia dal marito Agamennone, che la vuole sacrificare per ottenere dagli dèi venti propizi.
Una donna che subisce violenza, ma che da questa trae forza per diventare essa stessa rabbiosa, vendicatrice, violenta fino a concepire e pianificare l’uccisione del marito nonostante le rimanessero due amati figli, Elettra e Oreste. Una donna che diventa consapevole e determinata del proprio esistere, delle proprie possibilità: “nessuno ci dirà come comportarci, non gli dèi”. Quattro luoghi mentali a costituire la scena. Una parete translucida, un sudario sporco di vite passate e ancora intriso del puzzo della morte separa le anime che disegnano silhouette simili a kore. Levato il velo, ecco un ambiente post-moderno, una abitazione fatiscente illuminata da lividi neon industriali, macchiata dalla ruggine che cola dai lavandini scrostati, come fosse sangue rappreso sulle pareti di un mattatoio, squallido scenario di miseria morale. Qui persino il sontuoso corpo di Agamennone richiama torture, guerra e violenze trasformando il bagno del re in un waterboarding. Attraverso pannelli scorrevoli viene poi di volta in volta liberata una scena sovrastante con il compito di rappresentare visivamente il racconto e la memoria di Clitennestra, e di crearne la didascalia. L’accampamento di Agamennone è ridotto anch’esso alla vista dei nudi interni e solo l’immaginazione dello spettatore può di volta in volta riempire di significato con l’aiuto dei gesti e delle sapienti luci di scena. Il palazzo di Micene, infine, è reso con la sola presenza di un paio di letti in cui la notte si tessono le trame dei tradimenti. I personaggi tengono la scena silenti, mentre uno alla volta i protagonisti raccontano le loro storie e la loro anima direttamente al pubblico. Il “popolo” non parla, ma agisce per portare a compimento il sacrificio. Molto è lasciato alla immaginazione che viene dalle parole. I movimenti sono rallentati, simbolici, dilatati nei fasci di luce sapientemente predisposti per avere ombre moltiplicatrici e rendere di volta in volta i corpi e i volti lividi come cadaveri o vivi e pulsanti. Ecco Achille, fulgido eroe, infangato dall’inganno di Agamennone che lo spaccia per futuro sposo di Ifigenia. Anche lui non avrà forza per fermare l’ecatombe. Ecco Egisto, generato con abominio ed eterno strumento di morte. Ecco – in orbace nero e leggero accento siciliano - la magnifica vecchia, la saggia strega, la donna concreta e sapiente che tesserà la veste con cui intrappolare Agamennone per poterlo uccidere. A movimentare questo tempo-non tempo le scene di violenza fisica e morale, improvvise danze, sabba di alienati agitati da una musica parossistica. Una bella prova di regia per un testo che oggi può sembrare lontano dalla realtà e dai suoi problemi, sorretto da un cast che ne ha accentuato la credibilità. Brava Isabella Aragonese che interpreta profondamente una Clitennestra in bilico tra dolore e rabbia: mai fuori registro, sempre credibile nei suoi scatti e nei suoi ardori, sempre amorevole nel suo dolore, perfettamente biasimabile nella sua ferocia indotta. Bravo anche Ivan Alovisio e il suo Agamennone odioso al punto giusto nelle sue azioni, credulone quanto basta per pensare ad un sacrificio per il bene del suo popolo, mai intimamente affettuoso. Convincente Arianna Becheroni nella sua Ifigenia che da ingenua martire accetta dolorosamente di diventare mezzo per la salvezza dei molti. E molto bella anche la figura della sorella Elettra, una ottima Anita Serafini nella sua disturbata relazione di amore e complicità con Ifigenia mentre Egisto – Federico Lima Roque – è sembrato un po’ troppo alieno nelle sue apparizioni quasi da fantasma. Magnifica Katia Gargano in orbace nero, che riesce a trarre da un ruolo minore una figura possente. Eccellente il lavoro del regista Roberto Andò che riesce a figurare voci, luci, immagini in ritmiche scene che ci appaiono vividamente di fronte anche se impalpabili. Questa recensione si riferisce alla rappresentazione del 6 febbraio 2024
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CLITENNESTRA da La casa dei nomi di Colm Tóibín adattamento e regia Roberto Andò
con Isabella Ragonese, Ivan Alovisio, Arianna Becheroni, Denis Fasolo, Katia Gargano, Federico Lima Roque, Cristina Parku, Anita Serafini
coro Luca De Santis, Eleonora Fardella, Sara Lupoli, Paolo Rosini, Antonio Turco
scene e luci Gianni Carluccio costumi Daniela Cernigliaro musiche e direzione coro Pasquale Scialò suono Hubert Westkemper coreografie Luna Cenere trucco Vincenzo Cucchiara parrucchiera Sara Carbone aiuto regia Luca Bargagna
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Campania Teatro Festival – Fondazione Campania dei Festival
Piccolo Strehler
via Rivoli, 6 - Milano Tel. 02 21126116 - www.piccoloteatro.org
Orari: martedì, giovedì, sabato ore 19.30 mercoledì, venerdì ore 20.30 domenica ore 16.00
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